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Numero 4(49)
Rembrandt e i rotocalchi

    La vita espositiva di Mosca si è rianimata notevolmente verso la fine dell’inverno. Alcune mostre importanti si svolgono nelle migliori sale della città.
    All’inizio si è aperta una mostra “doppia”, dedicata alla società “Fante di cuori”, leggendaria associazione di alcuni artisti d’avanguardia degli anni 1910. Una parte dell’esposizione è arrivata dai musei provinciali russi, dove una volta esiliavano le opere dell’avanguardia, forse per illuminare la gente, forse come spazzatura ideologica. La mostra ha percorso tutta la Russia centrale e finalmente ha raggiunto Mosca, Centro delle arti in via Neglinnaia. Il livello delle opere presentate non è più basso delle loro “sorelle” esposte nei musei della capitale, e poi, la mostra acquista maggiore importanza anche per il fatto che per vedere tutte queste opere nei luoghi di provenienza, bisognerebbe fare dei viaggi di mille chilometri.
    L’avanguardia russa con ogni anno si apprezza sempre di più in tutto il mondo, e da tempo è annoverata tra le opere classiche della pittura. E pensare che una volta era stata una realtà da scandalo: le prime mostre del “Fante di cuori” si facevano apposta per scioccare il pubblico, i pittori e i critici di vecchio stampo letteralmente sputavano sulla nuova arte, voltavano le spalle e lasciavano ostentatamente la mostra. Anche Maiakovski ha dato un giudizio poco lusinghiero sulle opere del gruppo. Oggi quelle passioni sembrano, come minimo, strane: le opere appese sui muri del Centro delle arti di Mosca hanno perso un cenno scandaloso, ma sono rimaste buone pitture.
    La seconda parte del progetto unico si trova nella galleria “Elisium” che sta in un locale piccolissimo all’ammezzato della Casa centrale del pittore. Anche qui è presentato “Fante di cuori”, ma proveniente da collezioni private. Gli stessi nomi: Koncialovski, Osmerkin, Falk, Lentulov, Maskov, ecc. Una mostra più da camera, ma non meno preziosa di quella esposta in via Neglinnaia.
    Due mostre successive sono organizzate dal Museo di belle arti Puskin.
    La prima è ospitata dalla filiale del Museo, il Museo di collezioni private. Si tratta delle foto di Peter Lindberg, famoso fotografo della moda. Può sembrare strano che un museo esponga le opere di un illustratore dei rotocalchi, ma Linberg è un vero artsita, con la sua visione irrepetibile. Il lavoro per «Vogue», «Marie Claire», «Stern», «Allure», «Harper’s Bazaar», nonché per le edizioni come «Esquire», «Interview», «The New Yorker», ecc.: non questo fa di Lindberg una figura di rilevo, ma il modo in cui egli tratta il suo personaggio principale: l’immagine di una donna. Le fotomodelle, nelle foto del maestro, non diventano immagini ideali, rmangono persone vive, di carne e sangue, esse camminano per le strade, stanno nei bar, hanno dei problemi, ridono e piangono. Molti critici hanno rilevato che le opere di Lindberg spesso appaiono naturali, quasi da reportage, sebbene ciascuna rappresenti un frutto di un lavoro meticoloso di allestimento, durato più ore.
    Peter Lindberg, oltre ad essere fotografo, s’impegna anche nella regia: ha girato alcuni spot pubblicitari per le aziende famose, un clip per Tina Turner e un documentario su cinque supermodelle: Linda Evangelista, Sindy Crawford, Stefany Seimur, Naomi Campbell e Tatiana Patits. Le facce di queste e di altre donne celebri incontrano il pubblico alla mostra nel Museo delle collezioni private.
    Intanto, nella vicina sede del Museo di belle arti Puskin espone i suoi tesori lo Studio di incisioni: proprio questo nome, dal XIX secolo ha il reparto della grafica del Museo. Circa duecento fogli grafici presentano l’arte dei maestri olandesi e fiamminghi dei Cinque- e Seicento. Tra gli oggetti esposti ci sono opere di Rembrandt e Rubens, l’orgoglio del Museo. La mostra è fatta coincidere con la pubblicazione di un catalogo dei disegni olandesi, fiamminghi e belgi dai fondi del Museo di belle arti Puskin. Il catalogo, uscito nell’anno scorso, include tutti i 628 fogli della collezione con le nuovissime attribuzioni e i dati scientifici. L’esposizione, per non stancare il pubblico con il numero di opere, include solo il meglio del “secolo d’oro” dell’arte dei Paesi Bassi.

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