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Numero 14(78)
Berlusconi stanco degli alleati di Governo
Mi dimetto?
Il Premier si sfoga e minaccia di lasciare Palazzo Chigi se continuano i litigi


    Frattini esprime a nome di tutta la UE solidarietà a Bush e agli USA per gli attentati antiamericani in Iraq. L’Ulivo esprime la sua gratitudine a Pisanu per gli arresti dei brigatisti rossi. E mentre i Ministri degli Esteri e degli Interni rubano la ribalta il Premier si sfoga e minaccia di abbandonare Palazzo Chigi. A far fibrillare gli umori di Silvio Berlusconi è la litigiosità degli alleati, ed in particolare gli attriti fra il nuovo asse Fini-Follini da una parte e Bossi-Tremonti dall’altra.
    Quello di Berlusconi è, sarebbe stato, uno sfogo privato motivato dai troppi attriti che stanno caratterizzando questo scorcio di legislatura. Si è cominciato ad appesantire il clima con la proposta di dare il voto amministrativo ai cittadini stranieri, cui è seguita la proposta di renderli non solo elettori, ma anche eleggibili, per arrivare infine ad un’ipotesi di voto politico. Idee che non hanno mai fatto parte del programma di governo e che hanno fatto infuriare Bossi e tutta la Lega Nord.
    In una lunga intervista il Presidente del Consiglio aveva paragonato la Casa delle Libertà ai quattro Moschettieri di Dumas, “abbiamo spade diverse” aveva detto “ma combattiamo uno per tutti e tutti per uno”, “l’unità è un valore chiave” aveva aggiunto Berlusconi “anche quando capita di dividersi bisogna saperlo fare con rispetto reciproco che renda evidente che si tratta di una circostanza minore. Il prevalere di una logica rissosa da parte di ciascun membro della coalizione è stata ripetutamente bocciata dal popolo italiano. La Casa delle Libertà non può rischiare e non rischierà di restare vittima di questa malattia. Anzi, essa deve diventare l’occasione per avvicinare ancora di più le diverse esperienze politiche per costruire un futuro di stabilità per tutta l’area dei moderati.” Il premier, insomma, ostentava una certa qual sicurezza, pur nella consapevolezza del fatto che i suoi tre principali alleati non sempre remano nella stessa direzione. Ancora una volta a pigiare con il piede sull’acceleratore è stato Gianfranco Fini, Vicepresidente del Consiglio e Presidente di Alleanza Nazionale. Fini ha infatti parlato di una necessità di “tagliando” per il Governo fissando la data alla fine del semestre di Presidenza Italiana della UE. E con Fini si è subito schierato il Segretario dell’UDC Marco Follini. All’opposizione non è parso vero, e Fassino, segretario dei DS, ha parlato di un Berlusconi “prigioniero di Tremonti”, responsabile di un’economia disastrosa per lo Stato e per il popolo italiano. Tremonti, si sa, è stato il pontiere della ritrovata alleanza con Bossi e la Lega Nord. Un’alleanza che il carroccio ha pesantemente pagato in termini di voti e di percentuali elettorali, un’alleanza che però da allora tiene senza scosse, e quando c’è un problema Bossi non esita a dire che Tremonti, in Consiglio dei Ministri, rappresenta anche la Lega, e che Berlusconi è il leader e saprà trovare le soluzioni. E la prima risposta berlusconi la ha data proprio sul super ministro economico che, ha detto, “non si tocca”.
    Fini e Follini, però, non demordono, e chiedono il rimpasto, un rimpasto che, secondo Follini, è proprio il carburante per un nuovo sprint della maggioranza. Il problema, in realtà, è sempre lo stesso, e sta a monte, e riguarda il peso specifico dei partiti nella compagine di Governo. Alleanza Nazionale doveva essere accontentata con Gianfranco Fini Vicepresidente del Consiglio, e l’UDC con Pierferdinando Casini che inizialmente indicato anch’egli come futuro Vicepresidente del Consiglio lasciava l’incarico in appannaggio al solo Fini per diventare Presidente della Camera dei Deputati. Due ruoli prestigiosi, di altissimo livello, ma privi di potere decisionale e gestionale. Potere che invece c’è nelle mani di Tremonti, e anche degli altri due Ministri leghisti oltre a Bossi: Maroni e Castelli. E’ Maroni, per esempio, e proprio in tandem con Tremonti, a gestire la spinosa e rilevantissima questione della riforma del sistema pensionistico. Ed è invece Castelli ad occuparsi di tutte le delicate questioni relative alla giustizia, non ultima quella della presenza o meno del crocefisso nelle aule scolastiche; crocefisso estromesso in via cautelare da un giudice locale e che lo stesso Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha definito come “un simbolo della cultura italiana”. Così, tra scioperi dei sindacati e processi, crocefissi e brigate rosse Berlusconi deve anche assistere agli insuccessi elettorali della propria maggioranza. Nei giorni scorsi, infatti, si sono consumati tre voti locali a Trieste, in Trentino ed in Alto Adige. E’ pur vero che ha rivinto chi già vi governava, e che quindi la CdL non ha perso potere come era invece avvenuto in occasione delle regionali del Friuli Venezia Giulia, ma è anche vero che da tempo il centro-destra non riesce più a ribaltare situazioni a lui sfavorevole. Di più, secondo i sondaggi tanto amati dal Cavaliere l’Ulivo sarebbe in rimonta su scala nazionale, al punto da sfiorare la parità con la CdL. A influire sull’orientamento dell’elettorato sono proprio le divergenze tra i partiti di Governo, e Berlusconi ne è stanco. Sta mediando da mesi per cercare ogni volta una via di uscita, ma l’immagine complessiva finisce con l’essere quella di una squadra che sta insieme solo perché separata perderebbe tutto, ma non per vero amore e vera concordia. Dire me ne potrei tornare a fare l’imprenditore è mettere i bizzosi alleati di fronte a un bivio. O allineati a costo di inghiottire rospi ma senza mai darlo a vedere, oppure sciolti da ogni patto con il rischio di trovarsi frazionati, orfani dello stesso Berlusconi, e travolti dalle sinistre. Basterà?

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