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Numero 5(50)
Gli USA in Georgia

    ÐDevastata da conflitti militari pluriennali e da una amministrazione maldestra, scissa di fatto in alcune parti, la repubblica transcaucasica Georgia è diventata di nuovo centro di uno scandalo internazionale.
    Iniziò dalle dichiarazioni di rappresentanti degli USA: comunicarono che in Giorgia sarebbero stati inviati consiglieri militari per addestrare le teste di cuoio giorgiane che avrebbero dovuto sterminare i guerriglieri ceceni, concentrati nel vallone Pankisskoe, ai confini con la Russia. Più tardi si parlò addirittura dell’arrivo di teste di cuoio statunitensi, circa 600 uomini. Alcuni rappresentanti dell’establishment georgiano fecero dichiarazioni clamorose, secondo le quali gli aiuti americani avrebbero accelerato l’adesione della Georgia alla NATO. Proprio quelle dichiarazioni georgiane divennero una specie di straccio rosso che fece andare su tutte le furie l’élite politica russa.
    Il primo ad esprimere preoccupazione fu, del resto, Vladislav Ardzinba, leader dell’Abkhazia, repubblica non riconosciuta, che disse di ritenere “assolutamente reale la possibilità di un intervento militare da parte della Georgia contro l’Abkhazia, con l’assistenza militare dei Paesi occidentali”.
    “Gli USA ed altri Paesi occidentali devono rendersi conto che fornendo aiuti militari alla Georgia, contribuiscono all’escalation del conflitto nella regione”, ha rilevato Ardzinba. Secondo lui, l’assistenza militare dell’Occidente alla Georgia “comporterà effetti pericolosi e imprevedibili”. Più tardi, i rappresentanti dell’Abkhazia affermarono addirittura di essere disposti a chiedere alla Russia di stabilire rapporti federativi con l’Abkhazia.
    In seguito la Duma russa approvò la dichiarazione “Sulla situazione in Georgia, derivante dalla presenza militare statunitense sul suo territorio”. In questo documento la Camera bassa si schiera per il rispetto dell’integrità territoriale della Georgia e per la ricerca soluzioni costruttive, mirate alla regolamentazione pacifica dei conflitti in Abkhazia e nell’Ossezia del Sud. Ma in caso di “sviluppi sfavorevoli” di quei conflitti, la Duma di Stato è disposta ad esaminare “una strada alternativa dell’evolversi ulteriore dell’ordinamento statale dei popoli dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Nord in base all a espressione democratica della loro volontà politica, in conformità alle esperienze che la comunità mondiale ha nell’applicazione delle norme del diritto internazionale”. I deputati proposero praticamente, qualora la Georgia volesse farsi proteggere dagli USA, di unire alla Russia l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud (per dire la verità, la maggior parte della popolazione di queste regioni accoglierebbe con grande entusiasmo tali sviluppi).
    In realtà, l’intenzione degli USA di assistere nell’addestramento e nell’equipaggiamento delle forze armate georgiane potrebbe essere utile per la Russia. Ripulito una volta per sempre, il vallone Pankisskoe, risponderà anche agli interessi russi, dato che questa zona da parecchi anni e’ una minaccia per la sicurezza. Tanto più che gli americani, che solo ora cominciano a capire il rischio di incagliarsi in Afganistan, non bramano affatto di creare in Georgia una base militare o di frammettersi negli scontri locali. Questo e’ chiaro anche a Mosca. Il Presidente Vladimir Putin ha fermato in modo semplicissimo e sorprendentemente franco l’isteria che ha accompagnato lo scandalo nel rapporto russo-georgiano.
    “La comparsa dei militari americani sul territorio della Georgia non è affatto una tragedia per la vita interna della Russia. Ogni Stato ha diritto di realizzare la propria politica per garantire la propria sicurezza, con i metodi ritenuti necessari da essa. L’applicazione di questa norma dev’essere sicuramente riconosciuta anche alla Georgia. E la Russia riconosce questo diritto. Perché mai alcuni Stati (quelli dell’Asia Centrale – ndr) lo possono fare e gli altri no?” Con queste parole Vladimir Putin “ha chiuso” il problema, rilevando che la reazione iniziale dell’élite russa era stata suscitata dal fatto che le autorità georgiane non avevano precedentemente avvisato la Russia dell’operazione in preparazione. “Tutte le informazioni, le abbiamo avute dagli americani”, ha sottolineato il Presidente. E le trattative con gli USA, relative all’operazione speciale in Georgia si svolsero dall’ ottobre del 2001. In seguito a queste parole sono sorte voci sulla divisione della Georgia in zone di influenze, tra le due grandi potenze.
    Anche Scevarnadze ha dovuto fare un dietrofront. Ha invitato l’Abkhazia a riprendere “le trattative e l’esame del documento sulla divisione dei poteri tra Tbilissi e Sukhumi nell’ambito di un unico Stato georgiano” con riferimento al documento, preparato e approvato dal Consiglio della sicurezza dell’ONU. Il leader georgiano ha ammesso, inoltre, che la Russia dovesse essere l’intermediario principale in questo processo, accettando il prolungamento del mandato dei “pacificatori” russi nella zona del conflitto georgiano-abkhazico e affermando che non avrebbe sollecitato l’evacuazione di due ultime basi militari russe, rimaste ad Akhalkalaki e a Batumi.

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