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Numero 9(73)
Intervista al commentatore Alessandro Prokhorov della “Voce della Russia”

    Il giornale “Espresso” ha chiesto al commentatore Alexandre Prokhorov di rispondere ad alcune domande riguardanti tra l’altro lo stato dei rapporti russo - italiani e russo - europei.

    – Signor Prokhorov, o meglio Alessandro, come è nato il suo vivo interesse per l’Italia? E’ stato casuale, oppure si tratta di una scelta mirata e voluta?
    Ricordo che nel periodo sovietico si diceva più o meno scherzando: “ A Mosca tutti sanno, ma nessuno parla. Mentre a Roma nessuno sa e tutti parlano”. Per la verità anche in quel periodo Radio Mosca non taceva e parlava con una certa autorevolezza, con cognizione di causa, come dimostra la ricchissima posta dell’epoca con decine di migliaia di lettere da tutto il mondo, tra cui l’Italia. Comunque sia, mi rallegra sinceramente che oggi a Mosca e a Roma, tutti conoscano quasi tutto e lo possano dire parlando liberamente su ogni varietà di argomenti, tra cui quello del dialogo russo - italiano e russo- europeo, a me propostami dall’ “Espresso”.
    Come è nato quindi il mio interesse per l’Italia? E’ stato un caso? Se lo è stato si è trattato di un caso del tutto legittimo. Almeno cosi’ mi sembra che siano andate le cose sulla distanza dei 22 anni che mi separano dalla fine degli studi dell’Istituto di lingue straniere, oggi Università di lingue, ove alla facoltà di traduzione, fra le altre discipline ebbi modo di studiare “la lingua di Petrarca e dell’amore”. Da allora ho sempre lavorato nella redazione italiana della “Voce della Russia”, la radio più globale del nostro paese il cui pubblico vanta più di 100 milioni di ascoltatori in 160 paesi, tra cui ovviamente l’Italia. Sono lieto e fiero che grazie alla nostra emittente in tutti i continenti in 32 lingue del mondo, la Russia sia in grado di parlare direttamente, senza barriere linguistiche, con altri popoli. Per cui veramente il mio interesse per l’Italia é venuto trasformandosi in una scelta mirata e voluta.
    – Oggi come oggi si può dire soddisfatto di questa sua scelta sul piano professionale e su quello personale?
    – Lasciando da parte l’aspetto triviale del compenso materiale, più che soddisfatto, sono felice di questa scelta. Perché, come ebbe a dire con precisione Gianni Agnelli: “Solo i mestieri creativi sono mestieri veri”. Inoltre é per me motivo di interesse e di responsabilità lavorare in una testata di primaria importanza, chiamata ad esercitare un funzione primaria di anello saldante fra l’uomo e la realtà che lo circonda. Purtroppo sappiamo ancora molto poco gli uni degli altri, benchè si viva tutti insieme in una enorme Venezia, solcata e unita da canali informativi. Certamente sono contento di lavorare alla radio, quella che è stata definita “la televisione degli intelligenti”, anzi una radio internazionale dove si può e si deve pensare in modo globale. Ed infine, ma non per ultimo, mi attira l’idea de partecipare ad un dialogo fra culture, nel senso più esteso del termine. Sono lieto che la mia partecipazione a questo dialogo abbia trovato dei consensi fra gli ascoltatori italiani. Nel 2000 la mia attività professionale, (che non riesco a concepire senza i miei validi colleghi della radio), con mia grande sorpresa, è stata insignita in Italia col premio internazionale “Arcobaleno”. I promotori di questo premio, ossia il presidente dell’Associazione “Bottega dell’Arte” Silvano Valentini ed il direttore artistico Gerry Scaccabarozzi, in quell’occasione ebbero a sapere da me che anche nel logo della nostra radio c’è l’immagine dell’Arcobaleno, simbolo ideale di ponte d’amicizia fra i popoli. Mi rallegra che questo ponte vada oggi incontro ad un significativo perfezionamento tecnologico: dal 2 giugno u.s. la Voce della Russia ha iniziato le trasmissioni regolari in Europa in formato digitale, nel formato Digital Radio Mondial, aprendo in tal mondo una nuova era della radiofonia russa.
    Un’ottima notizia davvero. E adesso ci racconti per favore qualche momento curioso delle sue permanenze in Italia. Dal 1987, anno in cui per la prima volta mi recai in Italia per frequentare l’Università per stranieri di Perugia, storie del genere non sono mancate, curiose, ma anche non prive di insegnamento. Ve ne racconterò una soltanto. Era l’autunno del 1995. Avevo appena terminato, presso l’Istituto d’ Europa dell’Accademia delle Scienze, dei corsi per giovani leaders politici e amministratori della Russia, sotto l’egida della Commissione Europea. Seguì uno stage in Italia, in Belgio e in Olanda. Al termine i produttori di un ciclo di trasmissioni, molto popolare allora “Finestra sull’Europa”, che andava in onda sul primo canale russo, il quale gode di un auditorio di oltre 180 milioni, mi propose un lavoro supplementare, fare da consulente per un programma sull’Italia. E come consulente mi recai di nuovo in Italia per un paio di settimane per girare tutta una varietà di soggetti sulla partecipazione del paese alla costruzione di una Europa unita. Girammo un soggetto sui gondolieri veneziani e come si adeguavano all’Europa, poi sulla riforma amministrativa in Italiae poi sul calcio italiano.
    Durante un vero e proprio tour de force per l’Italia, avemmo l’occasione di ottenere un’intervista dal presidente di una grossa banca, sponsor di una squadra di calcio. Ci ricevette nella sua villa presso Bari.
    Questa villa celava non poche meraviglie. Per esempio, in un grande acquario sulla terrazza nuotavano tranquillamente dei pesci rapaci come i pirana, importati dall’America Latina. Un’altra meraviglia era rappresentata da uno stupendo tavolo da biliardo appartenuto a Casa Savoia. Eppure fui colpito di più da alcuni giganteschi mastini che si avventavano contro le robuste sbarre della loro gabbia. Pensai che fossero così i diavoli dell’inferno. Ma la cosa più sorprendente di quei mostri che la notte proteggevano il riposo del padrone non era tanto la loro dimensione spropositata, ma i nomi… Una coppia si chiamava Giulietta e Romeo, un’altra, la più terrificante: Marx ed Engels! Si dice che una volta Mao abbia detto al suo biografo Edgar Snow: “Tra mille anni rideranno di Marx, di Lenin e anche di me!” Bisogna dire che Mao ha commesso soltanto un errore di tempo. La storia ha accentuato la sua corsa e molto prima del previsto ha incominciato a rinnegare con sarcasmo i suoi idoli. Il che rappresenta indubbiamente una buona lezione per tutti coloro che oggi smaniano per gli allori degli imperatori romani e di altri dittatori.
    – Da osservatore esterno, come vede l’eterna propensione degli italiana a portare all’estero le proprie diatribe interne?
    – Enzo Biagi ebbe a dire una volta che in Italia “ di riservato non c’è qualche volta che il posto in treno”. Le aspre contese verbali sulla stampa a corollario degli scandali e delle corruttele degli ultimi anni lo confermano. Ma il problema della critica e della libertà di stampa non è un fatto di colore tutto italiano. Esiste un principio paradossale: organizzare la libertà di stampa significa limitarla, dare alla stampa una completa libertà vuol dire ucciderla. La libertà incondizionata di diffamazione è una variante della tirannide, o del terrorismo. Penso che sarebbe opportuno ricordare il decreto albertino del 1848 che dichiarava: “la stampa è libera, ma la legge ne reprime gli abusi”.
    – E adesso permetta una domanda indiscreta: fa il tifo per qualcuna delle nostre squadre?
    – Ritengo che la cosa più difficile per me come giornalista sia non perdere la testa per il calcio, tentare di capirlo come fenomeno sociale di vasta portata. Un fenomeno oggi legato strettamente anche al mondo degli affari, alla cultura, all’arte. Mi piacciono molto i versi di Umberto Saba sul dolore degli sconfitti e la gioia dei vincitori. Una analoga esplosione di emozioni mi capitò di vedere allo Zaccheria di Foggia. Una scontro ove gli italiani dimostrano una unità sconosciuta in altre circostanze, non poteva lasciarmi indifferente. Conservo finora la registrazione di quella partita e la medaglia ricordo per gli ospiti d’onore donatami dalla Federcalcio. Parafrasando Saba, posso quindi dire che non sono estraneo a quella festa della vita che si chiama calcio.
    E passiamo al gentil sesso. Sa bene quanto gli italiani amino l’argomento. La si vede di sovente in fotografia con delle bellissime esponenti del nostro mondo dello spettacolo. Ci racconti qualcosa sull’impressione che si è fatto delle nostre bellezze.
    Per la verità, sono piu’ attratto dalla simpatia, dalla sincerità che dalla bellezza. In qusto senso ricordo in particolare l’incontro con Raffaella Carrà. Tanti anni fa (ero ancora studente), ebbi la felice occasione di assistere alla registrazione di un suo programma in un studio di Ostankino. Quando la trasmissione volgeva ormai al termine una signora molto attraente (in tutti i sensi) dell’amministrazione mi si avvicinò per consegnarmi uno stupendo mazzo di fiori perchè lo consegnassi alla Carrà. Sulle prime mi sentii perso. Poi riuscii a dominare l’emozione e la timidezza e alla fine della registrazione mi avvicinai alla cantante. Scandendo le parole le dissi: “Questi fiori sono per lei, la Primadonna del nostro programma!” La Carrà si dischiuse in un sorriso meraviglioso e mi stampò un bacione sulla guancia. Mi sentii al settimo cielo. Un compagno di studi mi consigliò di non lavarmi la faccia almeno per un mese. Non segui il suo consiglio, benchè quel bacio sia rimasto indelibile nella mia memoria.
    – Nei giorni scorsi l’Italia ha festeggiato il 57 esimo della Repubblica. Lei sa che oggi si parla di seconda repubblica: quali sono le sue impressioni sulle evoluzioni politiche di questo paese che lei ormai considera come sua seconda patria? E ancora: vede buone prospettive nei rapporti italo-russi? In quelli economico-commerciali? In quelli politici e culturali?
    – Guardo all’Itala con un senso di allarme, ma non disgiunto dalla speranza, perchè oggi questo paese, come d’altronde tutta l’Europa, si trova di nuovo ad un bivio della storia. Lo dimostra la conferenza costitutiva del Forum di politica mondiale, recentemente svoltasi a Torino con la partecipaziane di decine di noti politici di Europa, Asia, America e Africa. Al centro del dibattito la situazione nel mondo dopo la guerra irachena, la funzione degl Stati Uniti, delle organizzazioni internazionali e prima di tutto delle Nazioni Unite. In quell’occasione non poco è stato detto sul ruolo e la responsabilità dell’Europa, oggi e domani. A Torino l’ex presidente Cossiga ha detto che l’Europa unita deve avere un ruolo autonomo e che ciò sarà possibile soltanto con la partecipazione della Russia. E’ oggi assolutamente importante che questa svolta dell’Europa verso la Russia sia sostenuta non solo da politici seri, ma da oltre la metà degli europei che considerano la Russia un paese amico e ne auspicano addirittura il suo ingresso nell’Unione Europea. Ce lo dicono i risultati di un sondaggio telefonico che ha toccato 1500 abitanti di 12 grandi città europee occidentali, svolto di recente dall’Agenzia di informazione sociale di San Pietroburgo. Mi conforta molto che fra i piu’ ottimisti verso la Russia ci sia appunto Roma con il 93%, seguita da Bruxelles con l’87%. Si tratta proprio di una ottima base per dei negoziati con Roma e Bruxelles. In questa luce mi sembra realistica e lungimirante la posizione del presidente Putin, espressa nel messaggio augurale per la festa della Repubblica inviata al presidente Ciampi e a tutto il popolo italiano. E cioè che Putin si dichiara convinto che la sua visita di stato in Italia, nel novembre prossimo, “segni non solo una nuova tappa importante nell’allargamento e nell’approfondimento del dialogo russo-italiano in tutte le direzioni, ma apporti un concreto contributo alla formazione di una Europa democratica, forte e prospera”. Il che significa che al di là delle collisioni contingenti della politica mondiale, le prospettive di armi rapporti russo-italiani mi sembrano incoraggianti e promettenti. In ogni caso vorrei che fosse così.

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