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Numero 9(73)
Euro più debole

    Il cambiamento lungamente atteso del trend nei mercati valutari internazionali è cominciato a giugno.
    Il rincaro da record della valuta europea fino a 1,20 dollari per un euro, nel maggio scorso, appare come l’ultimo accordo di quella dinamica che è iniziata circa un anno e mezzo fa, dopo un rallentamento evidente dell’economia americana, il calo degli indici dei titoli statunitensi e gli scandali clamorosi della Enron e di altre aziende. Ora la situazione economica negli Usa, secondo la maggior parte degli esperti internazionali, ha raggiunto il fondo, o addirittura comincia a mostrare i segni di una ripresa.
    Contemporaneamente alle buone notizie dagli Usa, negli ultimi tempi arrivano in numero sempre crescente notizie negative dalla zona dell’euro. In particolare, l’incapacità della Banca europea a ridurre in misura sufficiente i tassi d’interesse è diventata un fattore importante nella diminuzione del potenziale della competitività dell’UE. Va rilevato inoltre che proprio gli alti tassi d’interesse hanno comportato il passaggio dei capitali dagli USA verso l’Europa, il che ha contribuito parecchio al rafforzamento dell’euro. Dopo aver analizzato i risultati del primo trimestre, molte società europee hanno già notato la riduzione della competitività e la diminuzione dell’accesso ai mercati esteri.
    Si riducono rispettivamente anche le entrate dei bilanci europei e le prospettive di crescita nella zona dell’euro. Un portavoce della Commissione Europea ha rilevato poco fa che secondo le previsioni i tassi di crescita dell’economia tedesca si ridurranno fino all’1%, rispetto alla precedente previsione di crescita dell’1,5%-2%. Neanche l’economia francese sta bene. In seguito al passaggio verso il nuovo sistema di pensioni, il Paese è totalmente bloccato dagli scioperi, il che comporta la riduzione della crescita e il calo di entrate di bilancio. Il deficit del bilancio francese non rientra nei limiti stabiliti per i Paesi della zona euro, il che suscita il malcontento di altri membri dell’UE. Tutte queste notizie negative sono sufficienti per costringere l’euro ad un’ulteriore riduzione, fino a 1,05-1,1 dollaro per un euro verso la fine dell’anno.
    L’euro forte senz’altro è stato uno dei fattori che hanno influenzato il cambio nominale del rublo nel 2003. L’attuale cambiamento del trend nel mercato valutario è un fattore importante a favore delle attese di indebolimento del rublo rispetto al dollaro nel secondo semestre dell’anno, sullo sfondo del rafforzamento del dollaro rispetto all’euro. Il fattore fondamentale che determina la dinamica del cambio valutario è, come prima, quello dei prezzi del petrolio, che continuano ad essere altissimi. Ma il mercato petrolifero aspetta l’arrivo del petrolio iracheno, il quale potrebbe cambiare notevolmente il quadro. Va ricordato che il petrolio iracheno, come qualità, è ritenuto quasi analogo a quello russo, denominato “Urals”, e l’aumento della proposta di questo petrolio, se non comporterà il calo del “Brent”, poterbbe provocare l’aumento del divario fra i prezzi dell’Urals e del Brent. Anche se, secondo alcuni esperti, il rafforzamento del rublo potrebbe durare fino alla fine dell’anno, a noi risulta che sia una prospettiva poco probabile. Il tasso di cambio prossimamente dovrebbe rimanere alle quote correnti di 30,1-30,3 rubli al dollaro, per tornare, verso la fine dell’anno alla quota di 31 rubli per dollaro.

Gli eurobonds russi possono rincarare
    Il miglioramento delle prospettive dell’economia americana a fine giugno e a luglio ha avuto un effetto anche sull’ andamento del mercato obbligazionario. Il miglioramento degli indici economici di compagnie statunitensi e di indicatori economici generali ha già costretto alcuni fondi a trasformare una parte dei portafogli finanziari nelle azioni che sono diminuite moltissimo di prezzo negli anni precedenti. Ciò ha suscitato un calo dei prezzi delle obbligazioni americane, il che, a sua volta, ha comportato l’aumento di redditività delle obbligazioni di tutti i Paesi dei mercati emergenti. Di conseguenza, le euroobbligazioni russe, che hanno raggiunto il loro costo massimo il 17 giugno, verso il 10 luglio hanno perso circa il 7 percento del loro valore.
    Tuttavia, la Russia può mostrare prossimamente una dinamica diversa dai mercati internazionali. L’instabilità sul mercato azionario russo, che si fa notare in seguito all’inizio degli avvenimenti, legati alla Yukos, fa sì che alcuni operatori abbiano intenzione di trasferire i loro capitali da azioni in obbligazioni. Considerato che la partecipazione del capitale russo al mercato interno russo supera di gran lunga quella del capitale straniero, ci aspettiamo prossimamente un gioco mirato al ribasso delle azioni russe ed alla stabilizzazione del prezzo delle obbligazioni.

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