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Numero 9(73)
Assalto a “Jukos”: politica o affari?

    Benché da quando sono state perquisite le sedi delle aziende del gruppo di Khodorkovskij, siano passati ormai quasi quindici giorni, non è tuttora chiaro chi stia dietro all’attacco contro l’impero di uno degli uomini più ricchi della Russia.
    Tutte le ipotesi in merito a quanto sta succedendo, possono essere peraltro divise in due tipi: quelle relative alla politica e quelle inerenti al business.
    I sostenitori dell’ipotesi politica citano la violazione, da parte di Khodorkovskij, di una specie di patto di non ingerenza del business nella politica. Nel maggio del 2000, ricordano, il neoeletto Presidente Putin aveva fatto un discorso, rivolto ai cinquanta imprenditori più importanti della Russia. Nel suo intervento Putin aveva presentato le condizioni dell’accordo, rilevando che il Governo non avrebbe organizzato una caccia alle streghe per gli affari conclusi negli anni precedenti, e non avrebbe esaminato l’argomento della nazionalizzazione, se la comunità imprenditoriale:
    - si fosse comportata in modo degno (due anni per rimettere gli affari in ordine);
    - avesse cominciato a pagare le tasse completamente e in tempo; e
    - non fosse intervenuta nelle cose politiche.
    Putin aveva sottolineato che il Governo non poteva chiudere un occhio sulle testimonianze inoppugnabili dell’attività criminale o di un acquisto doloso di attivi statali per un prezzo inferiore a quello del mercato. Proprio questa spada di Damocle che incombe sugli imprenditori, ha costretto e ancora costringe molti di loro a rispettare i termini degli accordi. Le misure intraprese quasi subito dopo quel discorso nei confronti di Berezovskij e di Gussinskij erano servite a dimostrare la serietà di quelle parole.
    Va ricordato che alcuni mesi, fa il capo dello Yukos, Khodorkovskij, aveva ammesso in pubblico di finanziare l’attività dei partiti SPS (Unione delle forze di destra) e “Jabloko”, che rappresentano l’opposizione di destra e che hanno il 10,7% di seggi nella Duma di Stato, mentre un altro dirigente dello YUKOS ha affermato più volte di dare un supporto finanziario al Partito comunista. Inoltre, secondo le supposizioni presentate dai mass media, Khodorkovskij avrebbe intenzione di creare il suo proprio partito politico per le elezioni del 2007.
    Il Presidente Putin, poco tempo fa, ha fatto capire espressamente che al Governo occorre il supporto di più del 50% dei deputati della Duma di Stato, per ottenere la realizzazione del programma progettato e per lottare con successo contro la burocrazia. In questo modo, il Presidente praticamente ha detto di appoggiare l’esecutivo di oggi, e di non vedere alcuna necessità di operare rimpasti nel Governo. L’arresto di Platon Lebedev appare pertanto come una “vendetta”, dopo il tentativo, da parte di “Jabloko”, SPS e comunisti, di dichiarare un voto di sfiducia al Governo.
    C’è da notare inoltre che gli altri “oligarchi” hanno assunto una posizione assai più “pro Cremlino”, oppure hanno deciso fermamente di non partecipare alla grande politica. L’intervista recente, rilasciata da Vladimir Potanin, il fondatore e maggiore azionista del gruppo “Norilski Nikel”, può dare un esempio significativo del un modo in cui la maggior parte degli imprenditori di spicco cerca di prendere le distanze dalla vecchia epoca degli oligarchi, per motivi politici ed economici. Il sig. Potanin ha detto che per lui, l’uso della parola “oligarca” è offensivo, e che questo termine si riferisce al passato del business russo, e’ ormai superato.
    Per quanto riguarda le ipotesi sull’attività imprenditoriale, sono più che sufficienti. L’ingrossamento e il rafforzamento dell’impero di Khodorkovski, delineatosi negli ultimi tempi, poteva suscitare lo scontento di diversi gruppi. Il primo ad esserne scontento potrebbe essere Oleg Deripaska, il cui business si sviluppava in stretto contatto con le aziende di Roman Abramovich, e che ora appare un outsider. L’alleanza fra Yukos e Sibneft fa pensare infatti che Abramovich abbia preferito scegliersi un partner più solido. Poco dopo quest’affare petroliero, sulla stampa si sono viste informazioni secondo cui un’azienda di Abramovich (Millhouse Capital) sarebbe uscita da due progetti congiunti con Oleg Deripaska, dalla società “RusPromAvto” (cioè dal GAZ) e dall’EvroSibEnergo. Se l’affare con Yukos ha veramente spinto questo “divorzio” tra le holding di Deripaska e Abramovich, la Yukos poteva indirettamente diventare “un capro espiatorio” in questa vicenda.
    Un altro agente interessato a “commissionare” il discredito della Yukos poteva essere il management del gruppo Gazprom. E’ ben noto che ultimamente i petrolieri, compresa la Yukos, promuovevano in modo attivo l’ottenimento dell’accesso alla pipeline. Ma qual che fa bene ai petrolieri fa male al Gazprom. Negli ultimi tempi è diventato evidente che il progetto della riforma del settore del gas si sviluppa solo nell’interesse dei petrolieri, per cui la mossa di risposta del Gazprom, con l’uso delle strutture della magistratura, non si è fatta aspettare. I sostenitori di questa ipotesi citano, per dimostrare di aver ragione, le indagini sui pagamenti delle tasse da parte della Yukos e della Lukoil, iniziate il 10 luglio, su interpellanza di un deputato della Duma di Stato.
    Un’altra ipotesi presume il desiderio della Yukos di ampliare la sua presenza nel settore di telecomunicazioni. Circa un mese fa sono apparse informazioni secondo le quali Khodorkovskij avrebbe provato interesse nei confronti della Rostelekom, il che poteva suscitare lo scontento della Sviazinvest, la cui dirigenza, secondo qualche indiscrezione, godrebbe del supporto del Presidente. E, infine l’ultima ipotesi. Chi la presenta afferma che negli ultimi tempi Khodorkovskij abvrebbe condotto trattative con una società occidentale, per vendere una parte del gruppo Yukos-Sibneft ad un azionista straniero, imitando l’operazione BP-TNK. L’arresto di Lebedev, che sarebbe il responsabile per la preparazione dei materiali e dei documenti per l’incontro, avrebbe messo una pietra sopra le intenzioni di Khodorkovski di vendere l’azienda, almeno in un futuro prossimo.
    Va rilevato che l’ultima ipotesi ci appare la meno probabile. Si capisce che dopo la firma del contratto tra la BP e la TNK non è pensabile l’ulteriore estensione della presenza di compagnie straniere in Russia: la partecipazione straniera in questo settore strategico già adesso è abbastanza grande. L’ipotesi relativa alla partecipazione del Gazprom alla vicenda della Yukos è interessante, e il prossimo periodo deve dimostrare quanto importante fosse il ruolo della lotta per l’accesso al gasdotto negli eventi in questione.
    Ora volgiamo lo sguardo verso l’effetto che potrebbero avere gli eventi della Yukos sulle condizioni del mercato russo e degli investimenti. Il punto chiave del programma economico di Putin nel 2000 è stato quello della creazione di condizioni favorevoli per gli investimenti, allo scopo di garantire l’afflusso di soldi in altri settori economici e di ottenere una crescita alta e bilanciata in tutti i comparti. Ma a tre anni da allora la questione delle garanzie del diritto di proprietà in Russia è di nuovo attuale, e non può non mettere in guardia quegli investitori occidentali che non sono ancora giunti sul mercato russo. Il calo del mercato russo nei giorni successivi all’arresto di Lebedev conferma il ragionamento precedente.
    Inoltre, il cambiamento dello schieramento di forze nel Parlamento russo, dal nostro punto di vista, era un fattore importante per dare una spinta alle riforme economiche dopo le elezioni presidenziali. Se, invece, lo “Jedinstvo”, il partito pro Presidente, riuscirà a mantenere anche alle prossime elezioni politiche la propria posizione nella Duma, non sarà a nostro avviso possibile una riforma dell’apparato burocratico, considerato che la maggior parte di questo partito ne fa proprio parte.
    Ma per quanto possa sembrare paradossale, il mercato finanziario guarda agli eventi in corso con molto ottimismo. In particolare, come indica un rapporto predisposto da una società di mediazione, se i direttori della Yukos avranno mantenuto lo stesso approccio ponderato cui si sono attenuti sino ad ora, comparirà un agromento nuovo a favore dell’afflusso di nuovi investimenti in Russia, perché saranno dissipati in pubblico i timori tuttora esistenti sull’influsso del grande mondo degli affari sul Cremlino, ed ai rispettivi rischi per la strategia di sviluppo economico. Non è da escludersi che i recenti eventi possano avere un effetto positivo sull’opinione in merito ai rischi russi che hanno gli istituti finanziari internazionali e le agenzie di rating.

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