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Numero 7(87)
Mostra di Sidur

    La mostra “Sidur. Ritratti dei contemporanei” si è aperta nel museo di Vadim Sidur. Un piccolo museo, lontano dal centro di Mosca, era diventato un deposito del retaggio del famoso scultore dopo la sua morte nel 1986.
    Alla lontananza dal centro si aggiunge l’impressione di una certa riservatezza di questa collezione monografica. Questa impressione diventa solo più intensa quando si viene a sapere che il museo è una specie di azienda familiare: gli impiegati del museo sono parenti vicini di Vadim Sidur.
    La mostra, in realtà, non è che una piccola estensione dell’esposizione permanente: dai depositi sono state tratte “Le teste dei contemporanei”: è il nome dato ad una serie di ritratti scultorei dall’autore stesso negli anni 60, quando li aveva fatti. Queste opere, messe insieme alla grafica, hanno occupato un locale piccolissimo al piano superiore del museo di Sidur. C’era un pretesto della mostra: è stata aperta nel giorno dell’80-mo anniversario dello scultore. Verso questa data è stata pure pubblicata una monografia “Vadim Sidur”. In questo modo, ci sono sufficienti motivio formali per ricordare l’artista, il cui retaggio è stato un po’ dimenticato negli ultimi tempi.
    D’altronde, non è vero che Sidur non sia ricordato: le sue opere ci sono anche nella Galleria Tretiakov. E’ capitato in diversi prontuari, relativi all’arte ufficiale e alternativa dei tempi del “disgelo” e della “stagnazione”. Ma si tratta di una figura che tuttora appare vaga. Si conosce bene la sua biografia. Ha partecipato alla guerra, è stato gravemente ferito (una pallottola esplosiva ha “girato” nella sua faccia e si è esplosa nella sua mascella, per miracolo non mandandolo all’al di là). Dopo gli è toccato essere ricoverato in diversi ospedali, iscriversi alla facoltà di medicina dell’università, cambiare bruscamente il luogo dello studio: è andato a Mosca per imparare il mestiere dello scultore. In seguito ha lavorato, ha avuto parecchie commesse, ma Sidur spesso trascurava il benessere materiale e il riconoscimento ufficiale per fare ciò che gli piaceva. Ha affrontato la morte da vicino un’altra volta: l’infarto subìto a 37 anni, non ha fatto che confermare l’intenzione dello scultore di proseguire il suo cammino singolare.
    Tutto ciò fa parte della sua biografia canonica, diventata ormai quasi leggendaria. Ma in tutte queste informazioni oggettive mancano criteri netti: dove nasce lo stile, da dove prendono origine le ricerche formali di Vadim Sidur. Le motivazioni, sì, sono chiare: le esperienze dure hanno invitato lo scultore di esaminare ben bene la vita trepidante, le sue manifestazioni fisiologiche, le deformità e la sofferenza, la bellezza del corpo umano. Uno degli argomenti costanti, gli effetti della guerra, costringe Sidur a fare le sculture che esprimono palesemente sofferenza, umiliazione, dolore, amore. Proprio queste sue opere sono state esportate segretamente dal Paese e hanno trovato dimora all’estero: si trovano, ingrandite, in molte città tedesche e negli USA.
    Mentre le sue piccole sculture, esportate da numerosi ammiratori stranieri all’estero, vi erano esposte, facendo andare su tutte le furie quegli “esperti con le spalline” che le hanno perse di vista, o, peggio ancora, venivano fuse in bronzo e installate, alte due metri, nelle strade delle città occidentali, lo stesso Sidur era assorbito da una sola domanda: dove mettere le nuove opere. Nello scantinato, in cui lavorava, mancava lo spazio, e Sidur doveva distruggere, dopo averle fotografate, le vecchie sculture, per piazzare quelle nuove.
    La monografia menzionata è stata scritta da Mikhail Sidur, il figlio dell’artista e direttore del suo museo. A parte “Un profilo della creazione sullo sfondo degli eventi di una vita”, nel libro ci sono le riflessioni sulla “seconda avanguardia russa”, sul nonconformismo, ecc. Sono gli argomenti attuali in genere e nei confronti di Vadim Sidur in particolare. Se si spostano, infatti, le opere di un artista da una sala della Galleria Tretiakov all’altra, ciò è capace di cambiare la sua situazione nella storia dell’arte. E se, diciamo, le sculture di Sidur fossero state tirate fuori dalla sala dei nonconformisti per essere trasportate in un’altra dove stanno le opere degli artisti un po’ più benestanti dal punto di vista ufficiale (Pavel Nikonov, Nikolaj Andronov e altri), non sarebbe stato un grosso errore; anzi non sarebbe cambiato nulla. Il fatto è che non si tratta di un dissidente, ma di un Artista. E ha lavorato in uno scantinato perché lì nessuno gli dava fastidio, e mica per motivi ideologici.
    La forma espressiva di molte sue opere, frivolezze stravaganti fatte di grondaie, o il concetto del “Grob-art” (arte delle bare): tutto ciò chiede di essere annoverato tra l’arte “diversa”, alternativa. E’ stato logico, ad esempio, che Sidur è finito nelle pagine della rivista liberale “A-Ya”: gli scultori di simile libertà, capaci di “dialogare” con Moore o Giacometti, non ce n’erano molti. Il senso di corporeità di Sidur non aveva peraltro quasi nessuna radice modernista: non ha visto, infatti, opere di Moore, come quelle di Giacometti, di Lipshiz, di Zadkin.
    Una plastica arcaica, monumenti sepolcrali dello scultore russo Martos, quelle poche sculture occidentali che si trovavano nei musei sovietici, nonché, sicuramente, il design moderno: è questo quell’humus culturale che ha dato origine alle sculture di Sidur. Quanto all’humus emozionale, è stata la sua vita, la quale, dopo la sua “seconda nascita” nel 1945 e “la terza”, nel 1961, non condivedeva più con le sorti di altri uomini, con le sorti di tutta l’umanità.
    Il museo di Vadim Sidur. Via Novogireevskaya, 37, stroenie 2. Stazione di metro “Perovo”.

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