Numero 5(96)
A UN ANNO DA BESLAN
Primi di settembre, un anno esatto dall'evento più terribile della storia russa contemporanea. S'intende ovviamente l'attentato terroristico di Beslan, città dell'Ossezia settentrionale, nel corso del quale hanno perso la vita più di 300 persone. Per la maggior parte bambini, tenuti in ostaggio per tre giorni all'interno della loro scuola da un gruppo di terroristi ceceni che richiedevano il ritiro dei contingenti militari dalla Cecenia e il riconoscimento della sua indipendenza.
Nonostante dal momento dell'attentato sia passato un anno, il proverbio "il tempo è la miglior medicina" in questo caso non vale. Gli abitanti di Beslan ancora adesso si trovano in condizioni di profondo choc psicologico, interrotto da accessi di isteria che seguono a visite al cimitero delle vittime dell'attentato o alle rovine della scuola. Oltre a ciò, cercano ancora risposte a diverse domande; chi dirigeva l'operazione per la liberazione degli ostaggi, perché le autorità hanno affermato che i terroristi non avevano avanzato nessuna richiesta e hanno dichiarato un numero di ostaggi inferiore a quello reale, qual'è stata la causa delle esplosioni che ha scatenato la sparatoria, chi ha ordinate l'impiego di carri armati e lanciafi amme e se l'ordine è stato dato quando la maggioranza degli ostaggi si trovava nella scuola. La commissione istituita dal Parlamento osseziano, con a capo il deputato Stanislav Kesaev, nel suo resoconto ha individuato come principale responsabile dell'accaduto il Centro Federale. E nelle sue interviste Kesaev ha reiterato tutte quelle domande - scomode" per le autorità russe - che si pongono i familiari delle vittime. Nello stesso tempo sia la Procura che la "grande" commissione federale creata dall'Assemblea federale continuano ad insistere sulla versione uffi ciale dei fatti.
Ma ne minano la credibilità la palese menzogna degli addetti della Procura (l'esempio più celebre è il tentative di dimostrare che I lanciafi amme non sono stati usati nel momento dell'attacco alla scuola nonostante siano stati trovati gli speciali bossoli tubolari nei quail vengono conservati i proiettili dei lanciafi amme) e la non meno palese assenza di intenzioni da parte delle autorità di voler riconoscere gli errori compiuti un anno fa. Come risultato si dà sempre più credito a versioni fantasiose degli avvenimenti, secondo le quali per esempio una buona parte dei terroristi sarebbe riuscita a fuggire, o l'esplosione sarebbe stata provocata dai Servizi segreti, i quali avrebbero sparato al terrorista che teneva in mano la miccia e alter storie. Alle spiegazioni e alle smentite della Procura praticamente nessuno crede.
Il tribunale, per quanto riguarda Nurpasa Kulaev, l'unico terrorista rimasto vivo - secondo la versione uffi ciale -, si è trasformato nella caricatura della giustizia, poiché la versione meticolosamente costruita degli avvenimenti fa acqua da tutte le parti, e l'imputato si rifi uta di testimoniare. Peraltro si può capire Kulaev. Giocando sui sentimenti delle madri che hanno perso i loro bambini, e che gli promettono di mitigare la sua pena se "racconterà tutta la verità", egli tenta di sfuggire ad un ergastolo da scontare in colonie penali tristemente note, dalle quali si esce solo in posizione orizzontale.
Gli stessi abitanti di Beslan che hanno perso i loro fi gli, e che si sono riuniti nel comitato delle "Madri di Beslan" esigono dale autorità "tutta la verità", oltre che la punizione di alcuni colpevoli "altolocati" (fanno parte di questa lista i capi del Ministero degli Interni e dei Servizi federali di sicurezza R. Nurgaliev e N. Patrusev, l'allora Presidente dell'Ossezia settentrionale A. Dzasokhov e i capi dei del Ministero degli Interni osseziano e dei Servizi federali di sicurezza osseziani). Ha soffi ato sulle braci anche Aleksandr Torsin, capo della commissione parlamentare per le indagini sulla tragedia di Beslan. Ha dichiarato che secondo lui Nurpasa Kulaev non si sarebbe consegnato di spontanea iniziativa, ma per preciso ordine dei terroristi, allo scopo di presentare una versione fasulla dei fatti. Oltrettutto pare rimanere "fuori campo" l'attività dei cosiddetti "miliziani", civili del posto armatisi di pistole e fucili, responsabili in maniera non trascurabile del caos che regnava a Beslan il 3 settembre.
E a proposito, se qualcuno dei terroristi veramente si fosse nascosto, in ciò è stato particolarmente avvantaggiato dall'enorme quantità di persone affollatesi nelle strade limitrofe all'area dell'attentato. Persone che, per gli agenti delle unità speciali, era diffi cile distinguere da dei ceceni o da degli ingusheni, i quali costituivano il nucleo del gruppo di terroristi. C'è da dire che il numero di coloro che giudicano l'operato delle autorità a Beslan insoddisfacente dall'anno scorso è calato, scendendo dal 61% al 50%, e il 52% degli intervistati ritengono che le autorità abbiano fatto tutto il possible per salvare gli ostaggi. La versione che vedrebbe una provocazione da parte dei servizi speciali secondo il sondaggio è accolta da non più dell'8% della popolazione, e quasi due terzi degli intervistati si attiene alla versione uffi ciale, secondo la quale della strage degli ostaggi sarebbero colpevoli i terroristi stessi. Fino ad un certo punto Vladimir Putin ha preferito tenersi in disparte dalla "scia nera" dei fatti di Beslan. Tuttavia alla fi ne di agosto il continuare a tenere un atteggiamento di questo tipo sarebbe stato semplicemente inadeguato. Le "Madri di Beslan" hanno dichiarato apertamente che non desideravano vedere Putin alle cerimonie commemorative tenutesi nell'anniversario della tragica ricorrenza. In controbattuta il Presidente le ha invitate ad incontrarlo al Cremlino il 2 settembre (proprio nel giorno della ricorrenza).
Bisogna notare che molti dubitavano del fatto che l'incontro avrebbe veramente avuto luogo, in quanto una parte dei membri del comitato delle "Madri di Beslan" aveva dichiarato Putin colpevole dell'attacco e della strage. A una settimana dall'incontro le "Madri di Beslan" hanno organizzato un'azione di protesta direttamente nell'edifi cio del tribunale. E il primo di settembre, a Mosca è stato divulgato un appello a nome loro e delle vittime dell'attentato di Beslan nella quale chiedevano asilo politico presso "qualsiasi paese dove vengano rispettati i diritti dell'uomo" e dichiaravano "di non voler più vivere in Russia".
Le "Madri" si sono comunque affrettate a prendere le distanze dal documento, defi nendolo "opinione personale di alcuni membri del comitato".
Per molti cittadini di Beslan questo incontro aveva l'aria di una visita di Stato allo zar in stile "Russia prerivoluzionaria", ed ha riacceso la speranza. Speranza nel fatto che il "buon governante", tenuto suo malgrado all'oscuro della realtà dei fatti, con un solo gesto della mano risolvesse ogni contrarietà. E Putin effettivamente è riuscito, utilizzando tutto il suo ascendente a trasformare l'incontro in un'occasione di dialogo abbastanza costruttivo, conclusosi con la promessa da parte sua di "giungere alla verità" e ha assicurato che i colpevoli delle malefatte saranno puniti. Però dalle labbra di Vladimir Putin non è uscito nessun cognome. E il suo ricordare come nessuno Stato al mondo al giorno d'oggi possa garantire la piena sicurezza ai propri cittadini (è stato addotto ad esempio l'11 settembre 2001 negli Stati Uniti) somigliava molto ad un tentativo di far attenuare le critiche riguardanti i dirigenti delle forze dell'ordine. Con grande probabilità verranno quindi ritenuti colpevoli I collaboratori delle forze dell'ordine locali, il cui cattivo operato ha consentito ai terroristi l'accesso alla scuola.
Altro paio di maniche è che i partecipanti all'incontro ne interpretano i risultati ciascuno a modo suo. Il Presidente russo, secondo quanto dichiara il presidente del comitato delle "Madri di Beslan", Susanna Dudieva, avrebbe riconosciuto la sua responsabilità nella tragedia. Da parte sua, Vladimir Putin, in occasione di un incontro con i membri del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa ha dichiarato come le indagini relative all'attentato di Beslan debbano portare al perfezionamento delle forze dell'ordine e ha fatto presente la constatata "inquietudine" dei cittadini di Beslan riguardo alla conduzione delle indagini.
Ha incaricato la Procura Generale di inviare a Beslan dei rappresentanti della sede centrale. In questo modo, se un anno fa l'attentato aveva dato la possibilità al Presidente di realizzare le cosiddette "riforme di settembre", che modifi - cavano i meccanismi di elezione dei governatori, adesso le proteste delle "Madri di Beslan" serviranno da base per la reimpostazione delle strutture delle forze dell'ordine, come peraltro, a proposito, è accaduto negli Stati Uniti dopo l'11 settembre.
Le Madri di Beslan, incontrando Putin gli hanno creduto. La questione è semplicemente quanto basti questa fi ducia, e che cosa succederà nel caso gli osseziani dovessero decidere che tale fi ducia è mal riposta.
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