Espresso
Q U I N D I C I N A L E   D I   I N F O R M A Z I O N E
Russian
Home Giornale Archivio Redazione Pubblicità Dove siamo
 
Numero 6(97)
Riforma elettorale, la CdL cambia il modo di votare
CAMBIA LA LEGGE
Basta maggioritario, in Italia si torna al proporzionale. Rimane il premio di maggioranza


    L’Italia cambia, almeno nel modo di votare. Almeno sembra. Almeno per quanto ha votato la Camera dei Deputati lo scorso 13 ottobre. Ora la parola passa al Senato della Repubblica, ma i Capogruppo dei partiti della coalizione di maggioranza hanno garantito che il testo varato da Montecitorio otterrà identico sì a Palazzo Madama: senza sì e senza ma, anche perchè il testo stesso è stato concordato prima del voto dai rappresentanti dei due rami parlamentari.
    L’Italia così stando le cose abbandona il maggioritario degli ultimi quindici anni, voluto anche da un referendum popolare, e torna a scegliere i suoi eletti attraverso il proporzionale. Già il sistema in essere, in realtà, manteneva una quota proporzionale, se pur minoritaria. Ora tutto il nuovo Parlamento (che uscirà dalle urne della prossima primavera, ndr) sarà frutto di elezioni proporzionali, “e non sarebbe stato giusto cambiare la legge prima, perché avrebbe delegittimato gli eletti. -a dirlo è Renato Schifani, Presidente dei Senatori di Forza Italia, pochi secondi dopo che alla Camera Pierferdiando Casini, Presidente della stessa, dava la notizia dell’avvenuta approvazione del Disegno di Legge di riforma del sistema elettorale- E vorrei ricordare che anche i leaders del centrosinistra la pensavano così alla fine della scorsa legislatura, e io al Senato ricorderò puntigliosamente ogni singola dichiarazione visto che hanno preso questa brutta abitudine di non ricordare quanto loro stessi avevano detto mentendo al Paese”. Lo dice Schifani, lo dicono altri illustri esponenti della Casa della Libertà, ma dicono le stesse cose in senso inverso i leaders dell’Unione ricordando affermazioni e passaggi dei vari Berlusconi e Fini all’epoca convinti sostenitori del maggioritario, “mentre ora –ci spiega Piero Fassino, Segretario Nazionale dei DS– la CdL cerca solo un escamotage per non perdere le prossime elezioni, ma gli Italiani sapranno capire che questa è solo una truffa, e sono talmente stanchi di vedere come è malgovernato il paese che con questa o quella legge elettorale Berlusconi e i partiti che lo sostengono verranno comunque sconfitti”. Insomma scambio di accuse in ambo le direzioni; confronto che sa di scontro all’ultimo sangue, e se Schifani calendarizza la riforma dicendo “ora il testo verrà al Senato e noi lo voteremo dopo l’approvazione definitiva della Legge Finanziaria a metà novembre” Fassino gli risponde che “la battaglia non è ancora finita, ora vedremo cosa accadrà al Senato” dove, per altro, il vantaggio della maggioranza è meno largo di quanto non sia alla Camera dei Deputati.
    E Silvio Berlusconi, da Presidente del Consiglio finalmente soddisfatto, non si è fatto pregare nel commentare la chiusura delle votazioni svoltesi per lo più a scrutinio segreto e con il rischio quindi che franchi tiratori seduti sui banchi della maggioranza potessero affossare una riforma che aveva indotto lo stesso Berlusconi a dire che se non fosse passata si sarebbe andati ad uno scioglimento anticipato delle Camere. “E’ una buona legge, che ha dimostrato la compattezza della nostra coalizione. Una legge -ha detto il Premier- che ci mette alla pari con altri dodici paesi europei e che fa sì che chi avrà più voti governerà, che permetterà ai partiti di mettere in campo le formazioni migliori e che la sinistra non ha saputo contrastare con argomentazioni convincenti. Una legge e d un voto, quindi, che ci lasciano pienamente soddisfatti.” “Una legge – aggiunge ancora Schifani- che non si creda sia stata inventata da noi. E’ il sistema elettorale della Regione Toscana, dove non mi sembra manchi la democrazia e dove, praticamente da sempre governa il centrosinistra”, “ma vi sembra giusto – aggiunge Francesco Nitto Palma, Capogruppo di FI in Commissione Affari Costituzionali- che per esempio gli elettori siciliani del centrosinistra non abbiano a rappresentarli nemmeno un leletto della loro fede politica?”. Effettivamente non sembra giusto, e in effetti la CdL, in base alle proiezioni elaborate sui dati delle ultime Regionali, nelle sue roccaforti storiche quali Lombardia, Veneto e Sicilia effettivamente perderà seggi rispetto a quelli attuali, e ne perderà più di quanto non accadrà in campo opposto nelle cosiddtte regioni rosse. Cosa significa questo? Che a prescindere dal sistema elettorale, se gli Italiani confermeranno il loro voto, l’Unione guidata dall’ex Presidente UE Romano Prodi vincerà comunque le prossime elezioni politiche.
    Andiamo per ordine, cosa prevede la nuova legge che, ripetiamolo, per andare in vigore necessita del voto analogo del Senato dopo quello della Camera? Vince chi ottiene un voto più degli avversari con tre sbarramenti: del 10% per le coalizioni, del 4% per i Partiti che volessero correre da soli, del 2% per i partiti che si presentino all’interno delle coalizioni; i partiti che non conseguono il due in coalizione concorrono però con i loro voti al monte totale degli stessi che attribuisce il premio di maggioranza consegnando a chi ha un voto più dell’avversario 340 seggi e lasciandone 278 all’opposione. Alla Camera. Al Senato cambiano le regole, la Costituzione, infatti, dice che l’attribuzione dei seggi di Palazzo Madama deve avvenire su base regionale, e quindi il premio di maggioranza non si attribuirà facendo il computo dei voti su scala nazionale ma regione per regione con sbarramenti del 20% per le coalizioni, dell’8% per liste non in coalizione, del 3% per i partiti delle coalizioni. 170 su 315 il numero dei seggi da garantirsi a chi vince a Palazzo Madama. Totale? Un rebus con il rischio di maggioranze disomogenee fra i due rami parlamentari.
    Cosa significa questo? Che Silvio Berlusconi non avrebbe vinto come avvenuto solo due delle tre competizioni politiche cui ha preso parte, ma tutte e tre. Quando nel 1996 infatti al Governo andò Prodi per una legislatura che vide poi l’avvicendamento a Palazzo Chigi anche di Massimo D’Alema e Giuliano Amato, la CdL aveva avuto qualche centinaio di migliaia di voti più dell’Ulivo: le liste civetta, il maggioritario, consegnarono invece la vittoria al centrosinistra. E Prodi, suo avversario oggi come allora (ma non come cinque anni fa quando a sfidare Berlusconi fu l’oggi Presidente della Margherita Francesco Rutelli) cosa dice? “E’ una legge la cui costituzionalità solleva più di un dubbio: sulla elezione dei Senatori con riferimento all ripartizione regionale, sulle minoranze linguistiche, sulla presenza delle donne in Parlamento…” ma le ‘quote rosa’, val la pena di ricordarlo, il Governo le aveva proposte, ma è stato l’unico punto su cui è andato sotto con i voti dell’opposizione diventati maggioranza grazie ad una folta schiera di cecchini che hannoimpallinato la proposta con un atteggiamento che sa più di maschilismo e di autoconservazione che di indirizzo politico tanto che Gianfranco Fini, Presidente di Alleanza Nazionale e Vicepresidente del Consiglio, ha parlato di “pazzi, dei folli… E in quel clima da caserma, poi… cosa credono, che gli elettori non ce la faranno pagare?non sanno quante sono le donne che votano per noi? Per la Casa delle Libertà? Aver bocciato le ‘quote’ rosa non è certo andato nel nostro interesse…ecco perché mi sono arrabbiato così! ”, tanto che gli risponde il suo Omologo Giulio Tremonti, Vicepresidente Forzista, “al momento del voto non ero in aula per i miei impegni di Ministro, ma l’emendamento lo avrei votato,. Pur con qualche dubbio sulla sua costituzionalità. Non è passato, ma Forza Italia darà alle donne lo spazio che avrebbero avuto in caso di approvazione. Per noi, insomma, non cambia nulla. Se gli altri partiti facessero lo stesso…basterebbe questo”, e Francesco Rutelli, Presidente della Margherita, aggiunge che “in effetti c’è un grave deficit di presenza femminile in politica. Io da Sindaco di Roma inserii nella mia giunta ben sei donne, e non erano in Assessorati di secondo piano, e sto parlando della amministrazione locale più importante di Italia, ma in ruoli centrali come il Bilancio, però anche nel mio partito le donne sono poche. Dobbiamo porci il problema ed affrontarlo con realismo per risolverlo”.
    E su prodi si scagli Luca Volontè, Presidente dei Deputati UDC: “parliamoci chiaro, il problema vero è che questa riforma mette a nudo una verità, che Prodi non ha un partito, che non sa con chi candidarsi, che nel centrosinistra regna una grande confusione”. C’è chi suggerisce a Prodi, per non scendere in campo da una parte o dall’altra, di non candidarsi nemmeno, “ma è un’idea troppo intelligente perché possa passare” ironizza un suo pur fedele alleato come Ciriaco De Mita, già Segretario della DC e già Presidente del Consiglio anche lui. D’Alema, oltre a Fassino, con lo stesso De Mita, con Rutellie con Franco Marini ci stanno pensando. Effettivamente la riforma ha sparigliato le carte, l’Unione è in difficoltà, Prodi vorrebbe resuscitare l’Ulivo, Antonio Di Pietro punta a una Lista Prodi in cui confluire magari insieme a Clemente Mastella, mentre Rutelli piuttosto che essere sventrato elettoralmente dai prodiani che sceglierebbero il nuovo soggetto invece che la Margherita preferirebbe farsi fucilare su pubblica piazza. E Prodi ammette la necessità di riflettere, mentre Fassino promette una grande novità, ma solo al momento opportuno, quando il rito si sarà concluso.
    Un rito conclusosi senza che fra le parti ci sia stato colloquio con 323 voti a favore, sei contrari e sei astenuti perché i Deputati di minoranza, con un’ultima protesta, hanno lasciato la maggioranbza a votarsi da sola la Legge. Una legge, ha detto in aula Luciano Dussin, Capogruppo della Lega Nord in Commissione Affari Costituzionali, la Commissione che ha formulato questa legge di riforma, che “impedirà che possa accadere come in passato che governa chi perde, alla sinistra serve un nemico per nascondere il vero problema: l’incapacità di presentare un programma comune. Sarà da morir dal ridere, voglio proprio vedere come faranno.”, “una legge che dà la vittoria -aggiunge il Coordinatore di Alleanza Nazionale Ignazio La Russa- a chi ha anche un solo voto più dell’avversario? Di cosa si ha paura? Dove è il difetto di democrazia?”.
    La democrazia sarebbe stato che maggioranza ed opposizione concordassero le regole del gioco “ma con questa opposizione non è possibile, e certo il rimpianto c’è –spiega Silvio Berlusconi- ma con questa opposizione è stato impossibile dialogare sin dall’inizio della legislatura per l’alto tasso di inimicizia che hanno dimostrato nei nostri confronti. Ci vedono come nemici, e questo ha reso sterile ogni tentativo di trattativa su ogni argomento ”.
    Sulla scheda elettorale ci sarà poi l’indicazione del Candidato Premier, pur rimanendo al Presidente della Repubblica il diritto/dovere di indicarlo alle Camere. Chi vivrà… voterà.

in alto <<  ARTICOLO PRECEDENTE      ARTICOLO SEGUENTE  >> in alto
ALTRI ARTICOLI DELLA RUBRICA "NEL MONDO"
La strategia di Berlusconi: uscire dalla crisi in alcune ore ¦  Roma e Venezia si "chiudono" ¦  La figlia di Berlusconi si e messa alla testa dellimpero dei media familiare
Rambler's Top100    Rambler's Top100