Espresso
Q U I N D I C I N A L E   D I   I N F O R M A Z I O N E
Russian
Home Giornale Archivio Redazione Pubblicità Dove siamo
 
Numero 4(103)
NAPOLITANO, PRODI, MARINI, BERTINOTTI, RUTELLI, FASSINO D’ALEMA
Repubblica Italiana: tutto occupato
Non nemici, ma nemmeno del tutto amici, ecco perchè


    Solo la Germania di Schroeder, nell’Europa occidentale, è stata a sinistra tanto quanto o circa quanto l’Italia di oggi. La Germania di allora aveva una coalizione rossoverde, l’Italia del 2006 un Governo che se pur ha in sé anime centriste e cattoliche come l’UdeuR del neo-Ministro di Grazia e Giustizia Clemente Mastella e parte dei DL del Vicepremier Francesco Rutelli, è a sinistra come non mai. Curiosamente in un momento in cui il paese è spaccato a metà con l’altra metà forse a destra come non mai, al punto che se si rivotasse oggi è da credere che il presidente del Consiglio non sarebbe Romano Prodi ma ancora e nuovamente Silvio Berlusconi.
    Intanto, sia pur con una risicata maggioranza, l’Unione di centro sinistra ha fatto man bassa di tutte le poltrone sin qui disponibili e con nomi inattesi alla vigilia. Lo schema pre-elezioni in caso di vittoria prevedeva Prodi Presidente del Consiglio, è così è stato, Vicepresidenti i due Segretari dei maggiori partiti della coalizione: Francesco Rutelli e Piero Fassino, Camere anch’esse a DS e Margherita con Massimo D’Alema e Franco Marini. Qualcosa, però, non ha funzionato, un po’ come accadde a Silvio Berlusconi che doveva avere come vice il Presidente di AN Gianfranco Fini e il Segretario dell’UDC Pierferdinando Casini. Cosa accadde è storia: Casini andò a presiedere Montecitorio e a Palazzo Madama Marcello Pera, che sembrava destinato al Dicastero oggi appannaggio di Clemente Mastella, scalzò il predestianto aennino Fisichella che, stizzito, lasciò addirittura il partito. La vicenda Prodi ha punti di contatto significativi, calcolando che per la Vicepresidenza di Palazzo Chigi con Berlusconi ci sono stati successivamente prima Marco Follini, subentrato a Casini alla guida dell’UDC poi lasciata a Lorenzo Cesa, quindi Giulio Tremonti, prima super Ministro dell’Economia, poi Vicepresidente di Forza Italia, poi Vicepresidente del Consiglio, quindi nuovamente responsabile del Dicastero economico, oggi Vicepresidente della Camera dei Deputati. Ecco allora che con Romano Prodi a Palazzo Chigi ci sarà sì, come previsto, Francesco Rutelli, ma non il saegretario dei Ds Piero Fassino, ma bensì il Presidente dello stesso partito, e Segretario dei DS fino a prima di subentrare proprio a Prodi ai tempi del suo primo esecutivo: Massimo D’Alema. Chi fece cadere all’epoca Prodi? Rifondazione Comunista guidata da Fausto Bertinotti, che allora pagò il voto di sfiducia con la scissione di Cossutta e Diliberto che fondarono il PdCI.
    Bene: ancora Bertinotti a spaginato le carte in tavola:, forte del suo risultato elettorale, indispensabile per la sopravvivenza della maggioranza prodiana, ha alzato il tiro, niente Governo per lui, ma la terza carica dello Stato, la Presidenza della Camera dei Deputati in cui era già incasellato il nome di D’Alema. Senso dello Stato di quest’ultimo e passo indietro tanto dignitoso quanto silenzioso. Bertinotti Presidente a Montecitorio e Franco Marini a Palazzo Madama come previsto, solo che così i DS, che con il loro 17% sono e restano l’asse portante della coalizione erano fuori da tutti i vertici: Presidenza del Consiglio, Presidenze di Camera e Senato. Rimaneva il “Colle”, con l’ormai imminente abbandono di Carlo Azeglio Ciampi; il nome, a risarcimento, quello di Massimo D’Alema, ma su di lui non si potevano trovare maggioranze allargate, e nuovo passo indietro del Presidente DS che metteva in rampa di lancio il nome del Senatore a Vita Giorgio Napolitano, nome e volto storico dell’antico PCI e già Ministro degli Interni e Presidente della Camera dei Deputati. Nessuna convergenza e, con i soli voti di maggioranza, Napolitano diventava l’undicesimo Presidente della Repubblica.
    Prodi, Napolitano, Marini, Bertinotti: due centristi, un diessino un comunista. L’Italia di sinistra come mai si era vista ma con una incognita: il futuro di Massimo D’Alema. E qui entra in scena un altro passo indietro, ma a farlo questa volta è Piero Fassino che rinuncia ad entrare al Governo affidando la guida della Delegazione diessina proprio a Massimo D’Alema che prima diventa senza che nessuno osi fiatare Ministro degli Esteri e quindi anche Vicepresidente del Consiglio insieme a Francesco Rutelli suscitando qualche perplessità tanto negli USA come in Israele.
    Prima mossa di D’Alema offire la Presidenza della Commissione Esteri all’ex Ministro Gianfranco Fini, rifiutata. Prima mossa di Romano Prodi offrire all’ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (che la CdL aveva votato per la Presidenza della Repubblica) Gianni Letta il ruolo di Commissario della Federazione Gioco Calcio: rifiutata.
    E pur se compatti nel voto appena parlano i componenti del Governo si “picchiano”, il neo Ministro per i Trasporti Alessandro Bianchi dichiara che il ponte sullo stretto di Messina non si farà, il Ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro dice che forse si farà, e il Ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani ha detto che bisogna vedere se serve. La cattoliccissima Rosi Bindi, a cui è stato affidato il Ministero della Famiglia, ha aperto suio pacs per le coppie di fatto, i cattolici, dentro e fuori il Governo sono insorti. Verdi, PRC e PdCI dicono che sarebbe il caso di abolire la parata militare del 2 giugno, festa della Repubblica, rimessa in campo da Carlo Azeglio Ciampi, il Ministro della Difesa Arturo Parisi, prodiano di ferro, ha invece voluto che si facesse.
    A proposito di Ciampi: il Presidente della Repubblica, uscito dal Quirinale, è divenuto automaticamente Senatore a Vita. Visto che era stato additato quale esempio di equidistanza, di equilibrio, che il modo in cui era stato eletto era stato preso come esempio da imitare anche se non si è poi riusciti ad imitarlo perché… un altro Ciampi non c’era…. Ebbene, lo stesso Ciampi, non piacendo a molti, fra cui chi scrive, al suo primo giorno da parlamentare è caduto in quella che, sempre chi scrive, valuta come una grave caduta di stile.
    Va ricordato che Ciampi mai è stato eletto, ma sempre nominato: Presidente della Banca d’Italia, Ministro dell’Economia, Presidente del Consiglio ed infine Presidente della Repubblica, ma senza mai passare per un voto popolare. Ebbene, il neo Senatore a Vita Carlo Azeglio Ciampi, al suo primo giorno a Palazzo madama ha votato la fiducia al Governo Prodi. Un voto inutile e di dubbio buon gusto: Prodi non ne aveva bisogno, la sua maggioranza ha vinto 165 a 155 con i voti dei sette Senatori a vita Ciampi, Scalfaro, Cossiga, Colombo, Andreotti, Levi Montalcini e Pininfarina, ma avrebbe vinto di tre voti anche senza. Ciampi fino al giorno prima era stato il Presidente di tutti, anche dei 155 Senatori che non hanno votato la fiducia a Prodi in rappresentanza della metà degli Italiani. Con quel voto Ciampi ha deciso di essere l’ex Presidente solo della sinistra. Contento lui.

in alto    ARTICOLO SEGUENTE  >> in alto
ALTRI ARTICOLI DELLA RUBRICA "ITALIA"
Italia: sconfitto il centrodestra alle amministrative. Ma tanti gli astenuti ¦  Possibili sanzioni da parte di Bruxelles per le compagnie telefoniche italiane ¦  LUMINOSISSIMA RUSSIA
Rambler's Top100    Rambler's Top100