Numero 17(62)
La finanziaria delle questioni risolte e irrisolte
“Non potevamo fare di più” lo ha detto Giulio Tremonti, superministro economico del Governo Berlusconi.
E se il Premier avesse potuto immaginarsi questa legislatura difficilmente avrebbe potuta immaginarla peggio.
“Prima dell’ 11 settembre si prevedeva una crescita del 2,9 – 3,1%, e non erano previsioni nostre, ma del centro sinistra. Solo che quel giorno è cambiato tutto” ha detto sempre Tremonti. Ma i disastri in cui il Berlusconi 2 ha dovuto muoversi non sono finiti lì: c’è stato il G8 di Genova, la guerra in Afghanistan, e poi la terrificante crisi della Fiat, e come se non bastasse l’eruzione dell’Etna, e poi ancora la tragedia di San Giuliano, il terremoto, la marea degli sfollati. Tanti disastri che i dubbi di Wim Duisberg e della BCE su crescita e inflazione, come i danni causati dal maltempo e dalla siccità estiva sembrano quasi bazzecole.
E in tutto questo splendore c’è una finanziaria da varare senza penalizzare i contribuenti, di più: Roberto Castelli, Guardasigilli del Governo Berlusconi, ha detto che “questa è una Finanziaria rivoluzionaria, la prima che lascia soldi in tasca ai cittadini per toglierli dalle tasche di noi Ministri!”. Uno dei primi impegni assunti della Casa delle Libertà è stato infatti quello di diminuire le tasse, solo che si pensava di poterlo fare a fronte di un economia ed un conseguente gettito fiscale di ben diversa andatura. Tremonti ha comunque spiegato come l’84% degli sgravi sia a beneficio dei redditi sotto i venticiquemila euro, e che saranno circa sette milioni e mezzo i pensionati che non dovranno pagare tasse.
Eppure non basta, il condono tombale non è possibile per ragioni costituzionali, e comunque sia la coperta è sempre troppo corta. Un esempio ne è lo scontro avvenuto fra Mirko Tremaglia, Ministro per gli Italiani all’estero, e Carlo Giovanardi, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. L’esponente di AN in Transatlantico si è scontrato duramente con il collega centrista per l’utilizzo di 50 milioni di euro destinati ad una campagna informativa per far sapere agli Italiani che vivono fuori dai confini che potranno votare per il parlamento nazionale. Tremaglia si aspettava di avere la gestione di quei fondi, visto che si tratta, a suo avviso, di materie di sua competenza, e invece a gestirli sarebbero le Presidenze di Camera e Senato. La norma è stata inserita in questa faticosa finanziaria attraverso un emendamento che, inizialmente, faceva riferimento allo sport dilettantistico! I 50 milioni sono previsti così suddivisi: dieci per il 2003, sempre dieci per l’anno successivo, e trenta per il 2005, e Tremaglia si rende perfettamente conto che nel giro di vite in corso difficilmente potranno essercene altri.
Lo stesso problema lo hanno i cosiddetti Governatori: il Nord Italia, da Genova a Trieste, parla solo azzurro: Biasiotti, Ghigo, Formigoni, Galan, Tondo. Tutti forzisti, tutti più o meno insoddisfatti dei fondi che verranno introitati dalle loro amministrazioni. Tra i problemi di Tremonti, infatti, ci sono proprio anche loro che hanno disertato la prima riunione della conferenza Stato-Regioni prevista in Via della Stamperia in segno di protesta. Formigoni, elegantemente, ha detto che “non si chiedono soldi in più, ma la copertura economica di impegni precedentemente assunti”. La questione riguarda soprattutto il fondo sanitario e le interpretazioni relative all’accordo dell’8 agosto 2001: per le Regioni si tratta di 7.157 miliardi (di lire, beninteso), mentre per il Governo sono 6.608 con una differenza di 548 miliardi o, per essere più corretti, di 280 milioni destinati quindi a entrare o meno nelle casse delle Regioni in cui la sanità, ricordiamolo, è quasi l’80% del bilancio. Una vicenda, insomma, esterna alla Finanziaria, ma ad essa strettamente collegata e condizionante. D’altra parte questo è una sorta di gioco delle tre carte cui nessuno si sottrae. Se un Giancarlo Galan, azzurrissimo Presidente del Veneto, nelle segrete stanze di Palazzo Balbi impreca contro le ristrettezze cui la finanza lo costringe dall’altra si trova contro un’assemblea di sindaci dai colori totalmente trasversali che lui apostrofa amaramente così: “qual è il sindaco di centrodestra,… di sinistra, …di estrema sinistra che non si mette alla testa di una protesta popolare? Se solo le telecamere dessero meno spazio a queste proteste…”. Forse, pari pari, le stesse cose potrebbe dirle il suo illustre corregionale cui Berlusconi ha affidato l’ingrato compito di reggere contemporaneamente Finanze e Tesoro. Presidenti di Regione e di Province autonome chiedono, sempre per bocca di Roberto Formigoni, Responsabile dell’area economica della Conferenza delle regioni, che “con le Bassanini siano trasferite non solo le competenze, ma anche i soldi” attirandosi le critiche di un altro azzurro, l’ex Capogruppo al Senato e oggi Ministro per gli Affari Regionali Enrico La Loggia, nel cui Dicastero la riunione disertata era prevista, secondo il quale, comunque, “si sono fatti notevolissimi passi in avanti rispetto alle posizioni originali”, per discutere ci sarà tempo fino a dicembre. E se Enzo Ghigo, Presidente del Piemonte e della Conferenza, ha usato toni concilianti, mettendo l’accento sul ‘metodo’ non così il suo vice, il diessino Presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani che ha avuto parole di fuoco per la Finanziaria del Governo. Tacciono invece i Governatori del Sud: sono 47 i miliardi di euro potenzialmente spendibili nel meridione per il periodo 2003-2006. La cifra record è stata raggiunta, ha detto il Ministro, grazie ai fondi aggiuntivi di 8,5 mld euro, il 26% in più rispetto al 2002, e ai co-finanziamenti UE con un impegno che per il Governo è stato davvero il massimo tanto che, ancora Tremonti, ha detto che “l’orologio della storia sta per battere di nuovo sull’orologio del Mezzogiorno”. Tacciono loro, ma non il laziale Storace, per il quale il Governo preferisce il Nord a Roma!
Passi avanti, anche se in un senso un po’ diverso, li ha fatto invece Jessica Rizzo, ‘quasi vestita’ leader di un’opposizione in questo caso nient’affatto politica, che la ha spuntata sul forzista Vittorio Emanuele Falsitta. C’è voluta un’intera mattinata di dibattito in aula, ma alla fine quel 25% di maggiorazione proposta per il materiale pornografico è stata bocciata. Si voleva ricomprenderlo tra i beni di lusso escludendolo dalle agevolazioni per l’editoria. Invece il settore -in un’epoca nemmeno troppo lontana perfino approdato all’emiciclo con l’elezione di un’illustre collega della Rizzo come Ilona Staller- dopo aver denunciato lo ... stato di crisi dovuto alla pirateria, grazie a una divergenza di vedute all’interno della maggioranza tira un sospiro, fortunatamente solo di sollievo! Considerato l’importo che la proposta avrebbe potuto portare nelle tasche dell’erario quasi stupisce l’interesse mediatico e perfino il tempo speso da Montecitorio per dirimere la questione ma, forse, più che l’ammontare possibile del tributo che sarebbe stato imposto ha attratto l’oggetto su cui l’imposta avrebbe dovuto gravare. Comunque non c’è pericolo, perché la questione è sì uscita dall’aula, ma solo momentaneamente: la tassa sull’hard-core sarà presto oggetto di un d.d.l.!
Diverso discorso per i medici, ospedalieri o universitari che siano, che vorranno lavorare anche extra-moenia, per loro, infatti, è stata messa al vaglio una tassa di 5.000 euro all’anno da versare alla propria ASL. Una proposta innovativa, presentata dal relatore forzista in Finanziaria Angelino Alfano, che ottenuto il placet convinto del Ministro della Sanità Girolamo Sirchia ma che ha visto le richieste di Enzo Ghigo, a nome della Conferenza Stato-Regioni, e della Lega Nord affinchè venisse ritirata. Vivacissime le proteste sul punto, anche da parte dei medici della Anaao che addirittura hanno bollato la proposta come una richiesta di “tangente indecente e vergognosa”, “quasi un pizzo” come la ha invece definita invece l’ex Ministro competente in materia Rosy Bindi.
Tra le materie del contendere c’è stata poi una proposta del Presidente dei Deputati UDC Luca Volontè in merito alle fondazioni bancarie, anche questa fonte di dibattito e polemiche perché rappresenterebbe una marcia indietro rispetto alla sofferta riforma di Tremonti che prevedeva una quota del 60% dei Consigli delle stesse riservata agli Enti locali. L’emendamento centrista avrebbe portato quella quota dal 60 al 51% allungando di tre anni il termine in cui le piccole fondazioni bancarie devono cedere le proprie partecipazioni oltre la quota. Nuovamente difficile e tortuosa la mediazione che ha portato alla composizione della vicenda.
E poi c’era una proposta di tassa sulle insegne che ha fatto infuriare i comuni nei confronti della parlamentare di AN Daniela Santanché. Sono loro, infatti, attualmente i beneficiari del gettito, tanto che Sergio Chiamparino, Sindaco di Torino, sostiene che un taglio totale dello stesso avrebbe portato ad un buco nelle casse comunali di 300 milioni di euro; a tranquillizzarlo il Sottosegretario Giuseppe Vegas che vorrebbe limitare il tutto a 10 milioni di euro. Lo stesso Vegas che ha posto un drastico stop alle richieste parlamentari dichiarando: “con il maxiemendamento il Governo ha esaurito tutte le risorse disponibili. Non ce ne sono più per altre richieste, diversamente salta tutta la manovra”.
Non c’è insomma passo, emendamento, proposta, che non faccia soffrire in una ristrettezza di bilancio in cui la quadratura del cerchio è impresa da equilibristi sul filo, tanto da costringere lo stesso Vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini a rivestire ufficialmente, su richiesta dello stesso Berlusconi, i panni del mediatore, e la parola passa ora al Senato. Tremonti ha detto che “la storia dà una certezza: dopo una crisi la curva si inverte e c’è la ripresa”, quando? Speriamo presto…
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