Numero 2(82)
L’Euro e gli italiani: amore infranto
Inflazione, stagnazione economica e calo del potere d’acquisto: l’Euro sotto accusa
Cosa ne è dell’amore degli Italiani per l’Europa e la moneta unica? A meno di quattro anni dalla nascita ufficiale dell’Euro, quello che sembrava essere un feeling particolare si è trasformato in una vera e propria disillusione: di fronte all’inflazione galoppante, alla stagnazione economica e alla diminuzione del potere d’acquisto delle classi medie, sembra infatti che l’Euro-scetticismo stia prevalendo.
Sembra ormai lontanissima una scena come quella del 3 maggio del 1998, quando migliaia di romani festeggiarono il passaggio della lira all’Euro riempiendo Piazza del Campidoglio. Il giorno precedente, Romano Prodi, allora presidente del Consiglio, e il suo ministro delle Finanze Carlo Azeglio Ciampi, riuscirono malgrado l’opposizione degli olandesi a far includere l’Italia fra i paesi che avrebbero dato vita all’Unione monetaria europea. Alcuni anni prima questa sembrava un’impresa impossibile: i conti pubblici erano disastrosi, così come il rapporto fra Pil e il debito pubblico. Lo stesso giorno, il quotidiano torinese La Stampa, riflettendo all’opinione della maggior parte degli italiani, titolava “Dopo tante avversità, l’Italia ha l’impressione non solo di tornare in Europa, ma di tornare ad essere se stessa, di ritrovarsi”.
La situazione sembra ora radicalmente mutata e lo scontento sembra attraversare tutte le classi sociali e professionali del paese. Secondo un sondaggio Istat oggi sei italiani su dieci chiedono l’abbandono dell’Euro e il ritorno alla vecchia e amata Lira. I sindacati protestano perché l’Euro non avrebbe apportato alcun vantaggio alle retribuzioni dei lavoratori, rimaste quelle di allora. Le associazioni dei consumatori contestano i dati ufficiali sul tasso di inflazione, secondo l’Istat ferma sotto il 2.7%. Tuttavia, secondo un altro istituto di ricerca, l’Eurispes, che nel calcolo del tasso di inflazione prende in considerazione un paniere di prodotti più ampio, l’inflazione sarebbe invece ad oltre il 16%. Con i prezzi di molti generi di prima necessità alle stelle, anche le classi medie hanno visto drasticamente ridurre il loro potere d’acquisto, sceso del 15% rispetto al primo semestre del 2003, tanto da far parlare di ‘proletarizzazione delle classi media’ e di doppio sistema valutario: prezzi al consumo in Euro e salari in lire. Anche gli industriali, soprattutto quelli del nord-est, sono profondamente scontenti. In questi quattro anni l’Euro non solo è rimasto stabile, ma ha anzi guadagnato posizioni sul dollaro Usa con un vero e proprio exploit negli ultimi mesi del 2003. Ma è proprio l’eccessiva forza dell’Euro sul dollaro a penalizzare le loro esportazioni e i loro affari. La vecchia abitudine di svalutare la lira per aumentare la competitività qui ha lasciato dei rimpianti.
A pochi mesi dalle elezioni europee, la perdita di consenso dell’Euro è diventato un ennesimo oggetto di scontro politico. L’ondata di scontento è cavalcata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e soprattutto dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti che individua nella moneta unica la causa principale dell’aumento dei prezzi. La polemica è esplosa quando Berlusconi, parlando lo scorso 20 dicembre in occasione della conferenza stampa di fine anno, ha sostenuto che “in una prima fase gli effetti dell’entrata nell’Euro sono negativi e solo più avanti sentiremo gli effetti positivi”. Il presidente del Consiglio sottolineò tuttavia anche come l’apprezzamento dell’Euro rispetto al dollaro potesse determinare “molti effetti negativi”, e dunque come la scelta della Gran Bretagna di non entrare nell’Euro dovesse essere considerata sicuramente “felice “. Di qui la proposta di stabilire la partita fra Euro e Dollaro.
Di parere diametralmente opposto, sono, non a caso, proprio gli artefici dell’adesione dell’Italia all’Euro: il presidente della Repubblica Ciampi e il presidente della Commissione europea Prodi. Se nel caso di Berlusconi e Ciampi, per evitare evidenti conflitti istituzionale che possano aggravare ulteriormente i già tesi rapporti fra le due massime cariche dello Stato, la polemica si sviluppa in modo molto più soft, tra Prodi e Tremonti, da circa due mesi, non arrivano altro che reciproche staffilate riportate quotidianamente sulle prime pagine dei giornali nazionali.
“Dare la colpa all’Euro del disagio economico che l’Italia sta vivendo è una assoluta falsità”, ha detto Prodi “In dieci dei dodici Paesi che hanno adottato la moneta europea non c’è stato né l’aumento dei prezzi né l’impoverimento della classe media dei lavoratori a reddito fisso che si è verificato in Italia, dove osservo che già si annunciano aumenti a raffica di tariffe e di prezzi per l’anno che è appena cominciato”, osserva il presidente della Commissione europea. Secondo Prodi quindi “in Italia è mancato il più elementare controllo sulla dinamica dei prezzi. Mi chiedo ad esempio dove sia finito l’ufficio che era stato creato al ministero del Tesoro per verificare che durante la fase di transizione all’Euro non ci fossero abusi”.
Al fine di rendere il meno traumatico possibile il momento del passaggio dalla vecchia alla nuova moneta, il governo aveva infatti istituito un organo di controllo che a partire dall’1 gennaio del 2002, avrebbe dovuto prevenire speculazioni e aumenti dei prezzi ingiustificati da parte dei commercianti per tutto il periodo di doppia circolazione dell’Euro e della Lira, ovvero fino al 1° marzo 2002.
La replica del ministro del Tesoro a Prodi è stata immediata: “La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo... L’ufficio costituito presso il Tesoro dai governi di centrosinistra, ha funzionato: con lo stesso programma, con la stessa impostazione, con lo stesso personale, con lo stesso dirigente responsabile identificati dai governi di centrosinistra. Per suo conto, il nuovo governo ha affidato la responsabilità politica del Comitato Euro al professor Vito Tanzi. Detto questo, pensare, come fa il “candidato Prodi”, che i disastri dell’Euro potessero essere risolti d’ufficio è contro ogni buon senso”. Ed un incalzante Tremonti ha poi aggiunto: “Che fine ha fatto la proposta italiana di stampare la banconota da un Euro come per il dollaro? Queste sono le oggettive responsabilità politiche che il ‘candidato Prodi’ cerca di rimuovere”.
Il dibattito attorno sull’Euro rischia dunque di aggiungere un ulteriore elemento di divisione e di contrapposizione, che non porterà certo giovamento alla già turbolenta vita politica del paese. Solo i continui richiami del presidente Ciampi hanno evitato un inasprimento del conflitto fra Euro-scettoci e Euro-sostenitori: “Lo scontro rende più difficile anche la ricerca di soluzioni dei problemi quotidiani che preoccupano la gente comune”, ha affermato alcuni giorni fa il presidente della Repubblica, che ha inoltre ricordato come l’Euro sia stato un elemento di stabilità per l’economia italiana rispetto ai seri pericoli corsi con la vecchia lira. Lo stesso Berlusconi, riferendosi al caso della Parmalat, ha dovuto riconoscere come, senza la moneta unica, i contraccolpi del crack sull’intero sistema del risparmio sarebbero stati assai più gravi.
Nel frattempo l’esecutivo ha deciso di passare all’azione, e al termine della verifica di Governo, conclusasi pochi giorni fa, è stato deciso di fissare dei nuovi obbiettivi economici, legati a quelli che sono le effettive emergenze del paese: risparmio, inflazione e crescita economica. Le priorità del governo sono state fissate in una corposa “Direttiva generale per l’azione amministrativa e la gestione per l’anno 2004”, firmata dal ministro Tremonti. Tra i provvedimenti previsti per contrastare il carovita, saranno aumentati i controlli nei confronti dei commercianti e dei negozianti che hanno approfittato dell’Euro per arrotondare i prezzi al rialzo.
E sarebbero proprio i commercianti i primi a cadere nel mirino delle ispezione della Guardia di Finanza. “Una mia zia ottantenne, che dirige il Teatro Manzoni, voleva approfittare del passaggio all’Euro per arrotondare i prezzi del biglietto verso l’alto”, ha recentemente raccontato Berlusconi, “Ho fatto di tutto per convincerla a fare il contrario ma non ho potuto farci niente. La maggior parte dei commercianti si è comportata così”.
L’ondata di controlli fiscali decisi dal Governo sembrano per il momento l’unica via percorribile: impensabile un ritorno alla lira, ma allo stesso tempo improbabile un ritorno dei prezzi ai livello di alcun anni fa. L’unica soluzione è dunque tentare di evitare ulteriori speculazioni sull’Euro. La nuova strategia del governo sembra essere stata parzialmente apprezzata dall’opposizione che ha finalmente riconosciuto un interessamento, anche se tardivo, ai problemi reali della gente. Ma con le elezioni europee alle porte la tregua sull’Euro potrà reggere ancora a lungo?
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