Numero 2(82)
Peggioramento sul fronte occidentale?
Da un po’ di tempo la politica estera è diventata per la Russia una fonte di problemi. Solo un paio di anni fa pareva che tutto andasse liscio: si mettevano a posto le relazioni con gli USA, il rapporto fra Putin e Berlusconi era pieno di amicizia, mentre la Francia e gli USA apparivano affidabili partner d’affari.
Ma le vicende dinamiche degli ultimi mesi dimostrano che la situazione è in realtà ben lontana da quella ottimale.
Anzittutto, per quanto concerne le relazioni russo-americane, la “rivoluzione di velluto” in Georgia ha turbato la bilancia degli interessi russi nel Caucaso. Il tentativo di manipolare con le ambizioni dei leader delle regioni autonome appartenenti alla Georgia, non ha fatto che complicare l’allacciamento dei rapporti con i nuovi dirigenti della Georgia. E’ vero che le basi militari sul territorio georgiano e le forniture di energia elettrica in questo Paese continuano ad essere, per la Russia, una carta vincente, ma quanto più attivi saranno i politici nell’accentuare l’importanza di queste carte, tanto più i dirigenti georgiani penseranno ad una partnership più stretta con gli USA e alla ricerca di fonti alternative di energia.
Tuttavia è assai più scomoda per la politica estera della Russia l’incertezza della situazione in Ucraina, visitata recentemente in modo ufficiale da Vladimir Putin. Vladimir Yuscenko, il candidato a Presidente dell’opposizione ucraina, per ora supera quasi di due volte Viktor Yanukovich, il suo avversario più forte, che rappresenta il regime attuale di Kuchma. Non è un segreto che l’incidente per l’isola di Tuzla sia stato utile per l’opposizione: le pretese territoriali aggressive della Russia hanno provocato un’ondata di atteggiamenti antirussi, i quali avvantaggiano Viktor Yuscenko che esprime l’interesse dei gruppi orientati verso l’avvicinamento all’Europa.
Nello scenario negativo, la perdita del controllo sulla situazione in Georgia e in Ucraina sarà per la Russia tanto più pesante, quanto più vicina sarà l’ora della messa in esercizio della pipeline Baku-Geiran. Dopo la realizzazione di questo oleodotto, la Russia perderà il controllo sull’esportazione delle risorse del Mar Caspio e non avrà più il suo ruolo prioritario per gli altri partner nell’ area postovietica, cioè per il Turkmenistan e per il Kazakhstan. Il primo segnale allarmante infatti è già arrivato: il Governo ucraino poco fa ha deciso di usare la pipeline Odessa-Brody per il trasporto diretto del petrolio dal Caspio, respingendo la proposta della parte russa (rappresentata dalla società BP-TNK) di riversamento del petrolio russo.
Evidentemente, proprio questo attacco contro gli interessi della Russia nel controllo sul petrolio ha suscitato una reazione nel settore degli Accordi sulla divisione delle produzioni. Il 29 gennaio Viktor Khristenko ha detto che i giacimenti di Sakhalin-3 verranno coltivati in base ad una nuova licenza. Ciò significa in realtà che le società Exxon Mobil e Texaco, che avevano vinto la gara per il giacimento nel 1993, ma tuttora non hanno cominciato a coltivarlo, dovranno partecipare alla gara un’altra volta, se vorranno veder confermati i loro diritti.
Il motivo principale per il quale la reazione politica dell’amministrazione statunitense nei confronti delle azioni svolte dalla Russia rimane assai calma è legato alle imminenti elezioni presidenziali negli USA. I repubblicani capeggiati da George Bush si fanno in quattro per non far emergere, alla vigilia delle elezioni, la domanda: “Chi ha perso la Russia?”. Pertanto, nonostante il serio scontento suscitato dalla politica della Russia, per ora nessun esponente del potere americano osa criticare Putin in pubblico, mentre i disaccordi sulla politica estera sfociano in un contrasto a livello economico.
In una prospettiva a lungo termine, quindi, i problemi emersi nelle relazioni russo-americane potrebbero avere un effetto sull’andamento delle trattative sul WTO, che oggi sono di nuovo all’ordine del giorno. Per ora, la parte russa punta soprattutto sulle pressioni esercitate sull’Europa per ottenere condizioni più favorevoli di ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio. La carta vincente della Russia, a questo proposito, è l’estensione dell’Unione europea, prevista per il maggio del 2004, in seguito alla quale verranno rivisti i regimi commerciali esistenti fra la Russia e i Paesi dell’Europa dell’Est. Sebbene, in generale, l’effetto che questi mutamenti avranno sull’economia russa sia neutro o anche un po’ positivo, alcuni produttori russi purtuttavia perderanno l’accesso ai mercati tradizionali. I rappresentanti della parte russa insistono su concessioni da parte dell’Unione europea, relative in particolare ai prodotti agricoli, per compensare il peggioramento delle condizioni di commercio per alcuni settori russi. Le trattative con gli USA non sono ancora entrate in una fase attiva, ma considerate le contraddizioni degli ultimi tempi è sempre più difficile che si riesca ad ottenere concessioni da parte dei colleghi americani.
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