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Numero 4(49)
Politica economica 2002

    Nel 2002 la Russia entra in una nuova epoca politica, che già ora comincia ad avere un certo effetto sui comportamenti di tutti i più importanti politici russi.
    Nel 2003 avranno luogo le elezioni politiche, per le quali la lotta dovrebbe essere alquanto dura. I posti nella Duma se li disputeranno, più probabilmente, imprenditori o rappresentanti di grossi gruppi imprenditoriali, da una parte, e dall’altra i centristi fedeli a Vladimir Putin, che formano le fazioni Edinstvo (Unità) e Narodnyj deputat (Deputato del popolo). Cercando di conquistare nuovi punti politici, i rappresentanti della Duma assumeranno un atteggiamento più duro nei confronti del governo. Le elezioni alla Duma dimostreranno inoltre se alle elezioni presidenziali del 2004 potrà nascere una figura che sia un rivale più o meno serio di Vladimir Putin, il che, naturalmente, costringerà anche il Presidente a badare in qualche modo alla propria risorsa politica. Scorrendo gli eventi politici degli ultimi mesi, è possibile già oggi affermare con certezza che la politica russa sta acquistando una nuova configurazione che potrebbe essere definita un “pr” (public relations) politico. Ciò si manifesta soprattutto nelle mosse dei membri del governo, ed è affatto sorprendente. Il rallentamento della crescita economica nel corso dell’anno può avere un effetto negativo sull’indice di gradimento del Presidente, il che, tenendo conto dell’avvicinarsi delle elezioni, potrebbe portare alla ricerca dei colpevoli. Proprio per questo, tutte le dichiarazioni dei rappresentanti del governo, relative ai problemi economici e fatte negli ultimi mesi, possono essere ritenute una ripercussione di un unico desiderio: quello di coprirsi e di informare il pubblico sui propri meriti. Tale deduzione viene da sola. Così, l’asserzione di Gherman Gref circa l’impossibilità di aumentare le tariffe per i servizi comunali fino al 100% per motivi sociali, va interpretata come riluttanza del Ministro per lo sviluppo economico ed il commercio ad assumersi la responsabilità dell’inflazione. Poco prima, infatti, uno dei vice di Gref aveva praticamente accusato il Comitato statale per le statistiche di aver presentato calcoli sbagliati, in seguito ai quali sarebbero state tratte conclusioni erronee circa l’impennata dell’inflazione a gennaio. Intanto, si parla sempre meno della necessità di aumentare le tariffe per correggere gli sbilanci nell’economia: in effetti, ora che è chiaro che per le correzioni della scarsa efficienza si dovrà pagare con il rallentamento della crescita economica, tali dichiarazioni sono politicamente svantaggiose.
    Mentre il Ministero per lo sviluppo economico rinnega in tutti i modi la propria responsabilità ed indica come colpevoli gli altri, il Ministero della finanza invece mette tutti al corrente delle proprie realizzazioni. Così, la riduzione dei pagamenti dei debiti nel 2003 viene spacciata per un fatto sensazionale, sebbene per qualche motivo si taccia il fatto che in realtà il debito è stato ridotto di 5 miliardi di dollari. Può darsi che i dirigenti del Ministero della finanza si comportino così per riservare al secondo semestre una parte dei propri meriti, qualora le realizzazioni di prima fossero state per caso dimenticate.
    Anche Viktor Gerascenko non rimane in disparte: il calo delle riserve auree valutarie in novembre e dicembre del 2001 e la loro scarsa crescita ai primi dell’anno corrente, secondo i dirigenti della Banca Centrale (BC) dimostra gli effetti della liberalizzazione delle limitazioni export-import nel 2001. Se avessero dato retta ai rappresentanti della BC, lasciando intatta la vendita obbligatoria del 75% dei proventi d’esportazione, sarebbe stato possibile evitare anche il calo delle riserve. Nessuno però vuole menzionare i veri motivi della loro riduzione di 3 miliardi di dollari in novembre e in dicembre: i pagamenti al FMI e lo stanziamento dei depositi in valuta estera nelle due banche pubbliche. E’ possibile che tale campagna politica permetta a Gerascenko di tenersi per altri quattro anni il posto di direttore della BC.
    L’avvicinarsi delle elezioni costringe dunque i dirigenti a rinviare di nuovo a più tardi la soluzione dei problemi economici e a guadagnarsi invece punti politici. Mentre solo un anno fa pareva che con l’arrivo di Vladimir Putin al Cremlino tutto fosse determinato per altri otto anni (come minimo), e che ciò consentisse al governo di realizzare un’altra fase, forse l’ultima, di riforme strutturali politicamente svantaggiose, ora salta fuori che non è proprio così. Il Presidente non sembra esser disposto a perdere il suo elettorato, appoggiando la riforma socialmente conflittuale dei servizi comunali e il governo che non riesce ad invertire il rallentamento della crescita economica. E se il Presidente non è disposto a dare appoggio alle riforme, mica lo possiamo chiedere al governo, al quale nessuno ha garantito 8 anni al potere.

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