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Numero 3(94)
Putin è arrivato ad opporsi al regime putiniano
Le dichiarazioni del Presidente assomigliano molto a quelle dei suoi avversari


    Il messaggio del 25 aprile del Presidente all’Assemblea Federale ha messo in evidenza il principale progetto dell’attuale governo russo: presentare la situazione attuale come il naturale risultato dello sviluppo democratico del Paese. Principale obiettivo adesso è la trasformazione della Russia in “uno Stato libero e democratico”.
    Una simile constatazione implica che il Presidente ritiene l’attuale livello di sviluppo della libertà e della democrazia del tutto normale. In caso contrario parlerebbe di costruzione di uno Stato libero e democratico, non di sviluppo. Riferendosi anche agli anni ’90 ha parlato di “epidemia della disgregazione”, “gruppi oligarchici” impadronitisi del potere e simili.
    Contemporaneamente ha sottolineato come la Russia, per arrivare alla democrazia debba seguire una propria particolare strada. E sembra che su questa particolare strada l’attuale opposizione non abbia un bel niente da fare, in quanto, grazie alla legislazione elettorale tutte le vie legali per ottenere il potere sono sbarrate, e a tutti gli altri tentativi illegali di conseguirlo, il governo “nei termini della legalità reagirà duramente”, come ha proclamato solennemente il Presidente.
    Da alcuni passaggi “chiave” del leader russo si evince chiaramente come egli abbia cominciato a meditare sul suo posto nella storia della Russia. Dopo la frase introduttiva sulla necessità di uno Stato che si faccia garante delle pari opportunità e della giustizia sociale (frase che è suonata un po’ ironica, dopo le innumerevoli proteste e manifestazioni di piazza di centinaia di migliaia di persone contro la riforma mal concepita sulla monetizzazione delle agevolazioni), il Presidente ha dichiarato indispensabile una “politica orientata al futuro”; “uno Stato efficiente” dovrà essere componente essenziale di questa politica. Parlando della necessità di costruire tale Stato, Putin si è scagliato con fervore sulla burocrazia, la quale “intende il servizio statale come una specie di business”, e ha dichiarato indispensabile anche mettere ordine tra le schiere dei funzionari corrotti, sottolineando duramente come nei suoi piani non rientri il “lasciare il Paese nelle mani di una burocrazia corrotta e inefficiente”. Inoltre, alcune parole che hanno sentito pronunciare dal Presidente i rappresentanti dell’élite russa riunitisi al Cremlino nella sala della Croce di San Giorgio fino a poco tempo fa erano considerate prerogativa dell’opposizione liberale. Putin ha sottolineato in modo particolare che i mass-media non sono stati difesi dallo “zelo insano di singoli dirigenti”, mentre “la giusta lotta alla criminalità” (dietro al pudico eufemismo c’era il “caso YUKOS”) ha portato ad un gran numero di violazioni dei diritti degli imprenditori “da parte delle strutture statali”, fino alla palese estorsione. Il Presidente si è anche espresso in favore delle “amnistie sull’immigrazione”, che metterannno fine alle vergognose estorsioni di denaro agli immigrati clandestini da parte della polizia.
    Gli esperti danno due interpretazioni delle parole di Putin. Da una parte, si può trattare della classica, roboante trovata propagandistica simile a quella dello slogan sul raddoppiamento del PIL o a quella molto in voga nella scorsa stagione politica della lotta agli oligarchi. Uno slogan che può risultare efficace, tantopiù che incontrerebbe il favore della maggioranza della popolazione, che si scontra regolarmente con la corruzione dei funzionari e che potrebbe collaborare di propria iniziativa se percepisse il consenso delle autorità.
    Dall’altra, potrebbe effettivamente trattarsi di un complesso di provvedimenti disciplinari mirati alla prevenzione della definitiva decadenza dell’apparato statale, i cui rappresentanti negli ultimi tempi con il loro comportamento hanno passato i limiti della decenza. Ma in entrambi i casi ci si chiede fin dove sia pronto ad arrivare il Presidente nel suo fervore “anticorruzione”. Ci si limiterà a processi dimostrativi a persone appartenenti a gruppi lontani dall’entourage di Putin o si tratterà veramente di un risanamento in grande stile dell’apparato burocratico e delle forze dell’ordine? Esisterà comunque un qualche circolo di “intoccabili” o le autorità giudiziarie potranno liberamente inquisire per esempio altolocati ex-collaboratori dei Servizi di Sicurezza coinvolti in scandali sul contrabbando di mobili e altri simili personaggi?
    Un’altra “bomba” è stata quella della necesssità di attuare una politica di liberalizzazione dello spazio imprenditoriale, di liberalizzazione delle leggi regolamentanti l’accesso degli investitori stranieri e di limitazione dell’attività degli organi fiscali “terrorizzante l’imprenditoria”. In particolare, per rassicurare definitivamente gli imprenditori intimoriti dalle “estorsioni statali”, il Presidente ha dichiarato ancora una volta di essere intenzionato a ridurre il termine di prescrizione per i provvedimenti contro le violazioni fiscali inerenti le piccole transazioni a 10 a 3 anni. Vero è che, definendo “10 anni un periodo ingiustificatamente lungo, basandosi su modelli economico/giuridici generali” il Presidente ha preferito tacere sul fatto che proprio questo “lungo” termine di prescrizione ha permesso di “arpionare” la YUKOS.
    In ogni caso, che si tratti di una campagna propagandistica, o di intenzioni serie, con la sua dichiarazione Putin ha rivendicato per sé l’annovero nella categoria delle figure storiche dei grandi riformatori, di coloro che hanno investito grandi sforzi nella lotta alla corruzione e per la creazione di una macchina statale davvero efficiente. Ma sembra che tale macchina sia destinata a funzionare all’interno di una fortezza assediata, in quanto, accanto alle frasi fatte sul miglioramento della situazione in Cecenia c’è stato anche un riferimento al “lassismo” nella lotta contro “le aggressioni terroristiche” in Russia.
    E il fatto che Putin abbia detto che il messaggio di quest’anno e quello dell’anno scorso presentano “un’unico, comune programma d’azione per i prossimi dieci anni” fa venire in mente le voci sulla ferma intenzione del Presidente di mantenere il potere anche dopo il 2008, data di termine del mandato fissata dalla vigente Costituzione. Effettivamente, chi dovrebbe portare avanti il programma, se non il suo autore? Conferma questa tesi anche la parte del discorso riguardante l’ampliamento dei poteri dell’Assemblea Federale; in particolare, l’approvazione di una legge sulle inchieste parlamentari e l’assegnazione alle frazioni di pari diritti. E la proposta di candidare alla nomina di governatori solo i membri del partito vincitore delle elezioni del parlamento locale, contemporaneamente ad instaurare di fatto il monopolio del “partito di governo” per le cariche dirigenziali regionali, risulta la chiave per arrivare a modificare la legislazione delle elezioni presidenziali.
    E per aumentare il numero di elettori a lui personalmente grati il Presidente ha sottoposto a dura critica il governo e ha promesso di ottenere un sostanziale aumento degli stipendi statali, continuare la lotta alla tossicodipendenza e all’alcolismo, riformare l’istruzione e la sanità mantenendole accessibili alla maggioranza dei cittadini. Che l’inflazione svaluti questo denaro non sembra preoccupare molto il Presidente. L’importante è che i cittadini si ricordino del loro benefattore. Ad assumersi le responsabilità per i provvedimenti impopolari ci penserà il governo, alcuni ministri del quale, come ai bei vecchi tempi di Stalin hanno già fatto ammenda profondendosi in pubbliche auto-critiche.

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