Numero 3(94)
Caso Yukos: il finale è vicino?
Nonostante il finale del più grande intrigo di aprile, la fine del “caso Yukos”, sia stato inaspettatamente rinviato dal 27 aprile al 16 maggio, quasi tutti gli esperti sono concordi nel ritenere la sentenza di condanna e l’esito del caso ormai scontati.
E’ diventato definitivamente chiaro dopo che è stata emanata la sentenza di condanna per Aleksej Piciughin, l’agente del servizio di sicurezza della Yukos, che ora deve scontare 20 anni di reclusione. Il pubblico ministero per il caso della Yukos, Dimitrij Shokhin, ha chiesto al tribunale per Khodorkovskij e per Lebedev dieci anni di colonia di lavoro corretivo per ognuno. Quanto al terzo imputato, Krajnov, Shokhin ha chiesto al tribunale di condannarlo a cinque anni e mezzo di reclusione con la condizionale e un periodo di libertà vigilata di cinque anni.
È ovvio, poi, che la sentenza di condanna sia stata predeterminata al vertice dei vertici, perché poco fa Vladimir Putin, nell’intervista rilasciata al primo canale della TV israeliana, ha definito il comportamento degli azionisti della Yukos amorale, accusandoli praticamente di corruzione, e ha finito col sostenere che gli “oligarchi” che “violano le leggi” ambiscono ad una rivolta. In risposta, Leonid Nevzlin, oggi l’azionista n.1 della Yukos, ha accusato il Presidente di tenere due pesi e due misure, ricordando l’oligarca Roman Abramovich, “amico” del Cremlino, diventato famoso in tutto il mondo per i suoi acquisti da centinaia di milioni, come la società “Chelsea”. Abramovich godrebbe di particolare favore da parte delle autorità.
In parallelo alle udienze finali della corte, si determinavano anche le linee principali di condotta del potere russo da adottare nei confronti della compagnia caduta in disgrazia. La prima e la più importante linea dovrebbe essere quella mirata al sequestro degli attivi abbastanza notevoli che tuttora appartengono alla Yukos. La”Yuganskneftegaz”, ora controllata dalla “Rosneft”, una società pubblica, presenta ora istanze a carico della Yukos, chiedendo di risarcirle delle perdite da molti miliardi che avrebbe subito. E poi, i rappresentanti degli organi fiscali continuano ad addebitare penali e multe sempre nuove sia alla stessa Yukos, sia alle sue filiali.
Sembra che gli uomini del fisco ci abbiano preso gusto, ad attaccare gli imprenditori. Infatti, nonostante la dichiarazione rilasciata da Igor Shuvalov in base alla quale “il caso della Yukos” sarebbe “dimostrativo”, e che non dovrebbero più verificarsene, gli organi fiscali hanno già avanzato pretese nei confronti di alcune grosse aziende, comprese quelle da quasi un miliardo di dollari, legate alla società russo-britannica TNK-BP. Inoltre, circolano voci sulla revoca alla compagnia delle licenze per lo sfruttamento di alcuni giacimenti. Di conseguenza, il valore della TNK-BP si è ridotto di un miliardo di dollari, ed è insorta la minaccia di un crollo totale del mercato e una fuga di massa degli investitori. Per normalizzare la situazione è servito un incontro personale fra i dirigenti della società e Vladimir Putin, nonché una speciale dichiarazione da parte dello stesso Igor Shuvalov nella quale si nega nella maniera più assoluta una revoca della licenza. Ma il problema è che tali operazioni da parte degli organi fiscali potrebbero moltiplicarsi; e allora il panico che ne deriverà non potrà essere frenato da nessuno.
L’altra linea di condotta del Governo (quasi sicuramente destinata all’insuccesso) dovrebbe essere quella relativa all’ottenimento dell’estradizione di numerosi top- (e non solo top) managers della Yukos che oggi abitano in Occidente. Già oggi è lecito dire che tale politica è fallita, perché i tentativi della Procura generale di ottenere l’estradizione di alcuni impiegati della Yukos sono già stati respinti da una corte di Londra. Diversi partners di Khodorkovskij, Leonid Nevzlin, Vladimir Dubov, Mikhail Brudno abitano in Israele. Alla vigilia della visita di Vladimir Putin in questo Paese, accompagnata da una valanga di indiscrezioni su un eventuale “scambio” (i manager della Yukos in cambio di certi accordi politici), il primo ministro Ariel Sharon ha dichiarato che Israele non ha intenzione di lasciare estradare nessuno.
D’altra parte, anche la campagna propagandistica condotta dai partners di Khodorkovskij, come le minacce di presentare istanze a carico delle strutture che avevano comprato l’attivo più prezioso della società, il gruppo “Yuganskneftegaz”, per ora non creano particolari problemi alle autorità russe. I leader occidentali preferiscono non litigare con Putin per una “sciocchezza” del genere, mentre gli influenti intellettuali di sinistra non fanno che applaudire alla punizione degli odiati nuovi ricchi. È fallito anche il tentativo intrapreso da alcuni mebri di organizzazioni umanitarie russe di ottenere da Amnesty International il riconoscimento di Mikhail Khodorkovskij come “prigioniero della coscienza”. Proprio in Russia invece ha incontrato consensi presso diversi settori dell’opinione pubblica l’ultimo discorso di Khodorkovskij al processo, discorso in cui egli si è definito “un oligarca atipico”, per non aver costruito ville sfarzose e non aver comprato società calcistiche, impegnandosi invece nello sviluppo dell’istruzione pubblica; ha accusato “burocrati avidi di guadagni” di aver “saccheggiato la Yukos”, e ha rilevato come, dall’inizio del “caso della Yukos”, la fuga di capitali dal Paese sia aumentata di sei volte.
Per quanto riguarda le istanze giudiziarie, le loro prospettive sembrano assai vaghe, dopo che in febbraio la corte di Houston ha rifiutato di esaminare una di esse, dichiarandola fuori dalla sua competenza.
Quanto al rinvio dell’annuncio della sentenza a carico di Mikhail Khodorkovskij, Platon Lebedev e di Andrei Krainov, i motivi della procrastinazione possono essere i più svariati. Può darsi che, come ipotizza il padre dell’ex oligarca, Boris Khodorkovskij, con questo metodo si cerchi di far decrescere l’interesse della stampa e della società per il processo. Potrebbe essere vera anche l’ipotesi del deputato della Duma Iljukhin sul fatto che le autorità semplicemente non vogliano rovinarsi le feste dovendo rispondere a numerose domande scomode a proposito della condanna di Khodorkovskij.
È possibile che in questo momento il potere stia formulando una nuova serie di accuse contro Khodorkovskij e i suoi colleghi: lo dimostra la dichiarazione del 14 aprile dei rappresentanti della Procura Generale sulla comparsa di nuovi risvolti del “caso Piciughin”. L’ex agente del servizio di sicurezza della Yukos è accusato anche di aver organizzato ed intentato un omicidio su commissione di Leonid Nevzlin. Probabilmente, in tal modo – accusando gli ex dipendenti di Khodorkovskij – la Procura pensa di costringere al silenzio i difensori di Khodorkovskij e Nevzlin.
Ma è lecita anche un’interpretazione diversa di questa strana pausa. Potrebbero essere nate delle discussioni ai vertici governativi a proposito della sentenza più opportuna da emanare, discussoni tutt’ora aperte, mentre Vladimir Putin, nel suo messaggio all’Assemblea federale, ha invitato a richiamare capi e funzionari troppo zelanti, impegnati in un “racket amministrativo” che limita la libera iniziativa e la libertà d’espressione.
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