Numero 5(104)
Libano: le ragioni della guerra
– La guerra nel Libano che è durata un mese e si è conclusa il 14 agosto è già avvolta da una miriade di miti vari, sopratutto di carattere militare. Cerchiamo di analizzare una parte di questi e capire le ragioni che li hanno fatti nascere.
– Perché gettarsi nella battaglia per due soldati? Esistono due punti di vista per quanto riguarda le ragioni del conflitto. I paesi arabi, certi giornalisti di sinistra e politici da tutte le parti del mondo pronti a vedere congiure dappertutto dichiarano che la guerra è stata ispirata dagli USA con lo scopo di coinvolgerci la Siria e l’Iran, protettori del movimento islamico “Hezbollah” il quale era l’avversario degli israeliani; così gli USA penserebbero di ottenere le sanzioni dell’ONU per l’inizio delle azioni di guerra contro questa parte dell’ ”asse del male” (così George Bush battezzò un giorno alcuni regimi antiamericani in Eurasia) . Da parte loro gli israeliani e gli americani dicevano che l’invasione delle truppe israeliane nel Libano era stata provocata dal rapimento dagli “Hezbollah” di due soldati delle Forze Della Difesa Dell’Israele (TZAHAL) e l’omicidio di altri otto. Gli islamisti hanno chiesto lo scambio dei due soldati contro alcune centinaia di persone detenute nelle prigioni israeliane dove scontavano pene per aver commesso atti di terrorismo o aver collaborato alla preparazioni di questi. Probabilmente speravano di ripetere la combinazione di tre anni fa, quando quattro israeliani catturati dalla “Hezbollah” sono stati scambiati con 400 detenuti. Ma quello che poteva permettersi Ariel Sharon, l’eroe nazionale d’Israele, non e’ alla portata del suo successore Ehud Olmert che non possiede nessun carisma particolare. Per quest’ultimo l’unica soluzione possibile era una campagna militare. L’invasione era chiamata a dimostrare che gli israeliani smettono in generale ogni trattativa sullo scambio dei prigionieri contro i terroristi, tali trattative cominciate negli anni 1990 avevano assunto un carattere minaccioso.
– La “Hezbollah” è riuscita a vincere TZAHAL? Il mito più diffuso della “seconda libanese” è la dichiarazione che i distaccamenti della “Hezbollah” hanno agito con molto successo, hanno fatto prova di coraggio di disciplina in battaglia e hanno, per così dire, ottenuto la vittoria sulle truppe di TZAHAL. Tale dichiarazione è sostenuta da un fatto solo – le dichiarazioni dei capi della stessa “Hezbollah” che ripeteva senza sosta che i suoi guerriglieri “mantengono posizioni lì dove in un attimo erano caduti eserciti più forti” e che i danni causati alle infrastrutture della “Hezbollah” sono di poca importanza.
Ma bisogna tener presente che il leader dell’organizzazione, lo sceicco Hassan Nasrallah ed i giornalisti che dipendono da lui sono direttamente interessati a tale tipo di dichiarazioni in quanto, proprio esse, aiutano a mantenere l’immagine di questa organizzazione come forza invincibile. Se invece consideriamo la situazione reale durante questa guerra possiamo dire che la sconfitta non è stata quella di TZAHAL, ma del concetto della “guerra a distanza” o di “operazioni senza contatto” che viene intensamento introdotto dagli USA. Questo concetto che ha già dimostrato la sua inconsistenza in Afganistan ed in Irak (nel primo caso la vittoria fu ottenuta “comprando” i comandanti dei guerriglieri del livello inferiore e medio, nel secondo caso - dei generali di Saddam Hussein) si è definitivamente messo in discredito durante la campagna libanese. I miliziani semplicemente si nascondevano dai soldati delle forze speciali israeliani e “riemergevano” dopo la loro partenza. Molto più efficace dei semplici bombardamenti e del “lavoro” dei gruppi delle forze speciali è risultata l’offensiva di massa degli israeliani gli ultimi giorni prima del cessate il fuoco, quando hanno praticamente “pulito” tutto il territorio controllato da Hezbollah. La pulizia definitiva dai guerriglieri in queste condizioni era solo una questione di tempo, così come per l’esercito russo in Cecenia.
Per quanto riguarda la strategia stessa della “Hezbollah” , cioè di agire con piccoli gruppi, questa è risultata efficace solo durante i “colpi senza contatto” di Israele. Dei 4000 razzi che gli islamisti hanno lanciato contro il territorio israeliano la maggior parte di questi non ha causato nessun danno. Come veniva valutato il pericolo dell’invasione in realtà illustra un fatto poco messo in scarsa evidenza: lo sceicco Hassan Nasrallah ha preferito rifugiarsi ed aspettare la fine della guerra a Damasco, capitale della Siria, invece di rimanere insieme con i suoi miliziani (osserviamo che tutti i leader dei separatisti ceceni spesso paragonati ai miliziani di “Hezbollah” fino all’ultimo momento della loro vita rimasero “nei boschi”). Oggi si può anche dire che la popolazione del sud libanese teatro della guerra, dopo un primo momento di euforia, forse anche alimentata artificialmente, è improbabile che abbia voglia un’ altra volta, di esporsi alle pallottole ed ai bombardamenti, partecipando ad un gioco di cui conoscono i risultati.
– «Gli ebrei sono cattivi soldati…» Questa frase è stata pronunciata da Stalin durante la Grande guerra, mentre parlava dei soldati ebrei dell’esercito polacco che si stava organizzando sul territorio sovietico.
Le dichiarazioni sull’eroismo dei miliziani della “Hezbollah” sottintendevano che lo spirito combattivo dei loro avversari, i soldati israeliani, era molto meno alto.
Ma i dati ufficiali sulle perdite delle parti dimostrano altro. In 34 giorni di guerra l’Israele ha perso (comprese le perdite del “fuoco amico”) 118 persone, mentre la “Hezbollah” secondo le valutazioni più modeste a lasciato sul campo circa 500 miliziani. Bisognerebbe sottolineare che tale rapporto è stato ottenuto in condizioni di offensiva israeliana, mentre gli islamisti erano in difensiva (di solito in questi casi il rapporto è inverso) .
Ma certo che l’esercito israeliano aveva fatto la guerra sul serio quasi un quarto di secolo prima, e così è rimasto poco elaborato un lato importante della vita dell’esercito, cioè il rifornimento. Le strade libanesi malmesse e gli agguati dei miliziani, ai quali non avevano pensato al Quartiere generale hanno fatto sì che alcuni distaccamenti di soldati non ricevesseroviveri per alcuni giorni di seguito e che se li dovevano procurare nei villaggi intorno. Una parte dei soldati ha ricevuto armi non complete, mancavano i giubotti antiproiettili ecc. Inoltre gli ufficiali del Quartiere generale, secondo alcune informazioni, hanno preparato il progetto dell’offensiva senza prendere in considerazione le condizioni reali del terreno, come in quei progetti di triste fama di cui è stato detto : “tutto liscio sulla carta, ma i burroni sono stati dimenticati, però bisogna camminarci”
Il fatto che, trovandosi in tali condizioni, i soldati, molti di cui riservisti chiamati nell’esercito due-tre giorni prima dell’inizio della guerra, hanno potuto portare considerevoli danni alla “Hezbollah” è solo testimonianza delle loro capacità combattive molto alte.
– Salvare il soldato Olmert. Un altro mito molto diffuso nei mass-media è che la risoluzione dell’ONU sulla cessazione del fuoco ha salvato Israele da una sconfitta militare e percio’ è stata accolta con gioia dai politici israeliani. Ma, e l’abbiamo già visto, parlare di una sconfitta degli israeliani o di uno spirito combattivo basso dei soldati è difficile, anzi, impossibile.
Le ragioni per le quali Israele ha accettato la risoluzione dell’ONU sulla cessazione del fuoco sono di un tutt’altra natura.
La principale fu formulata ancora da Napoleone che osservò che per fare la guerra occorrevano tre cose “soldi, soldi e ancora una volta soldi”. E i soldi veramente mancavano a Israele. La vita attiva paralizzata al Nord del paese a causa di continui cannoneggiamenti ha provocato un calo dell’attività negli affari e la non completa riscossione delle imposte. A ciò si deve aggiungere le spese proprie di guerra e i mezzi stanziati per sistemare nel centro del paese i profugi del Nord (anche se una grande parte di loro è stata accolta da abitanti del centro, amici e persone sconosciute) in tutto, secondo alcuni calcoli, circa 9 milliardi di dollari. E, come risultato, un buco importante nel budget, che poteva assummere dimensioni immense nel caso in cui la guerra continuasse.
In tali condizioni il non-rispetto della risoluzione dell’ONU non poteva portare che alla chiusura della maggior parte dei mercati dove venivano vendute le merci israeliane, alla diminuzione dei flussi turistici ed al completo collasso economico.
La malleabilita’ di Israele è dovuta in grande misura alla pressione degli USA. George Bush si trova alla vigilia di una nuova campagna elettorale dove la politica estera rimarra uno dei soggetti principali, e cerca di fare il massimo possibile per stabilire al Prossimo Oriente un qualcosa che assomigli alla pace e di presentare questa come una sua vittoria. Altri grandi poteri che hanno propri interessi (sopratutto petrolieri) in questa zona anche cercano di fare amicizia con i regimi musulmani.
– Il fronte di informazione. Da dove allora tutto il mondo e prima di tutto gli israeliani stessi hanno avuto questa sensazione della guerra perduta? (conformemente all’indagine sociologica del giornale “Globs”, il 58% degli israeliani condiserano che durante i 34 giorni della campagna libanese Israele è riuscito a conseguire il risultato desiderato solo parzialmente o non ci è riuscito affatto. Solo il 3% degli intervistati hanno detto che le mete della campagna sono state conseguite in grande misura o completamente) . Sono stati i mass-media a creare questa impressione. Da una parte tutti i reportage dal Libano venivano strettamente controllati da “Hezbollah”, ed era il canale televisivo Al-Manar a fornire le informazioni principali sulle perdite degli israeliani e sui “crimini di guerra” che questi avrebbero commesso, ai mass’media internazionali. Gli israeliani purtroppo non hanno potuto organizzare un lavoro così preciso del loro servizio di informazione ed hanno praticamente chiuso ai giornalisti l’accesso alla zona delle operazioni militari. Di conseguenza, la maggior parte dei giornali e dei canali televisivi, compresi quelli israeliani, erano costretti ad usare l’informazione e l’”immagine” di “Hezbollah” invece delle comunicazioni secche del servizio stampa del TZAHAL. Così agli occhi della comunità mondiale l’Israele è apparso come aggressore ed il Libano come vittima. Avendo perso la guerra d’informazione gli israeliani, come i russi della metà degli anni 1990, si sono sentiti vinti quando la situazione reale sul “fronte settentrionale” si metteva piuttosto al loro favore.
– Che cosa dopo? La cessazione del fuoco non significa che le truppe israeliane saranno momentaneamente ritirate dal Libano. Il governo di Olmert ha già dichiarato che questo non sarebbe stato fatto prima che nel paese non fosse schierato a piena scala il contingente di pace di 15000 soldati destinato a creare una zona cuscinetto nel Libano del Sud. Che gli israeliani non rimarranno a braccia conserte e’ già provato dall’incursione dei commandos di TZAHAL a Baalbek dove è stato distrutto un lotto di armi , mandati alla “Hezbollah” per rinfornire i suoi arsenali impoveriti durante il conflitto. La Segreteria del primo ministro ha già dichiarato che Israele avrebbe ricominciato azioni di guerra se la Hezbollah non dovesse attenersi alle richieste della risoluzione 1701 del CS dell’ONU e non si disarmasse. Una nuova guerra sicuramente non si farà aspettare.
Gli israeliani si fermeranno quest volta sul fiume Litania o, come nel 1982, arriveranno a Beirut?
|