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Numero 5(69)
Raccomandazioni dall’ FMI

    Il 2 aprile scorso si è saputo che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha raccomandato alla Banca Centrale e al Governo Russo di non cercare di prendere due piccioni con una fava, impegnandosi a ridurre l’inflazione nonostante il rafforzamento del rublo. Per quattro anni dopo la svalutazione del rublo nel 1998 la Banca Centrale aveva cercato di risolvere in un colpo solo due problemi, combattendo l’inflazione e non permettendo alla valuta nazionale di rafforzarsi più di tanto. “Ma sarà evidentemente sempre più difficile conseguire questi risultati favorevoli”, ha sostenuto John Odling-Smee, il direttore del II dipartimento della Divisione Europea del FMI. Il tentativo di limitare la crescita del cambio reale del rublo “può comportare un livello d’inflazione più alto del previsto”, ha osservato Odling-Smee, ricordando che negli ultimi anni, i tassi d’inflazione sono stati sempre superiori a quelli programmati dalle autorità finanziarie.
    Il signor Odling-Smee rileva che la crescita del tasso di cambio reale del rublo in Russia è inevitabile: i prezzi delle merci esportate sono alti, l’afflusso dei capitali nel Paese sta aumentando, mentre il deflusso dei capitali si sta riducendo. Inoltre, aumenta in continuazione la produttività del lavoro e stanno crescendo i redditi della popolazione, diventano più costose le merci che non possono essere sostituite dalle importazioni (gas, energia elettrica, servizi comunali). E’ inutile lottare contro il rincaro del rublo in questa situazione, e la BC, secondo il FMI, deve impegnarsi a ridurre l’inflazione. Già in quest’anno, secondo Odling-Smee, è possibile mantenere l’inflazione al di sotto del 10%.
    Nel febbraio di quest’ anno Serghei Ignatiev, il presidente della Banca Centrale Russa, ha detto che l’anno scorso la Banca aveva “esagerato” nella lotta per il rafforzamento del rublo, mentre quest’anno il cambio effettivo del rublo aumenterà del 4%-6%. Il timone della politica della Banca Centrale avrebbe potuto cambiare direzione in seguito alla promessa fatta dal signor Ignatiev al Presidente Putin di non lasciare che l’inflazione superi il 12% nell’anno che precedera’ le elezioni presidenziali.
    Secondo il FMI, l’inflazione sarebbe un male assai peggiore rispetto al rafforzamento della valuta: i prezzi instabili ostacolano le scelte inflazionistiche, comportano sproporzioni fiscali (i tassi di crescita in diversi settori sono molto diversi) e diventano “uno spiraglio che si svolge da solo”: in conseguenza della crescita continua dei prezzi nell’economia si mantengono alte le aspettative inflazionistiche.
    Il presidente della Banca ha rilevato che i prezzi sono cresciuti del 5,1% (il punto di rriferimento annuo è il 12%). Il tasso di cambio reale del rublo rispetto al paniere valutario, considerato il commercio estero a gennaio e febbraio, non è cambiato, e in marzo, secondo le stime preliminari, è cresciuto dell’1,4%. Il punto di riferimento annuo è il 4% - 6%.
    Ma il Governo non è assolutamente d’accordo con il consiglio del FMI. “Se si limita solo ai libri di testo, è una politica giusta”, ha affermato Arkadij Dvorkovich, il viceministro per lo sviluppo economico. “Ma in una situazione reale, l’impennata del rublo avrà effetti estremamente negativi per la crescita economica”. Secondo Dvorkovich, non sarebbe ragionevole abbassare l’inflazione ad ogni costo, mentre la politica della Banca Centrale dovrebbe consistere nel “ritrovamento di un equilibrio tra entrambi obiettivi: quello di abbassare l’inflazione e quello di rallentare la crescita del rublo”.
    Il Ministero delle Finanze è della stessa opinione. “Sarebbe stato molto semplice far aumentare bruscamente il tasso di cambio del rublo”, rileva Anton Siluanov, il direttore del dipartimento della politica macroeconomica, “ma bisogna tener conto dell’effetto che potrà avere tale situazione sull’economia”. Entrambi i funzionari ritengono indesiderabile un aumento “incontrollato” delle importazioni, che potrebbe comportare un acutizzarsi della concorrenza sul mercato interno.
    E l’ex ministro dell’economia Evgheni Jassin è invece d’accordo con il FMI: “Gli obiettivi della politica monetaria a volte cominciano a contraddirsi da soli, e allora è più importante gestire l’inflazione”. Ancora più radicale è l’atteggiamento di Marek Dombrovski del Centro Studi Economico-Sociali (CASE) di Varsavia, che ha analizzato le alternative della politica monetaria in Russia: “La Banca Centrale deve fare una scelta: o gestire l’inflazione e lasciar libero il tasso di cambio, oppure fissarlo, rinunciando ad una politica monetaria autonoma”.

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