Numero 5(69)
Selte difficili per Kassianov Nel Governo inizia una turbolenza
Pare che il Governo Russo, che era stato stabile negli ultimi 3 anni, stia entrando in una zona di turbolenza: qualche mese fa sono già stati effettuati dei rimpasti tra i responsabili della difesa e della sicurezza pubblica e statale, e ora si delineano sintomi di modifiche imminenti per i loro colleghi impegnati nell’economia.
Il primo segnale di tensione è stato visibile dai contrasti evidenziatisi durante la discussione della politica fiscale per il 2004. Va ricordato che in febbraio e marzo Mikhail Kassianov ha assalito con dure critiche il Ministero delle Finanze, il quale si era dimostrato incapace di proporre un programma chiaro ed attendibile di riforma fiscale per il periodo successivo alle elezioni. Il premier ha detto in particolare che le proposte di politica fiscale presentate dal Ministero delle Finanze non c’ entrano niente con la riforma, non essendo che delle idee isolate che mal rispondono agli obiettivi posti in precedenza. Lo sdegno del primo ministro è ben comprensibile. Il Presidente non sarà evidentemente d’accordo ad accettare il bilancio in deficit, anche se il fondo di riserva attualmente ammonta a 8 miliardi di dollari. Vale a dire che qualsiasi proposta basata su di una riduzione delle tasse deve implicare una diminuzione della spesa pubblica, o in alternativa quantomeno prevedere un aumento della tassazione dei settori più benestanti, cioè delle compagnie petrolifere. Il Ministero delle Finanze finora non ha proposto niente del genere, lasciando manifestamente la scelta difficile al capo del Governo.
Lo scontento dei massimi dirigenti è suscitato ora anche dal comportamento del Ministero per lo Sviluppo Economico. Secondo alcune indiscrezioni, la recente discussione sulla riforma del gruppo “Gazprom” avrebbe originato un conflitto assai duro tra Gherman Gref e Aleksei Miller: le contraddzioni tra i due esponenti del Governo sarebbero talmente insolubili che il conflitto potrebbe sfociare nelle dimissioni di uno dei due. Uno degli ostacoli più difficili da superare, nella riforma del settore del gas, è la questione dell’accesso dei petrolieri al gasdotto. Si sa, infatti, che il gas associato che oggi viene semplicemente bruciato dalle aziende petrolifere come scarto di lavorazione, potrebbe essere venduto, se si avesse accesso al gasdotto. Ma ciò che va bene per i petrolieri non va assolutamente bene per il Gazprom. L’aumento dell’ offerta interna del gas comporterebbe una riduzione dei prezzi sul mercato interno e ridurrebbe i redditi già bassi del Gasprom, ricavati dalle forniture realizzate all’interno del Paese. Inoltre, non va dimenticato che il gasdotto è stato costruito con i soldi del Gazprom, e il gruppo ritiene a ragione che sia giusto far pagare ai petrolieri un costo alto di trasporto. Evidentemente in questo momento la situazione è arrivata a un punto morto: Gherman Gref, Ministro per lo Sviluppo Economico, non crede che sia possibile riformare il settore del gas senza liberalizzare l’accesso al gasdotto, mentre per il signor Miller, il presidente del Gazprom, la riforma del gruppo implica l’ottimizzazione della sua struttura interna, ma non può sfociare in una significativa trasformazione del suo business. Secondo voci ricorrenti, Gherman Gref negli ultimi tempi quasi non si fa più vedere in pubblico, saltando anche riunioni di consiglio di importanti aziende pubbliche, nelle quali presenta gli interessi dello Stato. Quindi, se si tratta delle dimissioni, non saranno certamente quelle di Miller.
La debolezza della posizione di Gref è testimoniata anche dalla recente dura dichiarazione fatta da Mikhail Kassianov nei confronti di Mikhail Dmitriev, uno dei vice di Gref. Il viceministro ha avuto un avviso ufficiale di “insufficienza di mansioni”, dopo che aveva fatto dei commenti sulla riforma pensionistica in termini tali da contraddire le posizione del Governo. Dopo un po’ di tempo sulla stampa sono comparse informazioni secondo le quali il premier sarebbe disposto ad approvare un radicale progetto di legge di riforma delle pensioni, tale da dare alle aziende di gestione patrimoniale la possibilità di disporre largamente dei soldi delle pensioni. Va ricordato, a questo proposito, che prima il Fondo Statale delle Pensioni de sempre insiste sulla monopolizzazione di questo processo, raccomandando ora di istituire una Corporazione Statale, ora di affidare i fondi pensionistici alla gestione della Vneshekonombank. I documenti peraltro non sono ancora firmati, ma è assolutamente chiaro che lo schieramento riformistico nel governo ha assunto una posizione dura. Il premier ha due alternative, ognuna delle quali è per lui negativa. Nella prima ipotesi deve fare delle concessioni a Gref, e allora dovrà affontare la resistenza dei monopolisti: del Gazprom e del Fondo pensioni. Nella seconda ipotesi, permetterà ai monopolisti di far valere i loro interessi, e allora le riforme quasi sicuramente rallenteranno di molto, i tassi di crescita economica si ridurranno, e ne saranno accusati proprio quelli che avevano iniziato le riforme. In entrambi casi, la situazione del premier appare abbastanza precaria, ma l’ultima parola, come sempre, è riservata al Presidente. Non sembra che prossimamente si debbano avere nuove dimissioni: alla vigilia delle elezioni politiche Putin non vorrà agitare il pubblico con un cambiamento di Governo. Ma la formazione della nuova Duma potrebbe concedere un buon pretesto per effettuare rimpasti radicali nell’esecutivo.
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