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Numero 6(70)
“I sogni” nel teatro di Elena Kamburova

    Il regista Ivan Popovski, diventato famoso dopo aver messo in scena alcuni spettacoli nell’atelier teatrale di Petr Fomenko (“Avventura”, “Piccolo spettacolo popolare”, “Tunica avvelenata”), ha messo in scena sul palco del Teatro della Musica e Poesia, diretto da Elena Kamburova, lo spettacolo “P.S. Sogni...”. Piu’ che uno spettacolo è un’”installazione musicale”, mentre gli stessi autori della messinscena, l’hanno definito “concerto-fantasia”.
    Lo spettacolo è imperniato su 16 canzoni di Schumann e di Schubert. L’azione non e’ però incentrata sul principio “l’ attore ha cantato, il pubblico ha applaudito”, come succede in un qualsiasi spettacolo lirico o al conservatorio. Lo spettacolo ha un tessuto compatto, indissolubile, l’azione è congegnata in modo così fine che i passaggi da una canzone all’altra non sono percepibili. Si guarda ciò che succede sul palco, trattenendo il fiato, temendo che se si ricomincia a respirare, tutto finira’ in un attimo.
    Su un piccolo palco improvvisato stanno cinque musicisti: un tastierista, un percussionista, due chitarristi e un flauto. La trascrizione perfetta non sminuisce per niente le qualità di opere originali, anche se è lontana dall’interpretazione classica. Gli arrangiatori Oleg Sinkin e Aleksandr Marcenko hanno fatto una parafrasi jazz delle famose opere di Schumann e di Schubert, riuscendo ad ottenere una versione singolare e avente valore in sé.
    Ma la cosa più importante nello spettacolo è il canto. Le cantanti Elena Veremeenko, Irina Evdokimova, Anna Komova ed Elena Pronina sembrano sirene, chiamate ad attirare un viaggiatore stanco con le loro voci divine.
    Non è possibile vedere altrove a Mosca una regia così raffinata e portata all’ estetica. Il teatro di Popovski è un teatro con la mentalità europea, nel quale non esistono un superfluo psicologismo ed un’ analisi dei propri sentimenti, elementi propri al teatro russo. E’ un ideale di teatro sincretico, in cui tutti gli elementi sono legati tra di loro e si compenetrano vicendevolmente. Le parole fanno eco alla musica, la musica fa eco alle parole, i gesti alle luci, le luci alla musica... il tutto all’infinito. E’ il modo in cui Popovski dirige i movimenti degli attori e la luce (con quelle scarse possibilità che gli offre lo spazio scenico), può servire da modello per molti registi.

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