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Numero 14(78)
Khodorkovskigate

    Pare che il contrasto nell’entourage del Presidente, tra il cosiddetto “gruppo delle forze dell’ordine” e Mikhail Khodorkovski, presidente della holding petrolifera Yukos sia giunto all’ultima fase.
    Dai primi di ottobre, le perquisizioni, effettuate presso diverse strutture appartenenti alla compagnia, sono aumentate. Il 17 ottobre anche Vassili Sciakhnovski, presidente della società “YUKOS-Mosca”, è entrato nella lista degli accusati: la Procura generale l’ha costretto all’obbligo di dimora. E’ accusato di avere evaso le tasse, negli anni 1998-2000, per un importo di circa un milione di dollari. Sono circolate le voci secondo le quali Leonid Nevzlin, braccio destro di Khodorkovski, che ora riveste anche la carica di rettore dell’Università statale di studi umanistici (RGGU), avrebbe richiesto il passaporto israeliano, e non avrebbe intenzione di tornare in Russia. Queste voci del resto sono state smentite dallo stesso Nevzlin. Sono stati convocati per un interrogatorio anche Anton Drel, l’avvocato di Khodorkovski, e Ioann, sacerdote, padre spirituale di Aleksei Piciughin, agente del Servizio di sicurezza della YUKOS, accusato di assassinio. Tuttavia, l’Albo degli avvocati di Mosca ha vietato al primo dei due di comparire all’interrogatorio, mentre alcuni esponenti altolocati della Chiesa Ortodossa hanno espresso il proprio scontento per la citazione mandata al prete, ricordando del segreto della confessione. Sono stati perquisiti il business-centre del gruppo a Zhukovka, nei pressi di Mosca, gli uffici dell’avvocato Anton Drel e di Aleksei Piciughin, le sedi della banca “Menatep-SPb” e dell’“Agenzia di comunicazioni strategiche”. Quest’agenzia di consulenze, a proposito, aveva a che fare non tanto con la YUKOS, quanto con il partito “Yabloko”, finanziato dalla società petrolifera. Il business della YUKOS poi ha richiamato l’attenzione del Ministero delle risorse naturali, il quale ha dichiarato di voler controllare tutta l’attività della compagnia.
    Dall’inizio di ottobre, i rappresentanti della Procura generale hanno anche cercato di distruggere l’immagine della “compagnia russa più trasparente” e hanno accennato ai guai che potevano incombere presto al sig. Khodorkovski in persona.
    Va rilevato peraltro che gli imprenditori non se ne stanno con le mani in mano. Il servizio stampa della Yukos e lo stesso Khodorkovski si sono sforzati di respingere le accuse della Procura generale e di mettere i loro avversari in cattiva luce. Il 20 ottobre, Mikhail Khodorkovski, mediante il suo avvocato, ha espresso il desiderio di presentarsi alla Procura per rispondeere a tutte le domande dei magistrati. Ha anche detto espressamente di non avere intenzione di diventare un emigrato politico, abbandonando la propria impresa in Russia, e ha accusato i procuratori di incompetenza.
    Quest’inasprimento della situazione è sfociato nell’arresto di Mikhail Khodorkovski, avvenuto il 25 ottobre a Novosibirsk, dietro l’accusa di aver evitato... la comparizione all’interrogatorio. L’oligarca è stato subito portato a Mosca, dove gli è stata mossa un’accusa su alcuni articoli del Codice penale, mentre il Tribunale “Basmannyi” della capitale, tacciato da molti di servilismo, ha immediatamente sancito la sua reclusione, entro il 30 dicembre, presso il carcere preventivo “Matrosskaia tiscina”.
    L’arresto di Khodorkovski ha subito suscitato una bufera politica. I partiti liberali “Yabloko” e SPS (Unione delle forze di destra) hanno pubblicato una dichiarazione congiunta, in merito alla cattura di Mikhail Khodorkovski. “Le dimensioni della vicenda, indipendentemente dalle intenzioni degli organi tutori della legge, cambiano in peggio la situazione politica nel Paese, e mettono in forse la solidita’ dell’ordinamento costituzionale in Russia”, dice il documento. I partiti si augurano che le azioni della Procura generale “non siano dovute ad una scelta politica di alcuni, che l’accrescimento della crisi politica sia arrestato, e che la situazione si chiarisca al piu’ presto”. I firmatari della dichiarazione insistono sul “rispetto incondizionato della legalità nei confronti di tutte le persone coinvolte nelle cause intentate dalla Procura”. Secondo Boris Nemtsov e Grigori Yavlinski, sarebbe necessario un incontro tra i leader dei gruppi parlamentari della Duma di Stato con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
    Anche gli imprenditori russi delle grandi, medie e piccole imprese, hanno firmato una dichiarazione dove si rileva che l’escalation delle attività del potere e degli organi di pubblica sicurezza nei confronti del mondo degli affari ha peggiorato notevolmente il clima sociale: “è compromessa la fiducia nutrita dall’impresa verso il potere, e di fatto si è interrotto il loro dialogo”. Il mondo russo degli affari non si fida del sistema di tutela della legge e dei suoi dirigenti; in seguito alle loro azioni le società sono costrette a rivedere le proprie strategie di investimento, rinunciando a progetti importanti per il Paese. I gravi errori del potere, secondo gli imprenditori, avrebbero rigettato la Russia nella situazione di qualche anno fa, e hanno reso irreversibile il peggioramento del clima economico nel Paese.
    La reazione di Putin ha confermato peraltro le peggiori previsioni dei sostenitori della YUKOS. Il Presidente ha deciso di non intervenire nel conflitto. Ha rifiutato di incontrarsi con i rapresentanti della comunità imprenditoriale e con i politici, ed ha chiesto loro di non gonfiare l’isteria. “Incontri con rappresentanti dei partiti politici, con la dirigenza di associazioni dei datori di lavoro, con l’associazione sindacale, con singoli imprenditori, si svolgono regolarmente, su base sistematica, sono necessari, utili, e li continueremo anche in futuro”, ha detto il Presidente. “Ma non ci sarà nessun incontro, nessun baratto sulle attività degli organi di pubblica sicurezza (se, certamente, questi organi avranno agito nel rispetto della legge russa). “Tutti devono essere uguali di fronte alla legge”, ha ribadito Putin. Al Governo ha raccomandato di non “farsi coinvolgere” nelle discussioni attorno alla YUKOS.
    Putin ha aggiunto che secondo lui il tribunale ha avuto dei motivi per arrestare Khodorkovski. In questo modo, si è lasciato una libertà di manovra. L’arresto di Khodorkovski e le dichiarazioni di Putin hanno sucitato il panico nel mercato, in seguito al quale le azioni russe sono calate di prezzo di 17 miliardi di dollari. Qualcuno si è messo a parlare addirittura di un replay della situazione del 1998, quando, in seguito alla crisi finanziaria, la Russia ha perso per molto tempo lo status di Paese attraente per gli investimenti. Il Presidente, del resto, ha cercato di calmare l’imprenditoria, dicendo che il caso della YUKOS non avrebbe provocato una revisione dei risultati della privatizzazione.
    I portavoce della Yukos hanno definito assurde tutte le accuse, avanzate dalla Procura generale a carico di Mikhail Khodorkovski. “La compagnia ritiene umiliante per tutto il sistema russo, impegnato a rispettare la legge, la violenza brutale commessa nei confronti del dirigente di una delle aziende petroliere più importanti del mondo. Non dubitando della vittoria finale della giustizia, la NK YUKOS è comunque sicura della motivazione politica dell’istruttoria”, diceva il comunicato stampa dei petrolieri.
    L’ultima mossa della Procura generale è stata dovuta anche ad un altro motivo: non sono rimasti altri mezzi di pressione nei confronti della compagnia, mentre il Presidente Vladimir Putin avrà richiesto ai suoi dipendenti di presentargli i risultati della loro attività frenetica. Inoltre, il premier Mikhail Kassianov ha affermato che gli attacchi contro la compagnia non devono ostacolare l’ efficienza del suo funzionamento. Le puntate sono diventate troppo grosse. Sullo sfondo delle voci in merito al rinnovamento radicale dell’élite dopo le elezioni politiche e presidenziali, molti fra quelli che oggi fanno parte del gruppo di “forze dell’ordine” nell’entourage del Presidente, si sono sentiti a disagio. Essi cercano di riacquistare la fiducia ad ogni prezzo, o almeno di crearsi un posticino sicuro di riserva.

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