Numero 16(80)
SADDAM COLLABORA?
Il 14 dicembre nel mondo si è diffusa una notizia sensazionale: le truppe americane sono riuscite a imprigionare Saddam Hussein. L’ex dittatore è stato catturato nella sua città natale di Tikrit. Durante l’arresto non ha opposto alcuna resistenza, ma, per ogni eventualità, è stato trasportato prima a Baghdad e dopo in Qatar, dove è collocato lo stato maggiore del Comando centrale degli USA. Si presume che l’anno prossimo inizierà un processo giudiziario a carico di Saddam Hussein, che si terrà in Iraq e sarà svolto dagli stessi iracheni. Quanto tempo durerà e come finirà per ora non è chiaro.
Il Presidente degli USA George Bush si è affrettato ad utilizzare al massimo il successo inatteso. Alla conferenza stampa organizzata appositamente ha sottolineato che gli USA avrebbero cercato di provvedere allo svolgimento di un processo rispondente alle norme del diritto internazionale, e ha affermato che secondo lui la resistenza in Iraq aveva perso il suo asse centrale. Inoltre i telecanali americani hanno fatto vedere le folle gioiose di abitanti di Baghdad e hanno cominicato che si pensa di poter rendere festivo il giorno dell’imprigionamento di Saddam, di dichiararlo cioè il Giorno dell’indipendenza dell’Iraq.
La realtà, tuttavia, è assai diversa dalle previsioni del Presidente statunitense. Non si capisce bene che effetto possa avere l’arresto di Hussein sullo sviluppo della situazione irachena. Secondo alcune informazioni in pratica egli non ha controllato la maggior parte dei militanti della resistenza irachena, cosicché il suo arresto non potrà aiutare gli americani a colpire le basi dei partigiani. Ma gli islamisti iracheni e non solo iracheni hanno avuto nell’ex dittatore arrestato un’immagine di martire che li aiuterà a mobilitare nuovi sostenitori. Le prime notizie dall’Iraq, infatti, confermano che Saddam, che capisce bene di non poter ottenere pietà da nessuno, ha già assunto l’immagine del martire, e rifiuta di collaborare con i giudici istruttori. Sembra peraltro che gli Usa, inebriati da questo colpo di fortuna, intanto, pensino di trattenersi in Iraq per molto tempo, avendo dimenticato tutte le lezioni avute dal loro esercito in Vietnam e dall’esercito sovietico in Afganistan e in Cecenia. La resistenza irachena, che inizialmente veniva stimata come insignificante, verso fine novembre ha fatto capire definivamente di essere abbastanza forte. Appoggiandosi sul supporto di diversi gruppi islamici, attaccano ogni giorno truppe americane e non solo, si lanciano con le autobombe contro i loro accampamenti, abbattono gli elicotteri. Il numero di soldati americani morti in “tempo di pace” fra poco può superare le 500 persone, il che difficilmente potrà essere perdonato a Bush dai suoi elettori. E’ vero che l’indice di gradimento del Presidente è aumentato dopo che Bush aveva visitato Baghdad nel Giorno del Ringraziamento e in seguito all’arresto di Saddam. Ma se continueranno ad arrivarne soltanto bare, non gli saranno utili anche queste prodezze. Non muoiono solo americani, ma anche italiani, giapponesi e certamente gli iracheni che collaborano con il regime di occupazione. Se andrà avanti così, fra poco in Iraq non rimarrà nessuno che voglia deliberatamente lavorare negli organi amministrativi o come poliziotto. Il numero di Paesi che vogliono mandare le loro truppe in Iraq viene sempre meno. Così, a novembre ha rinunciato la Turchia. La Corea del Sud ha ridotto in modo notevole il suo contingente. Cercando di combattere i partigiani, gli americani hanno ripetuto quasi alla lettera le azioni delle truppe russe a Grozny nel 1995, bombardando singoli quartieri di Baghdad, “controllata” da essi. Nel contempo gli USA non invitano i rappresentanti dei clan locali auterovoli a partecipare all’amministrazione politica, il che, come ha dimostrato l’ esperienza cecena della Russia, aiuta a stabilizzare la situazione almeno un po’. E una volta catturato Saddam e quindi eliminato il rischio di un suo ritorno al potere, contro gli americani potrebbero schierarsi gli sciiti dell’Iraq meridionale, i quali già adesso chiedono di trasformare l’Iraq in uno stato islamico, del tipo dell’Iran.
Diventa sempre più chiaro che quest’idra del terrore può essere vinta solo con gli sforzi riuniti. Ora peraltro pare che la Casa Bianca faccia di tutto per respingere alleati potenziali. Dall’elenco dei partecipanti prioritari alla gara per la ricostruzione dell’Iraq sono state escluse le aziende francesi, tedesche, canadesi e russe. Questa decisione è stata approvata da Bush durante la conferenza stampa dedicata all’arresto di Hussein. Visto che la Russia è riuscita con grande fatica a ravvicinarsi alle posizioni degli USA, della Germania e della Francia, tale decisione può portare ad un raffreddamento ulteriore del rapporto tra gli ex alleati e partners.
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