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Numero 1(81)
Il teatro dei vizi

    Il Museo di belle arti A.S. Puskin presenta la sua collezione di opere di Jacque Callot (ca. 1592-1635). Una nuova revisione pubblica di opere grafiche porta a galla le incisioni del celebre maestro che aveva raggiunto la gloria già mentre era in vita. Poco tempo fa il museo ha presentato una grande mostra di acqueforti provenienti dai suoi depositi, la quale evidentemente non poteva fare a meno dei fogli di Callot. Ed ecco che le opere del maestro appaiono di nuovo nell’esposizione del museo, ma questa volta in numero maggiore: per poter dare idea di quest’artista veramente singolare.
    Callot si fa ricordare per diversi aspetti della sua arte, ma l’elemento satirico, caricaturale e tragico prevalgono senz’altro nell’immagine di questo maestro. S’imprimono nella memoria soprattutto le grafiche dei cicli “Piccoli mali della guerra” e “Grandi mali della guerra”. Le descrizioni penosamente verosimili dei fatti tragici, il documentalismo nel quale la denuncia si mescola con lo stordimento di un testimone scioccato: tale immagine della guerra fu presentata al pubblico magari soltanto da Goya e gdali espressionisti tedeschi. Una mostra in cui le opere di Callot, di Goya e di Otto Dix si presentavano insieme è stata già realizzata una volta in Europa. Sarebbe dovuta essere una delle esposizioni più sinistre ed impressionanti.
    Ma Callot vuol dire anche scenette pastorali e personaggi della commedia dell’arte, immagini caricaturali dei contemporanei e soggetti biblici. Ovunque peraltro nell’autore si intravvede un osservatore acuto, un disegnatore splendido e un interprete riflessivo. La visione del mondo propria all’artista quasi sempre mette a nudo la sua natura drammatica. Ma è difficile che potesse essere diversamente per una persona che, dopo aver passato 13 anni in Italia, è tornata nella sua natia Nancy, per trovarvi guerra, fame ed epidemia della peste. “I mendicanti”, “Grandi passioni”, altre collane di Callot sono frutti della Guerra dei trent’anni e di altri disastri abbattutisi sui Paesi europei all’inizio del XVII secolo.
    Tutto ciò ha stranamente coinciso nel tempo con la fioritura dell’incisione e con la sua vasta divulgazione. Callot ha preso una parte di rilievo a questo processo: le novità tecnologiche gli hanno permesso di distribuire le sue incisioni per tutta l’Europa, diventando uno dei grafici più riconosciuti nella storia.
    Il museo peraltro è particolarmente attento ad un altro aspetto dell’opera di Callot: la teatralità. “Tutto il mondo è teatro...”, sembra ripetere le parole di Shakespeare il Museo Puskin, cercando di presentare le opere di Callot sul teatro, o di palesare la loro intrinseca teatralità. Sembrano personaggi della commedia dell’arte sia i duellanti, sia i cortigiani; le scene della tentazione dei santi sono presentate come altrettanti carnevali degli spiriti maligni e dei vizi umani; le maschere grottesche sostituiscono le caratteristiche individuali dei personaggi, manifestati dal maestro in tutto il loro squallore. Lo stesso maestro quasi bilancia sull’orlo di una farsa, dell’indecenza e della pagliacciata da piazza.
    Il teatro di Jacque Callot può essere ammirato al Museo di belle arti Puskin entro l’11 aprile.

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