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Numero 1(81)
Che ne sarà dei superprofitti del petrolio?

    Il tema del sequestro dei superprofitti del settore petrolifero rischia di diventare il leitmotiv della politica economica del 2004. Ci si chiede soprattutto chi sarà a promuovere tale attività e quali cambiamenti devono aver luogo perché si realizzino i timori sull’aumento dei “prelievi” dal settore petrolifero.
    In questo momento, secondo le voci che corrono, sarebbero in discussione due scenari che perseguono lo scopo di togliere i superprofitti alle aziende petrolifere. Il primo prevede il pagamento di determinate cifre, in compensazione per una privatizzazione per quattro soldi svolta nel 1996, sotto Boris Eltsin. La Corte dei conti infatti di recente ha preparato un’altra volta, e più precisamente ha ripescato dagli archivi i materiali che dimostrano, quanto, chi e come aveva pagato per gli attivi petroliferi tramite le aste, e queste informazioni potrebbero benissimo fornire un pretesto per calcolare imposizioni fiscali. Quest’ipotesi pertanto lascia senza risposta la domanda se alle aziende verrà comunque garantito il diritto di propietà, oppure se fra un anno, o due, o tre esse potranno affrontare una nuova richiesta di pagare per l’ attività, svolta negli anni 90.
    Il secondo scenario del sequestro della rendita petrolifera prevede l’aumento delle tasse sulle aziende petrolifere, e cioè, invece di un unico prelievo, il rigonfiamento dei pagamenti fiscali annuali. Questo approccio certamente riflette piuttosto l’atteggiamento dello Stato, dato che in questo caso i pagamenti saranno regolarmente considerati nel bilancio. Nella Finanziaria 2004, l’aumento della tassazione dei petrolieri non è previsto, anzi se i prezzi del petrolio si ridurranno, le imposte saranno anche più basse che nel 2003. La questione sul cambiamento della tassazione in questo modo diventa strettamente legata a quella relativa alle modifiche nell’organico del Governo, la quale è un altro hit della nuova stagione politica.
    In conformità alla Costituzione, dopo le elezioni del Presidente e la sua investitura, il Governo si dimette e il Presidente nomina un nuovo esecutivo. La prima questione che si discute a questo proposito è quella concernente le sorti di Mikhail Kassianov. Le sue chances, se vogliamo sintetizzare diverse voci, si valutano come 50 a 50. Se il premier rimane ciò vorrà dire che il centro responsabile per le scelte economiche si sposterà al Governo. Se si ritira, le scelte saranno fatte prevalentemente dal Presidente e dal suo entourage. La seconda questione, alla luce dei cambiamenti al Governo, riguarda ciò che potrebbe toccare a Gherman Gref e Viktor Khristenko, i due ministri che sono molto coinvolti nella formazione della strategia fiscale e nella strategia della tassazione dei settori delle materie prime. Se Kassianov rimarrà al suo posto è probabilissimo che tutta l’équipe di oggi resterà invariata. Se invece a Kassianov succederà Aleksei Kudrin, allora è difficile che nel nuovo esecutivo ci sia posto per Khristenko, ma forse anche per Gref. E in tal caso il piano di aumento delle imposte riscosse dai petrolier, sarà realizzato.
    Ciononostante, qualunque sia la situazione del Governo, lo scenario dell’aumento radicale del prelievo dei profitti petroliferi non ci appare realistico. Il settore petrolifero tuttora è il motore principale della crescita dell’economia russa. Se dobbiamo dar retta all’analisi svolta dal Centro di analisi macroeconomica e delle previsioni a breve termine, circa l’80% dei fattori di crescita economica nel 2003 era connesso all’attività dei petrolieri. Ad esempio, sul 6,8% del tasso di crescita del PIL nel 2003, 1,5 punti percentuali si riferivano all’aumento dei prezzi del petrolio, mentre 3,8 punti percentuali si riferivano all’aumento del volume delle esportazioni, in larga misura petrolifere. Una riscossione sostanziale dei profitti petroliferi, soprattutto se i prezzi del petrolio si ridurranno, comporterà una riduzione dei tassi di crescita economica in Russia del 3%-4% all’anno.
    E’ lecito ipotizzare, ovviamente, che lo Stato approfitterà del sequestro dei profitti petroliferi per costruire in modo autonomo le pipelines tramite il sistema della Transneft, mentre prima le aziende petrolifere come la Yukos avevano intenzione di costruire condotti principali per estendere le possibilità di export. Ma il rafforzamento delle aziende pubbliche non pare un metodo molto efficace per mantenere alta la crescita economica, perché anche se esse renderanno più vaste le possibilità dell’export, è difficile che possano gestire questo business in modo efficiente. Per esempio, nel 2003 i tassi di crescita si accompagnavano dalla riduzione degli occupati ed all’aumento della disoccupazione: si tratta cioè della politica che non potrà essere svolta da aziende pubbliche. Togliendo i superprofitti pertanto lo Stato dovrà comunque lasciare alle aziende dei fondi sufficenti per aumentare le estrazioni e le esplorazioni. In altre parole, le dichiarazioni di Glaziev, sulla necessità di ridistribuire la rendita petrolifera ai pensionati sono uno slogan politico convincente, ma hanno poco a che fare con la realtà.

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