Numero 4(84)
La riduzione dei prestiti può indebolire il rublo
I dati sulla dinamica del debito estero dimostrano l’aumento del totale dei debiti da 153 miliardi di USD a 182 miliardi di USD nel corso di tutto il 2003. Rispetto ad altri Paesi, la Russia, con tali cifre, continua ad apparire molto stabile: il rapporto tra il suo debito ed il PIL e’ stato, nel corso dell’anno scorso, del 39% rispetto al 50% che si registra in Ucraina, in Polonia e in Brasile, e rispetto al pericoloso 80% che si registra in Turchia e in Kazakistan. La struttura del debito russo dimostra poi che i rischi sovrani sono sotto controllo, tenendo conto del rapporto tra il debito pubblico e il PIL, pari al 22%.
L’aumento del debito nel 2003 era dovuto soprattutto alla crescita dei prestiti corporativi, che erano stati di 16 miliardi di dollari. Il debito complessivo delle aziende russe è aumentato di conseguenza sino a 50 miliardi di dollari, ossia al 12% del PIL. Anche le banche russe hanno partecipato all’aumento del debito estero, facendosi prestare dall’estero circa 11 miliardi di dollari. L’aumento del debito pubblico da 98 a 99 miliardi di dollari riflette solo il rafforzamento dell’euro, e quindi una rivalutazione del debito nei confronti dei Paesi del Club di Parigi.
L’unica sorpresa rappresentata dalle statistiche pubblicate è stata quella della crescita veloce di prestiti nel quarto trimestre del 2003, dopo il caso Yukos. Ciò peraltro non è che una coincidenza. Il settore produttivo ha preso con diffidenza l’arresto di Khodorkovskij, perché ciò ha fatto generare dei dubbi circa l’atteggiamento del potere nei confronti del business in genere. Ma nel quarto trimestre le banche russe hanno verificato un notevole aumento della domanda dei crediti in dollari, in seguito alla quale hanno dovuto incrementare i prestiti fatti all’estero. L’aumento del debito pubblico nel quarto semestre è dovuto al rafforzamento dell’euro e alla necessità di rivalutare una parte del debito dell’ex URSS, secondo il nuovo tasso di cambio valutario.
E’ ovvio che proprio l’aumento notevole del debito estero è stato uno dei fattori che hanno permesso alla Banca Centrale di aumentare di una cifra record nel 2003 le riserve auree valutarie. Ma oggi la situazione prendere una rotta diversa. Le informazioni sulle riserve che vengono pubblicate negli ultimi due mesi dimostrano che il loro livello rimane praticamente invariato, nonostante i prezzi record del petrolio, che adesso superano il livello verificatosi prima della guerra in Iraq. Qualcuno forse ci farà notare che il rallentamento dell’aumento delle riserve poteva essere dovuto ai pagamenti considerevoli (3 miliardi di USD) fatti in febbraio e in marzo a fronte del debito estero. Ma è difficile che il trend potesse cambiare per quest’unico motivo. Ciò probabilmente è dovuto invece all’atteggiamento diverso dei proprietari del capitale russo, che in precedenza realizzavano operazioni speculative con il rublo sempre più caro.
Si sa che nel 2003 l’attrazione dall’estero dei capitali in Russia è stata dovuto ai tassi alti all’interno del Paese. Una comparazione dei tassi dei depositi fa capire quali possono essere le dimensioni dei ricavi potenziali che si potrebbero ottenere con operazioni depositarie presso le banche russe: mentre i tassi internazionali dei prestiti per le compagnie russe ammontavano al 6%-7%, i tassi interni dei depositi raggiungevano l’8%, e per i depositi in rubli arrivavano addirittura al 14%, ossia a più del 20% calcolato in dollari. Tale livello dei tassi spiega come mai nel 2003 il deflusso netto dei capitali sia diminuito fino alla quota record di 3 miliardi di dollari, mentre nel 2002 ammontava a 2 miliardi di dollari.
La riduzione dei tassi nel 2004 ha ridotto notevolmente la possibilità di guadagnare con tali operazioni. Ciò consente di prevedere la crescita della volatilità del mercato valutario. Va ricordato, infatti, che le dimissioni di Mikhail Kassyanov sono costate alla Banca Centrale 2 miliardi di dollari di interventi nel mercato valutario. Finché l’afflusso degli investimenti diretti rimarra’ debole, mentre la maggior parte dei capitali che arrivano in Russia sono speculativi o a breve termine, le riserve della Banca Centrale e il tasso di cambio valutario sono poco prevedibili. Potrebbe pertanto essere anche che la stagnazione delle riserve della Banca Centrale segni l’inizio di un nuovo trend nel movimento dei capitali in uscita dalla Russia, con il quale il tasso di cambio rublo/dollaro comincerà a muoversi verso la meta di 30 rubli per un dollaro, entro due o tre mesi.
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