Numero 7(87)
Leaders in crisi dopo il voto europeo
SCONFITTI PRODI E BERLUSCONI
…ma nel 2006 si affronteranno ancora loro
Elezioni: e per una volta, forse, escono tutti sconfitti, o meglio, escono sconfitti in due, Berlusconi e Prodi, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Presidente della Commissione Europea.
Berlusconi ha perso perché ha perso il suo partito, Forza Italia. Prodi ha perso perché il centrosinistra non è maggioranza, e forse non lo sarà mai, senza Rifondazione Comunista, e Bertinotti -che già una volta lo fece cadere sulla vicenda delle 35 ore- ha già detto che Prodi ha perso. Gli ha chiuso la porta in faccia, il leader dell’estrema sinistra italiana punta ad un’aggregazione delle sinistre, la stessa Rifondazione, il PdCI di Oliviero Diliberto e Armando Cossutta, i Verdi di Alfonso Pecoraro Scanio, i DS di Piero Fassino, magari lo SDI di Borselli e, chissà, magari anche gli ex Democratici, ora Margherita, alla Massimo Cacciari… del Professore, della sua ipotizzata costituente delle opposizioni, non sa che farsene, dei centristi alla Clemente Mastella e della sua Alleanza Popolare meno che meno….
Nel 1996 lo scontro fu fra Prodi e Berlusconi, nel 2006 sarà fra Prodi e Berlusconi, dieci anni perché tutto sia cambiato senza che nulla sia cambiato veramente. Ha vinto Berlusconi, ha vinto Prodi, ha perso Rutelli, la sfida torna ad essere tra il Cavaliere di Arcore e il Professore di Bologna. Berlusconi, però, intanto deve fare i conti con i suoi alleati. Fini, forte della conferma di Alleanza Nazionale, chiede con sempre più forza una verifica di Governo; il Vicepremier ha detto “che non si tratta di una questione di poltrone e di Ministri, serve rafforzare l’azione di Governo e studiare nuove strategie economiche”. Prudente anche l’UDC, in questo tratto di legislatura, molto vicina ad AN, prima del voto uno dei suoi leader, Rocco Bottiglione, aveva parlato dei conti dello Stato in modo difforme dal Superministro economico Giulio Tremonti, ma certo è che il centro cattolico della Casa delle Libertà ha fatto un bel passo in avanti, e questo nonostante alla vigilia delle elezioni si fossero sfilati dall’UDC stessa quelli di Democrazia Europea dell’ex Segretario CISL Sergio D’Antoni. Marco Follini, Segretario della formazione centrista, fa dichiarazioni pacate, e con studiata moderazione, ma in compenso ci sono suoi fidi scudieri come Tabacci che invece parlano addirittura di crisi di Governo… e poi c’è Gianni di Michelis, ex avversario di Craxi in quello che fu il PSI, che dopo la morte in Tunisia del suo ex leader ne ha invece raccolto l’eredità fondando il nuovo PSI, un partito socialista alternativo a quello di Boselli. De Michelis nel centro destra, Boselli nel centro sinistra, De Michelis animato da odio nei confronti di comunisti ed ex comunisti -rei secondo lui di una sorte di cannibalizzazione del movimento socialista- Boselli alleato proprio dei comunisti. De Michelis, già Ministro degli Esteri nei Governi passati, ha ricostruito piano piano, meticolosamente, una base elettorale, puntava enfaticamente a “un punto percentuale più della Lega”, non ce la ha fatta ma ha pur sempre superato il 2%, e nella breve distanza che c’è fra i poli è un 2% che fa differenza. Se tanto mi dà tanto, se la Lega Nord con il 5% -adesso, ma quando fu fatto il Governo era al 3, 9% - ha tre Ministri, di cui due di peso come Roberto Maroni al Welfare e Roberto Castelli alla Giustizia, ai socialisti potrebbe doverne spettare almeno uno! impossibile dire cosa De Michelis, che di Berlusconi è stato a lungo consigliere per la politica estera, andrà a chiedere al Premier, certo è che la Lega, e forse anche AN, non gli sono così congeniali. Facile pensare che nei suoi sogni ci sia una maggioranza alternativa che va da Forza Italia verso il centro con l’UDC, il nuovo PSI, la Margherita e lo SDI; fuori le destre e fuori le sinistre. Sogni, appunto, e questo lo sa anche troppo bene lo stesso De Michelis che navigatore esperto della politica italiana ed internazionale da più di 30 anni certe chimere non le racconterebbe nemmeno a se stesso! Però la sua posizione nella CdL vuole rinegoziarla, forse chissà, gli basterà prudentemente che quando si parla della CDL non si parli più solo di FI-AN-UDC-Lega, ma di FI-AN-UDC-Lega-nuovo PSI. In realtà gli piacerebbe anche non si parlasse più di centro destra, ma con buona pace dei suoi desideri AN è davvero molto più indispensabile a Berlusconi di quanto lui sia e possa mai essere.
In questo quadro, con AN e UDC che oscillano fra richieste di rimpasto e ipotesi di nuovi programmi, c’è una Lega schierata al fianco del Premier e -soprattutto- di Giulio Tremonti, il cui rapporto con Umberto Bossi è non solo politico, ma di amicizia, un’amicizia estesa alle mogli, le famiglie, i figli. La Lega Nord, per la prima volta, ha dovuto affrontare una campagna elettorale priva del suo leader. Lo ha fatto con pacatezza e determinazione, senza mai alzare i toni dello scontro e l’elettorato la ha premiata con un 5% che avversari ed alleati non sia spettavano. Di più, reduce dal 3,9% delle politiche forse il 5% non se lo aspettavano nemmeno i leghisti sapendo che l’aria che tirava era sfavorevole alle forze di Governo, in Italia come in tutta Europa vedi i clamorosi rovesci prima di Aznar, poi di Raffarin, poi di Blair, poi di Schroeder. Alessandro Cè, Presidente del Gruppo della Lega a Montecitorio, ha detto che “la presenza del partito nel Governo, nella maggioranza, è legato all’attuazione della riforma federale. Senza di essa non avrebbe senso”. Dopo Cè a rincarare la dose è stato Roberto Calderoli, Vicepresidente del Senato, che ha chiesto a Berlusconi “di farsi Garante delle riforme”. E Berlusconi? Ha detto di sì, in gioco c’è quel che resta delle amministrative, e la Lega, che aveva corso da sola, ha dimostrato che nel Nord del paese è indispensabile per vincere.
Contemporaneamente alle elezioni europee infatti, molti italiani erano chiamati al voto amministrativo, chi per i comuni, chi per le province, chi come nel caso dei residenti in Sardegna, per la Regione. E qui c’è stato il secondo tonfo di Berlusconi, di Forza Italia, della CDL, che dopo aver perso un anno fa il Friuli Venezia Giulia, passato nelle mani nel centrosinistra con la guida di Riccardo Illy (magnate del caffè)
Ora ha perso anche la Sardegna dove ha trionfato Renato Soru (patron di Tiscali). Non solo, ma dopo appena una legislatura amministrativa la CdL ha dovuto restituire nelle mani degli avversari due comuni importanti come Bologna e Padova dove i Sindaci uscenti Guazzaloca e Mistrello Destro hanno miseramente capitolato davanti agli avversari Cofferati -sì, proprio lui, l’ex Segretario generale della CGIL- e Zanonato. Di più, su sessantadue province al voto il centrosinistra ne ha conquistate trentasette al primo turno, e nelle rimanenti, per non rischiare di concedere un en-plein agli antagonisti la Lega Nord è indispensabile, ed ecco allora Berlusconi annunciare che la riforma federale sarà fatta entro fine legislatura, la Lega ne ha preso atto e dal suo Consiglio Federale è uscito l’apparentamento delle proprie liste a quelle di FI-AN-UDC che vanno al ballottaggio. Il centro destra ha un bisogno quasi disperato di tornare a vincere qualcosa, perché dai trionfi delle politiche in poi è stato invece un susseguirsi di tonfi.
Dire che nel campo avversario sia invece un susseguirsi di coriandoli e stelle filanti è però assolutamente falso. Vincere stando all’opposizione è facile, e l’Europa lo ha dimostrato. L’Irak non c’entra poi nemmeno più di tanto. In Spagna ha vinto la destra “guerrafondaia” di Aznar, e in Gran Bretagna la sinistra “guerrafondaia” di Blair; ma in Francia ha perso la destra “pacifista” di Raffarin, e in Germania la sinistra “pacifista” di Schroeder. In realtà ha perso un’economia che non cresce, uno stallo che spaventa, il diminuito tenore di vita dell’elettorato, un’Europa fatta di venticinque paesi -ed altri se ne aggiungeranno- di cui molti non sanno nemmeno confini e capitali. Crescono gli euro-scettici, cresce la paura, cresce la rabbia contro chi governa forse senza aver saputo dare le risposte che la gente si aspettava. Prodi lo sa, in fin dei conti ha perso la sua Europa, e in Italia l’opposizione non ha saputo mettere alla corda la maggioranza come avvenuto nel resto del vecchio continente. Il del centrodestra, complessivamente, ha tenuto. Perché se ha perso il partito del premier è pur vero che l’andamento dei suoi alleati h fatto sì che la maggioranza abbia retto l’urto. E mai come ora le congiunture erano favorevoli ad un suo arretramento sostanziale.
L’Ulivo, il centrosinistra, deve ora amministrare il dopo: Bertinotti che punta a staccare il correntone di Mussi, Folena e Salvi dai DS da una parte, la disgregazione del Listone dall’altra. I prodiani si erano presentati all’elettorato con un cartello che comprendeva la Margherita (a sua volta frunno della fusione tra PPI, Democratici e Rinnovamento Italiano), i DS, lo SDI e i repubblicani fuoriusciti dal già minuscolo PRI di La Malfa che milita nel centrodestra. Sono stati la prima forza del paese, ma hanno raccolto complessivamente meno voti di quanto non fosse la mera somma algebrica dei loro consensi alle precedenti consultazioni. Non solo, ma il cartello si è già disgregato, come era ampiamente previsto e prevedibile, con l’iscrizione a Strasburgo da parte degli eletti in partiti diversi.
Le leadership sono in discussione? no, perché senza il cappello di Berlusconi, che comunque è e rimane l’azionista di maggioranza della CdL a destra non c’è speranza di vittoria, e perché senza una guida veramente di centro nemmeno il centrosinistra può vincere, e lo ha dimostrato quando ha candidato Rutelli. Bello, bravo, ma con un passato fra Radicali e Verdi che davvero non lo ha premiato. A proposito dei Radicali… Bonino e Pannella torneranno a Strasburgo, ma non ci saranno con loro i vari Dell’Alba, Turco, Della Vedova, Cappato… tutti a casa. Dall’8% al 2%, con la conseguente riduzione di rappresentanti. I voti in libertà sono stati i loro, quel 6% che li ha abbandonati. Non seppero sfruttare quell’incredibile consenso elettorale. Sono tornati ad essere periferia della politica. Pannella continuerà i suoi digiuni, lanceranno i loro ennesimi referendum, la Bonino tornerà a vivere in Egitto. E nel 2006 sarà ancora e sempre Prodi-Berlusconi.
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