Coloro che si aspettavano di vedere in Russia un boom economico dovuto alla crescita del prezzo del petrolio sono a dir poco delusi dei risultati economici di quest’anno.
Si riteneva che l’aumento di 1 dollaro del prezzo del petrolio dovesse comportare l’incremento della crescita economica dello 0,4% del PIL all’anno. In altre parole, se tale rapporto fosse stato giusto, quest’anno i tassi di crescita economica della Russia sarebbero stati di circa il 9%, e non del 7%, come invece è stato.
I tassi relativi di crescita dell’economia russa poi sorprendono se si paragonano a quelli degli altri Paesi. Se ad esempio si mettono a confronto i primi sei mesi del 2004, si vede che i Paesi consumatori di petrolio, come l’Ucraina e la Cina, hanno indici di crescita rispettivamente del 13% e del 10%: in rapporto i tassi di crescita economica russa appaiono proprio scarsi.
E’ possibile indicare come minimo tre motivi di tali risultati economici relativi all’anno in corso. Va rilevato, anzitutto, che l’accumulazione del fondo di stabilizzazione toglie al settore petrolifero risorse notevoli d’ investimento, rallenta cioè la crescita della componente “investimenti” nell’economia. Oggi circa il 90% dei redditi supplementari derivati dal prezzo sempre crescente del petrolio affluisce direttamente al bilancio del Governo federale, e finisce sui conti dell’ Erario: e’ cioè escluso dalla circolazione finanziaria del settore bancario. La ridistribuzione delle risorse finanziarie a favore dello Stato, in questo modo, fa perdere al Paese velocità in quanto a tassi di crescita.
Il secondo motivo va addotto alla crisi bancaria. Oggi appare evidente come il rallentamento dei tempi di finanziamento abbia toccato gravemente almeno un settore economico; quello delle costruzioni edili. Mentre fino a luglio di quest’anno questo settore cresceva con il tasso del 14% all’anno, a luglio-agosto i tassi di crescita si sono ridotti fino al 7%, cioè sono calati di due volte. Di conseguenza si è delineato anche un rallentamento nell’industria, soprattutto nei settori dei materiali da costruzione. Secondo alcune banche, in ottobre e novembre le aziende del settore edile potrebbero incontrare difficoltà nel rimborso dei crediti (questo settore lavora al 90% con soldi presi in prestito), il che comporterebbe ritardi nella consegna di alcuni edifici, e potrebbe provocare un ulteriore calo dei prezzi degli immobili.
Il problema della crisi bancaria è, a proposito, legato direttamente alla creazione del fondo di stabilizzazione. Ora infatti l’aumento delle riserve della Banca Centrale, per rapido che sia, equivale in larga misura, all’aumento dei fondi sui conti del Ministero delle finanze, e non provoca invece un incremento dei conti finanziari delle aziende. Nei primi sei mesi dell’anno pertanto l’aumento delle riserve è coinciso con la crisi della liquidità bancaria, che non è tuttora risolta. Il totale dei capitali liberi a disposizione delle banche si è ridotto del 40%, rispetto a febbraio di quest’anno, e tenendo conto della crescita economica, che tutto sommato deve essere portata avanti proprio dalle banche, il calo della liquidità si rivela ancor più notevole. Alcune banche non riescono tuttora a ripristinare il volume di finanziamenti.
E infine il terzo motivo è inerente al rallentamento dei tassi di crescita delle esportazioni del petrolio. L’ anno prossimo l’aumento dell’ export della Russia, secondo le previsioni ufficiali, sarà solo del 2%, rispetto alla crescita dell’11% verificatasi nell’anno in corso. Ciò significa che anche se i prezzi del petrolio rimarranno alti il Paese non potrà godere completamente di questa congiuntura favorevole.
In seguito ai fattori indicati, nasce una situazione paradossale: con la congiuntura esterna favorevole, dopo che al Paese è stato aggiudicato il rating di “valido per gli investimenti”, si discute a vari livelli sulla probabilità di una crisi economica in Russia. Le riforme economiche del governo si trovano ad essere in larga misura congelate, mentre i programmi per i prossimi anni sono descritti da tutti gli esponenti del potere in termini molto vaghi. L’unico fattore che per ora supporta i successi economici della Russia è l’afflusso notevole di capitali esteri, attratti dall’alto prezzo del petrolio, e la rapida crescita dei redditi della popolazione. Se questo fattore venisse meno, oggi l’unico strumento che può essere adoperato dallo Stato per migliorare in breve tempo la situazione economica è l’aumento delle partecipazioni statali. Le discussioni svoltesi all’interno del Governo sul fondo di stabilizzazione, e sulla possibilità di utilizzarlo per finanziare la costruzione di oleodotti, sono da considerarsi prima rondinella dell’arrivo di una nuova epoca, quella della politica industriale statale. E’ un peccato comunque che tale politica industriale, invece di diversificare l’economia, si orienti come prima sul consolidamento della sua dipendenza dal petrolio.