Numero 2(94)
Ritorna il “capitalismo banditesco”
Per la prima volta dalla fine degli anni ‘90 attentato a un politico del Governo federale
Si tratta di Anatolij Chubais, che è anche top-manager e capo di una delle più grandi compagnie russe, la RAO EES (Società energia elettrica russa, ndt.). Il nome di Chubais è per alcuni simbolo di liberalismo e di “trasparenza” politica, per altri sinonimo di “riforme da rapina” e della “svendita della Russia”.
La mattina del 17 marzo degli ignoti aggressori hanno fatto esplodere la scorta di auto che accompagnavano sul posto di lavoro Chubais, aprendo poi il fuoco sulla stessa. Tra le possibili ragioni dell’attentato ne spiccano due in particolare, una di natura politica, l’altra economica. Anatolij Chubais fino a questo momento è rimasto uno dei politici liberali di maggiore influenza; inoltre la riforma della RAO EES da lui introdotta potrebbe plasmare radicalmente l’assetto dell’economia del Paese. Si è fatto sia per l’uno che per l’altro motivo una gran quantità di nemici, disposti a ricorrere a “metodi radicali”. Ancora rimane un mistero se gli aggressori volessero ucciderlo o solo spaventarlo.
Più si va avanti, più le circostanze dell’attentato si fanno sospette. L’indiziato principale è l’ufficiale in congedo del GRU (Direzione Generale del Servizio Informazioni, ndt.) Vladimir Kvachkov, e il movente ufficialmente addotto è quello della vendetta personale. L’ex ufficiale avrebbe deciso di vendicarsi del capo della RAO EES per avere la scorta di Chubais tagliato la strada alla sua auto. Bisogna fare presente a questo proposito che, se così fosse, vista e considerata la tradizionale e generalizzata indisciplinatezza che regna sulle strade di Mosca, Kvachkov sarebbe costretto a far saltare in aria o a sparare a qualcuno quotididanamente. E oltre a questo, c’è anche da dire che a lavorare al GRU non prendono gli impulsivi, o per lo meno non permettono loro di arrivare a ricoprire alte cariche (prima del congedo Kvachkov aveva comandato una brigata del GRU che godeva di particolare prestigio; prima ancora era stato di stanza in tutte le “zone calde” del territorio dell’URSS). Gli organi delle forze dell’ordine dichiarano di essere arrivati a sospettare di lui dopo aver pedinato l’automobile sulla quale sono fuggiti gli aggressori. In merito, il legale di Kvachkov fa notare come il suo assistito, con la propria esperienza in materia di sabotaggi difficilmente si sarebbe recato sul luogo dell’aggressione, allontanandosene poi a bordo dell’auto appartenente a sua moglie. Interessante il commento dello stesso Chubais al riguardo. Egli ritiene che il delitto fosse su commissione, dichiara di averlo previsto e di conoscere l’identità dei mandanti. L’”alleanza delle forze di destra” - della quale Chubais è uno dei leader – ha motivo di credere che si tratti di un attentato politico.
Ci troviamo molto probabilmente di fronte al tentativo di indirizzare l’opinione pubblica su una falsa pista. La questione è se sia per far abbassare la guardia ai veri mandanti dell’omicidio, o per trovare un capro espiatorio. E fanno pensare a quest’ultima, triste ipotesi le “indiscrezioni” su un presunto tentativo da parte dello stesso Chubais di inscenare l’accaduto per far parlare di sé e acquistare maggior peso politico.
Comunque sia l’attentato ad Anatolij Chubais dimostra che sono ritornati i tempi del capitalismo “banditesco”.
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