Numero 2(94)
A Stoccolma l’eco della guerra in Cecenia
La sera del 22 marzo presso l’edificio dell’ambasciata russa a Stoccolma è stata fatta esplodere un’automobile, comunica l’ITAR-TASS. Sotto la macchina era stata piazzata una bomba realizzata con una miscela esplosiva. Il veicolo apparteneva probabilmente ai membri del corpo diplomatico. In seguito all’esplosione l’auto è andata completamente distrutta, ma non ci sono state vittime o feriti. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo estremista “Intifada Mondiale”. Il gruppo ha fatto pervenire ai mass-media svedesi un messaggio nel quale si dichiarava che l’attentato era stato compiuto “in segno di protesta contro la guerra in Cecenia”.
Come aggiunge RBK, negli anni 2003 e 2004 “Intifada Mondiale” ha compiuto vari atti terroristici e sortite estremiste, in particolare contro il console polacco a Sundbjuberg e contro l’ambasciata danese a Stoccolma. Tutti gli attentati erano stati compiuti “in segno di protesta contro la guerra in Irak”.
L’esplosione dell’automobile accanto all’edificio della rappresentanza diplomatica russa a Stoccolma e la reazione dei diplomatici e funzionari russi a questo spiacevole evento ricordano moltissimo la favola del pastorello che gridava “al lupo-al lupo”.
Negli ultimi anni le autorità russe hanno sempre presentato le operazioni militari in Cecenia e la lotta ai separatisti locali come lotta al terrorismo mondiale. In linea teorica ciò avrebbe dovuto alienare ai sostenitori della “Ichkeria indipendente” le simpatie dell’opinione pubblica occidentale, che ha costatemente richiesto al Cremlino di risolvere il conflitto pacificamente. Effettivamente i sostenitori dell’indipendenza cecena in Occidente si erano zittiti.
Ma, allo stesso tempo, ciò ha avuto un altro effetto, assolutamente inaspettato per il presidente Putin e il suo entourage. Ha cominciato a rivolgere la propria attenzione alla Cecenia il realmente esistente terrorismo internazionale islamico, ossia il famigerato “Al Qaeda” e altre organizzazioni meno conosciute. Se durante la cosiddetta “prima guerra cecena” del 1994-1996 mercenari-volontari stranieri costituivano una parte abbastanza consistente dei separatisti, ma la lotta continuava sotto l’egida di slogan nazionali, negli ultimi anni islamisti radicali, per la maggior parte oriundi dei paesi del Golfo Persico hanno occupato le cariche direttive all’interno della resistenza cecena. Adesso la Cecenia a tutti gli effetti si è trasformata in uno dei fronti del terrorismo internazionale. E logicamente c’era da aspettarsi che le azioni a sostegno di questo “fronte” non venissero compiute solo in Turchia, dove vivono molti discendendi degli emigrati dal Caucaso del Nord e i recenti profughi della Cecenia, ma anche in altri Paesi. In questo quadro, ciò che è accaduto a Stoccolma ad opera del gruppo terroristico chiamato “Intifada Mondiale” non solo era logico, ma persino da tempo prevedibile.
Tuttavia, sembra che le autorità ancora una volta si siano trovate impreparate ad affrontare una situazione di forza maggiore.
Già adesso, per declinare le proprie responsabilità, i funzionari russi pongono l’accento su come la Svezia rappresenti un rifugio politico per quanti vengano qualificati dalla Russia come “terroristi”, e su come i mass-media locali si siano fatti rilasciare un’intervista da Shamil Basaev. Gli svedesi da parte loro dichiarano essere una sciocchezza, il volere vedere un legame tra l’intervista e l’attentato. La conclusione fondamentale che si può trarre da quanto è accaduto è che, come ha osservato tetro il capo del Comitato della Duma per gli affari esteri Konstantin Kosaev, l’attentato terroristico di Stoccolma non rimarrà un episodio isolato, e potrebbe ripetersi in qualsiasi Paese. I russi dovranno abituarsi a ciò a cui sono abituati gli israeliani e gli americani, ovvero ad un mondo pericoloso, per il quale è meglio girare con la scorta, sorvegliando per precauzione i luoghi sospetti.
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