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Numero 2(94)
Cecenia: ucciso Maskhadov
Intanto manca il successore e i separatisti non si fermeranno


    Gli eventi svoltisi presso il villaggio ceceno di Tolstoj-Jur – ormai già soprannominati da qualcuno “il regalo dell’8 marzo di Vladimir Putin” – si possono senza esagerazioni ritenere essenziali per quanto riguarda l’evoluzione del conflitto ceceno.
    Infatti proprio lo stesso giorno è stato ucciso in uno scantinato alla periferia del suddetto villaggio Aslan Maskhadov, il vincitore delle elezioni presidenziali del 1997. Le elezioni si sono svolte durante il breve periodo di indipendenza cecena, che è durato dallo scoppio della prima Guerra cecena alla seconda. Quindi, è scomparso l’uomo che in un modo o nell’altro era rimasto il legittimo presidente della Cecenia. Le circostanze della sua morte probabilmente non verranno mai chiarite (come del resto quelle relative alla fine dei suoi predecessori, Dzhokhar Dudaev nel 1996 e Zelimkhan Jandarbjev nel 2002). Militari e giornalisti già diffondono in proposito varie e contrastanti versioni. Si parla di una granata caduta di mano alla stessa guardia di Maskhadov e esplosa accidentalmente; si parla della scarsa cautela usata dalle guardie del corpo nel maneggiare le armi; si è anche avanzata l’ipotesi di un tradimento. In fondo, dal punto di vista militare la morte di Maskhadov non rappresenta un avvenimento significativo. Infatti già da tempo non aveva sotto al suo comando cospicui contingenti militari, e più che essere una vera minaccia bellica, era fondamentalmente diventato il simbolo della “Ichkerija indipendente”. Tuttavia le conseguenze politiche della sua morte saranno ingenti, di gran lunga più gravi di quelle a cui si è andati incontro dopo la morte dello stesso Dzhokhar Dudaev. A differenza che nel 1996, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale fra i separatisti non risulta esserci nessun vero successore di Maskhadov. Vakha Arsanov, un tempo considerato il vice Presidente è stato degradato dallo stesso Maskhadov nel 2001, ed è successivamente scomparso dalla scena politica. Secondo alcuni dati sarebbe stato arrestato dalle forze federali e rimarrebbe tuttora detenuto. Dopo di lui non è stato nominato nessun altro vice Presidente, e pertanto, senza alcuno che possa ora rivendicare il diritto alla successione (e può darsi benissimo che Maskhadov apposta non intendesse avere concorrenza), la carica di Presidente rimane vacante. È stato designato come successore il capo del Madzlisul Shura – il tribunale musulmano -, lo sceicco Abdul Khalim. La legittimità della sua posizione tuttavia non è minimamente paragonabile a quella che aveva Maskhadov, in quanto egli è stato dichiarato ufficialmente successore solo dopo la morte di quest’ultimo. Inoltre Khalim è stato investito solo della carica temporanea di “facente funzione” del Presidente. Ciò probabilmente significa che serve in realtà da paravento a qualche capo militare. Come risultato “rimangono in sospeso” ancora tutte le pseudo-ufficiali “rappresentanze dell’Ichkeria”, e diversi “centri culturali”. E c’è il pericolo che rivendichino la carica tutti coloro che si dichiarano rappresentanti della “Repubblica Cecena di Ichkeria”. Molti esperti ritengono che a breve si scatenerà una lotta tra gli stessi vari clan di separatisti per aggiudicarsi l’aiuto degli “sponsor” stranieri. È possibile anche che si faccia avanti Shamil Basaev, che poco s’intendeva con Maskhadov.
    Per molti dei separatisti la morte di Maskhadov ha significato un’ottima via d’uscita a una situazione scomoda. È poco probabile che qualcuno pianga la perdita di Maskhadov come persona. Ciononostante ora egli verrà mitizzato, diventerà un simbolo e una leggenda per le future generazioni di guerriglieri. E tutte le passate divergenze e liti verranno dimenticate, oppure si ridurranno a tema di discussione di pochi storici e specialisti.
    Maskhadov era considerato in Occidente di fatto l’unico leader moderato tra i capi più importanti dei separatisti. Inoltre era l’unico col quale Mosca avrebbe potuto sedersi al tavolo delle trattative. Tutti gli altri – tipi come Shamil Basaev o il leader dei Wahabiti dagekistani Rapani Khalilov – hanno più la stoffa dei combattenti ad oltranza, che dei patteggiatori. Sono quindi sfumate le speranze dei politici russi di vedere il conflitto ricomporsi secondo quella “linea pacifica” che aveva caratterizzato le tratttive di Maskhadov e Lebed a Khasaviurt nel 1996. L’ultimo tentativo di Maskhadov di mantenere tale linea politica e di ottenere il ritiro dei contingenti militari russi dai territori ceceni in maniera pacifica è stato l’armistizio unilaterale dichiarato a febbraio, oltre che la ricerca da parte del suo diretto rappresentante, Akhmed Zakaev di un accordo con i membri del comitato delle madri dei soldati a Bruxelles. Ora come ora l’interesse di organizzazioni europee come il PACE (l’Assemblea Parlamentare del Consiglio Europeo) per la problematica cecena probabilmente diminuirà. E riuscirà più facile alla propaganda russa far passare la situazione in Cecenia per una mera conseguenza della lotta al terrorismo internazionale; probabilmente proprio a tali considerazioni si deve la reazione chiaramente e scandalosamente gioiosa di una parte dell’elite politica russa alla notizia.
    Questo però non significa che la resistenza da parte dei separatisti si riduca a zero. Essa risulterà frazionata; ma sicuramente più feroce. Con la scomparsa di Maskhadov si consoliderà l’egemonia degli islamici radicali, pronti a far largo uso degli arsenali dei propri “colleghi” arabi. Trovare un’intesa con loro si rivelerà pressoché impossibile, dato che altrettanto impossibile sarà prendere contemporaneamente in considerazione gli interessi particolari di decine di singoli “Signori della guerra”. Siccome il movimento islamista non è legato di necessità al popolo ceceno, e annovera tra le sue schiere genti di svariate nazionalità (tra i guerriglieri e coloro che hanno abbracciato la fede ci sono anche slavi), in questo modo il conflitto continuerà e si estenderà. Oltre a ciò non scompariranno la miseria e la prepotenza dei militari e delle forze dell’ordine, come del resto le continue sparizioni di civili, sequestrati in pieno giorno. Il ruolo del PACE potrebbe essere assunto dal Tribunale Europeo per i Diritti dell’Uomo, che ha già ufficialmente riconosciuto sei cittadini ceceni a tutti gli effetti vittime del governo russo, per tanto aventi diritto ad un ragguardevole risarcimento.

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