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Numero 2(101)
Berlusconi abbandona la trasmissione della Annunziata
Par condicio di fuoco


    “O mi lascia parlare o me ne vado”
    “Lei non può dire che se ne va…”
    “Io posso dire quello che voglio”
    “Lei non è abituato a sentirsi fare delle domande scomode”
    “Lo dico e lo faccio: questa è la differenza fra me e lei. Lei è l’esempio di un giornalismo di sinistra militante, e pretende di decidere cosa dice anche chi parla con lei, io invece sono un uomo liberale e decido solo per me stesso e me ne vado”
    “Non può dirlo”
    “Ripeto, o mi lascia rispondere o mi alzo e me ne vado, e questa resterà una macchia sulla sua carriera”
    “Presidente, questo non è il modo…”
    “Lei continua a interrompermi e non mi lascia rispondere…”
    “Lei non conosce le regole del giornalismo…”
    “La ringrazio e me ne vado, e sa cosa le dico? Che si dovrebbe vergognare…”
    “Lei non sa come ci si comporta con i giornalisti.”

    Il colloquio, che potrebbe non essere esatto parola per parola ma che lo è assolutamente nella sostanza, non è avvenuto fra persone qualsiasi, ma fra il Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi e un giornalista, ma non un, anzi: una giornalista qualsiasi ma quella Lucia Annunziata che era stata nominata Presidente di garanzia della RAI proprio in virtù della sua ammessa e riconosciuta militanza nella sinistra italiana. Annunziata che aveva lasciato polemicamente la Presidenza della televisione di stato in una lunga polemica con le forze della CdL anche perché avrebbe mantenuto privilegi clamorosi e perché sarebbe stata pattuita una lauta buona uscita in caso di fine anticipato -come poi si verificò- del mandato prima dell’accettazione della nomina al piano più alto di Viale Mazzini.
    Sia come sia la Annunziata dopo un periodo di silenzio video è tornata in onda verrebbe da dire non a caso su RAI 3, la rete storicamente più a sinistra del servizio pubblico, definita dallo stesso berlusconi nel corso della stessa intervista di cui sopra come “una macchina da guerra contro il Presidente del Consiglio”, e la sua ‘finestra’ sul mondo è “30 minuti” una trasmissione che prende il nome dalla durata stessa del programma che però, ospitando il Premier, ha chiuso i battenti con dieci minuti di anticipo.
    La sera, poi, in un comizio, Berlusconi ha chiesto al suo staff di proiettare l’intervista commentandola così. “così avete visto tutti. Non mi ha mai lasciato rispondere, e parlava sopra ogni mia risposta, e poi non la vedevate inquadrata, mentre parlavo mi faceva gesto di stringere, di interrompermi, voleva mettermi in crisi ma…-e Berlusconi sorride alla platea di forzisti- non è così facile mettermi in crisi…”.
    Perché parlarne? Perché questo è solo l’ultimo atto -ultimo almeno al momento in cui l’articolo viene scritto, non necessariamente di quando verrà letto- di una campagna elettorale giocata moltissimo sugli aspetti televisivi, a cominciare per non finire sui confronti televisivi fra i deu leader: il Presidente uscente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi e l’ex Presidente della Commissione Europea e Presidente del Consiglio dei Ministri dopo il primo governo Berlusconi e prima dell’attuale. Duello tv che Roberto Calderoli, ex Ministro alle riforme dimessosi dopo il caso Libia, sostiene il Premnier dovrebbe ora “disertare” con Piero Fassino, Segretario dei DS, che gli risponde “Berlusconi è abituato a fare monologhi, e allora quando qualcuno gli fa domande, magari scomode, perde le staffe”, e Gianfranco Fili, Vicepresidente del Consiglio, Presidente di Alleanza Nazionale e Ministro degli Esteri che stigmatizza “il ruolo del giornalista è quello di fare domande, non certo quello di essere l’avversario, la controparte politica dell’intervistato”.
    Tra Berlusconi e Annunziata chi ha ragione? Berlusconi non ama essere interrotto, come non lo ama Prodi, come piace praticamente a nessun politico. Berlusconi avrebbe voluto parlare “di quello che interessa alla gente”, ossia, dal suo punto di vista, le infrastrutture, la giustizia, la sicurezza, la Annunziata non glielo ha permesso. Berlusconi avrebbe voluto parlare del perché è meglio se gli Italiani voteranno per lui e non per il centrosinistra: la Annunziata non glielo ha permesso. Annunziata avrebbe voluto che Berlusconi commentasse le dichiarazioni del Presidente del COPACO e già Ministro degli Interni nonché Sindaco di catania Enzo Bianco e Berlusconi si è rifiutato. Annunziata voleva parlare di Biagi e Santoro e Berlusconi non ha gradito. Berlusconi avrebbe voluto fare un comizio, Lucia Annunziata avrebbe voluto interrogarlo più che intervistarlo, ne è uscito uno scontro che è rimbalzato in ogni telegiornale e su ogni prima pagina dei quotidiani del giorno dopo. Utile a chi? Ai cittadini, agli elettori, solo nella misura in cui si sono divertiti, non hanno assistito alla solita intervista melmosa o falsamente sorridente. Di questo ad Annunziata va dato merito, di altro forse no. E questo in una settimana di giornalismo avvelenato in cui paolo Mieli, direttore del più importante quotidiano generalista d’Italia, “il Corriere della Sera”, si era schierato pro Romano Prodi dicendo che se proprio si voleva votare centrodestra almeno di votasse per “Gianfranco Fini oppure per Pierferdiando Casini”. E poi tutti a ricorrere programmi e conduttori: da “Porta a Porta” a “Matrix”, da Bruno Vespa a Enrico Mentana, da Floris a Martelli, ogni spazio, ogni minuto, ogni microfono e ogni telecamera sono utili per fare arrivare il proprio messaggio a quanti più telespettatori possibile. Ma sarà la televisione a far vincere o perdere le elezioni di aprile? saranno i confronti fra i due camdidati premier a spostare l’ago della bilancia? I duelli delle presidenziali americane insegnano che poi nelle urne c’è chi è uscito vincitore pur avendo perso il confronto tv (che poi sarebbe interessante capire in base a quale metro si vince o si perde). Senza contare che negli USA di solito almeno uno dei due è un quasi sconosciuto, mentre nel caso Prodi-Berlusconi sono i protagonisti della scena politica italiana ed europea da almeno dieci anni.
    Eppure in ogni sondaggio, e questa è una delle poche cose sulla quale i due concordano, emerge che c’è una fascia di incerti e indecisi che rappresenterebbe, se compattata, il primo partito del paese! e quindi incidere su di loro può chiaramente incidere sul risultato finale con prodi che vede la sua coalizione in vantaggio di circa cinque punti percentuali mentre Berlusconi sostiene, in base a un sondaggio affidato ad una casa americana, che è la sua coalizione ad essere in testa anche se solo appena di uno 0,2%. Dato che fa sorridere il contendente che risponde sostenendo di essere in possesso di un sondaggio cinese che da “Berlusconi in vantaggio di 27 punti ed un altro che lo dà al 109%”.
    Intanto i contendenti sono scattati dai blocchi in tutti i sensi, le strade si sono già riempite di cartellonistica elettorale con Forza Italia in netto vantaggio, e poi la pubblicità televisiva, dove svetta Alleanza Nazionale seguita dall’UDC, e infine quella radiofonica, dove invece lo spot più frequente è quello di Romano Prodi. E poi incontri e riunioni con Ministri e leaders di partito che seguono un’agenda paranoica che li vede fare tappa in una decina di posti diversi ogni giorno. I leaders, i pezzi da novanta, che il candidato semplice ha poco da fare se non servire da struttura di riferimento in caso di passaggio dei capi. Con l’appena istituito proporzionale senza preferenze grosso modo si sa già -in base alle percentuali passate- in larga parte chi verrà eletto e chi no, e chi sta un paio di posizioni sotto l’ultima certa delle liste bloccate sa già benissimo che mai e poi mai andrà a Montecitorio o Palazzo Madama. Quello che è dubbio... è come si governerà: la legge prevede un premio di maggioranza che darà a quella delle due coalizioni anche un solo voto in più dell’altra nel conteggio per la Camera un vantaggio di deputati utile a governare con tranquillità; non così al Senato. La Costituzione dice che gli eletti a Palazzo Madama lo sono su base regionale, e quindi anche il premio di maggioranza sarà su base regionale, quindi ci saranno tanti premi di maggioranza quante sono le regioni, e se Toscana, Emilia Romagna e Umbria lo daranno all’Unione è scontato che Lombardia e Veneto lo daranno alla CdL, e non è invece così scontato dove penderà l’ago della bilancia in Piemonte, Friuli venezia Giulia, Lazio e Puglia, oggi govenate da giunte rosse ma fino a ieri appannaggio del centrodestra. I numeri e il trend fanno ritenere possibile che sarà la sinistra ad averla vinta, alla Camera. Al Senato? in molti, da una parte come dall’altra, temono il pareggio. E pareggio non sarebbe solo un numero perfettamente uguale di eletti, ma anche uno scarto talmente esile da rendere determinante un raffreddore, senza contare che in casa Unione le preocupazioni e le perplessità su quello che sarà l’atteggiamento di Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, correntone DS, Verdi e Radicali sono ben note. Cosa potrebbe accadere? che Romano Prodi non faccia a tempo ad riabituarsi all’aria di Palazzo Chigi che qualcuno gli si potrebbe presentare alla porta con lo sfratto in mano. Berlusconi lo sa, e comincia a pensare ogni giorno di più che se anche lui non vincesse il suo avversario perderà lo stesso.

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