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Numero 4(103)
Anche Stati uniti e Democrazie europee gestiscono alleati scomodi
“Compagno lupo” e democrazia sovrana
Toni duri di Putin nel ribadire le scelte di politica estera


    USA e Russia, torna la “pace fredda”. Cheney: i nemici della democrazia in Russia sono più che mai all’opera; Putin risponde per le rime: per certi la democrazia finisce dove iniziano i loro interessi.
    Le relazioni Russia-USA, che per alcuni anni di seguito sono sembrate, almeno esteriormente, tendere verso un rapporto di partnership, stanno evidentemente tornando verso la situazione di una “pace fredda” in stile fine anni ‘90.
    In aprile, a Washington si è tenuto un altro seminario durante il quale i separatisti islamici del Caucaso del Nord hanno discusso apertamente la lotta contro “la Russia imperiale”. La reazione della Russia non è tardata ad arrivare: ai meeting dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (OCS) si è subito affrontata la questione di un’eventuale unificazione con l’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva, sotto il patrocinio della Russia. Visto che India, Iran e Pakistan ne vogliono entrare a far parte, davanti agli occhi stupiti dell’èlite politica internazionale si sta delineando un’enorme alleanza politico-militare che unirebbe circa la metà di tutta la popolazione del mondo e controllerebbe risorse enormi. E naturalmente la creazione di tale organismo non può essere gradita agli USA.
    L’ingresso della Russia nel WTO è ora praticamente bloccato, perché non si è riusciti a trovare un accordo sull’apertura (rivendicata dagli USA) delle succursali dirette delle banche statunitensi a Mosca. Intanto i diplomatici russi ed americani hanno continuato a punzecchiarsi vicendevolmente per la storia della possibile collaborazione Russia-Iran nel campo dell’“uso pacifico del nucleare”. Gli americani hanno preferito non prendere in considerazione le paure dell’élite russa, la quale teme - e a buona ragione - che il suo posto, qualora si interrompano tutte le relazioni con l’Iran possa essere occupato dai concorrenti (compresi quelli americani). In tale situazione, qualsiasi pressione era destinata all’insuccesso e poteva suscitare solo rabbia. Anche perché formalmente tutta la cooperazione Russia-Iran si svolge in conformità al diritto internazionale, e il reattore che si sta costruendo a Buscer non può essere utilizzato per l’arricchimento dell’uranio e per l’ottenimento del plutonio.
    Il contrasto si è palesato definitivamente dopo il discorso fatto a Vilnius da Richard Cheney al convegno dei Paesi del Mar Baltico e del Mar Nero. A detta di Cheney, nella Russia di oggi sarebbe in corso “un attacco alla democrazia”: “gli odierni nemici della democrazia russa cercano di eliminare quanto è stato conquistato negli ultimi decenni in vari settori della società civile, dalla religione ai mass media e ai partiti politici”. Egli ha invitato la Russia al “ritorno alla democrazia”, il quale “garantirebbe un maggiore successo e un maggiore rispetto da parte degli Stati vicini”, e a non temere che gli USA, contribuendo allo sviluppo della democrazia nei Paesi vicini alla Russia, acquistino su di essi influenza. Ha anche rimproverato alla Russia di aver arrecato, con i suoi atti, “dei danni all’integrità territoriale degli Stati vicini”, intendendo, probabilmente, il supporto dato dalla Russia alle repubbliche non riconosciute (ci sembra doveroso notare che la maggior parte di esse ha difeso la propria indipendenza in modo autonomo).
    Serghej Lavrov, il Ministro degli Esteri russo non ha tardato a definire “un’eresia” l’affermazione del vice Presidente statunitense relativa al presunto sovvertimento da parte del Governo russo dell’integrità territoriale dei vicini. “Nei primi anni ‘90, gli spargimenti di sangue sia in Georgia che in Moldavia vennero arrestati grazie al sacrificio di molti pacifisti russi; in tal modo fu anche salvata l’integrità territoriale di quegli Stati”, ha detto il ministro. Il titolare degli Esteri aveva anche riservato ai colleghi americani “una via d’uscita” per salvarsi la faccia, ipotizzando ufficialmente che Cheney fosse stato “non correttamente informato”.
    Ma gli americani non hanno sfruttato la chanche, e dopo alcuni giorni lo stesso Presidente degli Stati Uniti, George Bush, nell’intervista rilasciata al quotidiano Build ha affermato che dalla Russia arrivano “segnali confusi” che pongono l’interrogativo sulle intenzioni di questo Paese di “diventare una vera democrazia, con una libertà di stampa, con una libertà di coscienza ed altre libertà proprie delle democrazie”.
    Bush ha parlato anche di un “nazionalismo economico” della Russia: secondo lui, il Presidente russo Vladimir Putin “utilizza le compagnie petrolifere per raggiungere quelli che potrebbero essere definiti degli scopi politici”.
    Putin gli ha reso pan per focaccia nel suo discorso del 10 maggio all’Assemblea federale. Partendo dall’affermazione che “qualcuno” “voleva che la Russia si impegolasse in questi* problemi” (*quelli relativi ai conflitti interetnici, ndr.), Putin, senza menzionare in concreto governi e Paesi, ha criticato velatamente l’approccio di forza da parte degli USA nei confronti dell’Iran. Pochi momenti dopo, chi ascoltava il discorso ha sentito pronunciare una frase che suonava così: «Ma noi vediamo cosa sta accadendo nel mondo. Noi lo vediamo! Come si dice, “il compagno lupo sa bene chi può divorare”. Mangia e non dà retta a nessuno. E non pare affatto che abbia intenzione di dar retta a qualcuno». Per “il compagno lupo”, naturalmente, s’intendevano gli Stati Uniti. Putin ha continuato presentando un vasto programma di riammodernamento degli armamenti e indirizzando un rimprovero (ancora senza far nomi) alla politica dei due pesi e delle due misure: “Ma dove va a finire tutto il pathos della lotta per la democrazia e per i diritti dell’uomo, quando viene il momento di fare i propri interessi? Allora tutto è lecito, i limiti non esistono più”.
    Quanto all’ingresso nel WTO, Putin ha detto duramente che esso sarà realizzato solo “nei termini che tengano pienamente conto degli interessi economici della Russia”. Come un’altra “risposta a tono” agli Usa suona la proposta di organizzare una Borsa del gas e del petrolio in Russia, con pagamementi in rubli. Tale commercio, combinato con la nota proposta iraniana di adottare l’euro come nuova valuta per il commercio delle risorse energetiche potrebbe indebolire notevolmente sia il dollaro che l’economia degli USA in genere.
    Quanto ai motivi di tale contrasto, essi sono assai semplici. L’élite russa non si sente più in obbligo nei confronti degli USA (e dell’Occidente in genere) e proprio non comprende perché i Paesi occidentali, supportando dei regimi palesemente non democratici, ma “amici” (come quello dell’Arabia Saudita), possano criticare la Russia per simili atteggiamenti nei confronti di vecchi clienti dell’URSS. Inoltre, all’èlite russa, ancora memore dei tempi del mondo bipolare naturalmente non piace che gli USA cerchino di acquisire influenza nei territori ritenuti dalla Russia “amici” (soprattutto gli ex Paesi della CSI), e ivi incoraggino la nascita di regimi intenzionati a prendere distanza dalla Russia. Da parte loro gli americani, che non hanno dubbi sul fatto di essere stati gli unici vincitori della “guerra fredda”, cercano seguire il principio secondo il quale “il vincitore ottiene tutto”, dimenticando che di forze vere, per contrastare, ne hanno poche.
    E l’Unione Europea (molti Paesi membri della quale dipendono dalle forniture energetiche russe) dal canto suo cerca di servirsi di questi contrasti per aumentare la pressione sulla leadership russa, al fine di costringerla a far accedere le aziende estere ai giacimenti russi. Vladimir Putin, comunque, è già disposto a concedere alcuni giacimenti alle compagnie occidentali, ma soltanto dietro sua personale autorizzazione.

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