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Numero 7(52)
Peggiora la bilancia dei pagamenti

    I dati della bilancia dei pagamenti, relativi al 1 trimestre del 2002, pubblicati dalla Banca Centrale dimostrano che il calo dei prezzi del petrolio, avvenuto negli ultimi sei mesi, ha avuto un certo effetto sulla Russia.
    La riduzione del 33% del saldo positivo del calcolo delle operazioni correnti, nonché la diminuzione del 25% del saldo positivo della bilancia commerciale dimostrano un peggioramento notevole del commercio estero. Il calo del saldo di operazioni correnti ha fatto sì che le riserve della Banca Centrale (BC) durante il primo trimestre oscillavano tra il 36,5 e il 37,5 miliardi di dollari, cioè di fatto sono rimasti invariati rispetto alla fine del 2001.
    Sebbene la riduzione delle esportazioni del petrolio fosse prevedibile, e la situazione dovrebbe riaggiustarsi in seguito all’aumento dei prezzi internazionali del petrolio, la dinamica generale dei proventi d’esportazione suscita preoccupazione. In particolare, è preoccupante il fatto che la dinamica dell’export, come delle importazioni ormai subisce un influsso rilevante del cambio reale del rublo. Il calo del 5%-7% delle esportazioni non relative al settore petrolchimico rispecchia la riduzione della competitività delle merci russe dal punto di vista dei partner stranieri. Visto che la maggior parte dei prodotti finiti esportati è spedita nei Paesi della CSI e dato che quest’elemento dell’export è aumentato notevolmente dopo la svalutazione del 1998, ora, con ogni probabilità, inizia un processo inverso, motivato dalla perdita dello spazio che avevano su questi mercati i produttori russi. In parallelo, sta verificandosi anche l’eliminazione dei prodotti russi sul mercato interno. Nel primo trimestre di quest’anno, le importazioni sono aumentate dell’intero 9%. E anche se c’è un evidente rallentamento, rispetto all’aumento del 18%, avvenuto nell’anno scorso, i ritmi di crescita rimangono notevoli.
    Una forte dipendenza dei proventi d’esportazione dalle merci relative alle materie prime (il 70%) rimane una delle debolezze dell’economia russa. Nonostante che nei tre anni passati, i produttori russi hanno avuto la possibilità di conquistare i mercati stranieri, essi, come dimostrano le statistiche, non riescono a mantenervi le loro posizioni. Ciò significa che in futuro, le oscillazioni dei prezzi del petrolio sui mercati mondiali rimarranno uno dei fattori determinanti per la bilancia dei pagamenti. E’ possibile correggere questa situazione solo per mezzo di una politica più attiva della svalutazione del rublo, che rallenterà l’aumento delle importazioni e darà un sostegno all’attrattiva delle esportazioni non relative al settore delle materie prime.
    Il ritiro di Viktor Gherascenko, in tale contesto, è un segnale positivo. Mentre lui dava preferenza alla stabilità del cambio nominale del rublo, il nuovo capo della BC, Serghei Ignatiev, dovrebbe essere sostenitore di una svalutazione più rapida. Ciò è dimostrato anche dalla recente dichiarazione di Tatiana Paramonova sulla necessità di aumentare le riserve della BC, verso la fine dell’anno, fino a 45-47 miliardi di dollari USA. Considerato che, con i prezzi del petrolio di circa 20-22 dollari per un barile della miscela Brent (il prezzo medio del petrolio nel primo trimestre di quest’anno), la BC non può aumentare le riserve auree valutarie. I programmi così ambiziosi relativi all’aumento delle riserve possono essere realizzati solo con la svalutazione accelerata del cambio nominale del rublo. Anche la situazione economica induce a tale politica. Visto che l’inflazione in Russia è spinta non tanto da fattori monetari, quanto dall’aumento di tariffe, l’aumento della massa monetaria non dovrebbe causare effetti inflazionistici. D’altra parte, la svalutazione nominale più rapida consentirà di prevenire il rafforzamento reale del rublo e sosterrà la crescita del PIL che ha costituito solo il 3% nel 1 trimestre del 2002.

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