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Numero 7(52)
In attesa del messaggio del Presidente

    I risultati del primo trimestre del 2002 hanno confermato i timori di coloro che erano scettici circa la possibilità dell’ulteriore crescita economica.
    I risultati del primo trimestre del 2002 hanno confermato i timori di coloro che erano scettici circa la possibilità dell’ulteriore crescita economica. Dopo il primo trimestre il PIL è aumentato, secondo le stime preliminari, solo del 3%. Va ricordato che la previsione del governo per quest’anno è fissata tra il 3,2% e il 4%, cioè, dopo il primo trimestre, il PIL era più basso degli indici annui.
    Sebbene gli indici della crescita industriale, relativi a singoli settori, non siano ancora pubblicati, il trend dei primi due mesi non ispira grande ottimismo. Di 15 settori principali, analizzati regolarmente dal Comitato statale per le statistiche, solo in tre si verifica l’aumento, mentre nella maggior parte di essi il volume di produzione si riduce. La maggiore preoccupazione è suscitata dalla riduzione della produzione nel settore metalmeccanico, che diventa sempre più rilevante con ogni mese. Come abbiamo scritto in precedenza, proprio l’aumento della produzione in questo settore era un indicatore della crescita economica, rispecchiando l’aumento della domanda di investimenti. E benché i dati sulla dinamica di investimenti non siano ancora pubblicati, il calo nel settore metalmeccanico dimostra che si sta delineando un notevole rallentamento.
    Le azioni del governo dimostrano che anche l’esecutivo è preoccupato della situazione macroeconomica. Poco fa, alla fine di marzo, all’ennesima riunione riguardante la politica fiscale, si è esaminata l’eventuale riduzione del peso fiscale che negli ultimi due anni è diminuito del 2% del PIL, grazie alla riduzione dell’imposta previdenziale, di imposte sul giro d’affari e dell’imposta sugli utili. In particolare, il governo federale ha dichiarato la possibilità dell’ulteriore riduzione dell’imposta sugli utili del 1,5 percento, nonché ha confermato l’intenzione di ridurre l’IVA e di eliminare completamente le tasse sul giro d’affari. Con ogni probabilità, questi provvedimenti saranno presi in considerazione durante la preparazione della Finanziaria 2003, cui progetto dev’essere presentato al governo il 23 maggio di quest’anno.
    Nel contempo, la riduzione delle tasse a partire dal 2003 avrà un effetto positivo solo sugli indici economici dell’anno venturo, ma difficilmente potrà influenzare la dinamica della produzione industriale nei prossimi mesi. In questo modo, in prospettiva a breve termine, le misure della politica budgetaria diventano secondarie, e il ruolo principale nel mantenimento della crescita dev’essere fatto certamente dalla politica monetaria. In quest’ottica, le dimissioni recenti di Viktor Gherascenko e la nomina di Serghei Ignatiev al posto del capo della Banca Centrale (BC) sono segnali positivi importanti per gli imprenditori, anche perché Ignatiev prima aveva lavorato nel Ministero della finanza. E’ ben noto che l’ex capo della BC prestava una grand’attenzione alla dinamica del corso di cambio nominale, ma durante la sua presidenza la BC non si era mai impegnata nella gestione del cambio reale del rublo, riferendosi al carattere non monetario dell’inflazione. Con la nomina di Serghei Ignatiev compare la speranza che la BC e il Ministero della finanza smettano di trasbordare vicendevolmente la responsabilità dell’inflazione, ma cominceranno a svolgere la politica di una svalutazione accelerata del rublo, mirata a compensare il tasso alto dell’inflazione.
    Una pietra miliare nella formazione di una politica adeguata nei prossimi mesi può essere fornita dal messaggio tradizionale del Presidente: Vladimir Putin ha intenzione di renderlo pubblico il 17 aprile. La preparazione del messaggio annuale in quest’anno, secondo le voci, si svolge in modo un po’ nervoso: il Presidente vuole idee nuove, e il Ministero per lo sviluppo economico non sembra essere in grado di presentargliele. Il Ministero di Gref cerca di usare uno schema già sperimentato, proponendo a Vladimir Putin di designare le prospettive più vicine in base agli scenari per gli anni 2003-2005 (vedi la tabella).
    Tuttavia, benché gli scenari del Ministero per lo sviluppo economico siano, senz’altro, abbastanza validi per attirare l’attenzione degli economisti, è assolutamente impossibile ritenere che rappresentino qualcosa d’inedito. Entrambe versioni dello sviluppo dell’economia, come sono presentati nella tabella, dimostrano che in Russia non cambierà niente riguardo alla dipendenza dei prezzi del petrolio. In altre parole, i prezzi più alti del petrolio comportano automaticamente i tassi di crescita più alti dell’economia russa. E’ interessante rilevare, poi, che i prezzi più alti del petrolio contribuiscono anche alle riforme strutturali. Qualora i prezzi medi del petrolio ammontino a 21,5 dollari per un barile, l’esecutivo è disposto a realizzare l’aumento più brusco di tariffe (fino al 35%), mentre con i prezzi più bassi del petrolio anche la crescita delle tariffe sarà abbastanza contenuta. E’ importante ribadire, inoltre, che mentre il secondo scenario prevede solo il 20% dell’aumento di tariffe in forma reale, in conformità al primo scenario l’aumento di tariffe non farà che compensare ai “monopoli naturali” le perdite dell’inflazione alta.
    L’intervento di Vladimir Putin dev’essere ritenuto importante anche perché farà capire se lui continuerà a dare fiducia al governo attuale o no: la risposta è positiva se il Presidente userà i materiali, preparati da Gref. Infatti, è assai probabile che il Presidente ora stia cercando non solo le nuove idee per il suo messaggio annuale, ma anche una nuova équipe.

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