Numero 14(59)
Cecenia-2 o la nuova guerra per il rating La Dirigenza russa ha ingiunto un ultimatum alla Georgia
Il rapporto russo-giorgiano che diventava sempre peggiore nel corso di tutto l’ultimo decennio, e’ arrivato probabilmente all’ultimo traguardo, dietro il quale sta la guerra.
Alla riunione con i ministri della difesa, degli interni, della sicurezza, svoltasi a Soci l’11 settembre, il Presidente dellla Russia Vladimir Putin di fatto ha ingiunto un ultimatum al vicino meridionale della Russia. “Se la dirigenza giorgiana non potra’ creare una zona della sicurezza nei pressi della frontiera russo-georgiana e continuera’ ad ignorare la mozione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1373 del 28 settembre del 2001, non porra’ fine alle sortite dei banditi e alle aggressioni contro regioni attigue della Russia, ci riserviamo il diritto di agire in conformita’ all’articolo 51 dello Statuto dell’ONU, che assicura a qulasiasi Stato membro dell’ONU il diritto inalienabile per l’autodifesa individuale o collettiva”, ha ditto il Presidente della Russia, aggiungendo che sul territorio georgiano “si sono imboscati anche coloro che partecipavano alla preparazione degli atti terroristici negli USA e realizzatori diretti delle esplosioni che avevano distrutto i palazzi residenziali nella Federazione Russa”.
L’obiettivo di Putin era quello di presentare al mondo ”la storia di Pankissi” come una parte integrante della lotta al terrore. E’ per questo che lui ha scelto per il suo ultimatum proprio l’11 settembre. E’ per questo che ha rilevato alcune volte: nello stretto di Pankissi operano “terroristi internnazionali”, “cittadini degli Stati piu’ svariati”, “reparti non georgiani”.
Il capo dello Stato russo ha pure incaricato il Ministero della difesa della Federazione Russa di preparare un piano di possibili azioni di guerra contro I terroristi sul territorio della Georgia. Il discorso di Putin rispettava lo stile ben noto agli uomini che ricordano il telegiornale sovietico “Vremia”, con il suo ritornello “la TASS e’ autorizzata a dichiarare che…”. In seguito, la pressione psicologica nei confronti della Georgia si intensificava. Serghei Ivanov, ministro della difesa della Russia, ha comunicato quasi subito di poter fornire a Putin al piu’ presto un piano della possible operazione contro le basi dei guerriglieri nella gola di Pankissi. Nei mass media sono comparsi I nomi dei reparti che dovevano essere coinvolti nell’operazione in via di preparazione.
Creando una copertura legale per l’eventuale operazione, il Presidente russo ha inviato un messaggio con la descrizione dei suoi programmi al Segretario generale dell’ONU, ai leader dei Paesi membri costanti del Condiglio di Sicurezza dell’ONU e della OSCE, come si deve fare in conformita’ allo Statuto dell’ONU. Ora la Russia ha le mani slegate e puo’ cominciare l’operazione in qualsiasi operazione.
Putin e’ stato subito appoggiato dalla Duma (348 voti favorevoli) e il Consiglio della Federazione, dato che l’argomento trovato dal Presidente e’ la carta vincente per piacere agli elettori alla vigilia delle elezioni dell’anno prossimo. Qualcuno sostiene che tutta l’acutizzazione del rapporto con la Georgia sia una mossa relativa alle public relations, mirata ad alzare il rating del Presidente e dei partiti propresidenziali e per giustificare le operazioni militari non troppo felici in Cecenia. Anzi, i deputati hanno proposto al governo di non aspettare l’operazione militare e di bloccare gia’ adesso le furniture di servomezzi russi in Georgia. Da parte sua, la Duma ha dichiarato di fermare il lavoro sul progetto del Trattato russo-georgiano sull’amicizia, sul buon vicinato, sulla collaborazione e sulla sicurezza reciproca.
L’ultimatum di Putin, per la prima volta in molti anni, ha intimidito la dirigenza georgiana. Va rilevato che l’eventuale intervento delle truppe russe, qualora si impegnino, tanto che ci sono, nell’abbattimento di Scevarnadze, verra’ appoggiato, anzitutto, da tre “principi” (capi dell’Abkhazia, dell’Agiaria e dell’Ossezia del Sud, in cui e’ stata addirittura dichiarata una mobilitazione, mirata apparentemente contro i guerriglieri ceceni), e poi, da molti rappresentanti dell’elite Georgiana e del popolo, stanchi dell’anarchia decennale, della corruzione e del predominio del “clan Scevarnadze” nel potere.
Il parlamento georgiano ha subito accusato la Russia dell’interpretazione inadeguata dello Statuto dell’ONU, della preparazione dell’aggressione, di un tentativo dell’annessione e della protezione fornita al terrorismo. Gli atteggiamenti panici delle autorita’ georgiane si sono intensificati in modo particolare dopo che in tutta la seguente gli USA non hanno reagito in nessun modo alla dichiarazione di Putin. Sono comparse le voci, secondo le quail Putin e Bush si fossero messi d’accordo sulla divisione delle sfere d’influsso: “Noi vi concediamo l’Iraq, voi ci concedete la Georgia”. Il 12 settembre, Scevarnadze, ormai disperato, ha esposto la sua ultima carta vincente, dichiarando di ritenere possible l’evacuazione dei soldati “pacificatori” russi dall’Abkhazia. Il 13 settembre, del resto, I diplomatici georgiani sono riusciti ad ottenere un commento di Brenda Grinberg, raprresentante del Dipartimento di Stato, la quale ha ditto che “siamo fermamente opposti alla dichiarazione del Presidente Putin che minaccia azioni unilaterali nei confronti di bersagli ceceni sul territorio georgiano, qualora la Georgia non arresti e non estradi guerriglieri ceceni”. Il Presidente della Georgia, Eduard Scevarnadze, si e’ affrettato di pronunciarsi soddisfatto della posizione degli USA e di sottolineare apposta di sperare negli aiuti americani. Ha pure inviato a Putin un messaggio con la proposta conciliante di discutere tutte le discordanze durante un incontro fra loro due.
Quanto ai parlamentari georgiani, essi si sono rivelati degni dei propri colleghi russi, Hanno chiesto il ritiro immediato dei soldati pacificatori russi dall’Abkhazia e l’uscita della Georgia dalla CSI. E’ suonata addirittura una dichiarazione circa l’intenzione di spedire una domanda di adesione del Paese alla Nato.
Ma a Mosca si trova John Bolton, il capo della signora Grinberg. Secondo informazioni ufficiose, sta appunto cercando di mettersi d’accordo con le autorita’ russe sulle condizioni dell’appoggio che esse potrebbero dare all’operazione contro l’Iraq. Alla domanda dei giornalisti, cosa pensa del conflitto russo-georgiano, il signor Bolton ha detto di aver fiducia nella capacita’ delle parti di trovare da sole una soluzione dei problemi sorti. Gli altri diplomatici americani hanno preferito di non commentare la situazione, il che fa sospettare che certi accordi segreti russo-americani potessero aver luogo davvero.
Anche il tono dei vertici russi non e’ cambiato dopo la dichiarazione di Bush. Serghei Prikhod’ko, il vice direttore dell’amministrazione del Cremlino, responsabile delle questioni internazionali e Serghei Fridinski, il vice procuratore generale, hanno di nuovo accusato Tbilissi del tacito consenso alle azioni dei guerriglieri dello stretto di Pankissi e hanno dichiarato che la Russia non chiede che l’eliminazione dei focolai del terrore o almeno l’estradizione dei guerriglieri gia’ arrestati. Per quanto scettico sia l’atteggiamento dell’opinione pubblica internazionale nei confronti di queste dichiarazioni, esse piano piano distruggono i resti dell’immagine del regime di Scevarnadze in Occidente. La situazione e’ stata solo peggiorata dalla dichiarazione ingenua di Rusudan Beridze, vice segretario del Consiglio di sicurezza nazionale della Georgia, secondo la quale la Georgia stesse cercando per i guerriglieri un terzo Paese in cui potrebbero trasferirsi, mentre tutti I Paesi, chissa’ perche’ non vogliono accogliere i separatisti.
Forse non sperando molto nell’appoggio statunitense, il ministero degli interni della Georgia ha gia’ proposto di far entrare nello stretto di Pankissi una delegazione della OSCE, composta di osservatori russi, e di svolgere in modo piu’ intenso la “pulizia” dello stretto. Queste concessioni difficilmente saranno ultime, dato che i dirigenti russi hanno gia’ sentito l’odore del sangue… o della crescita rapida dell’indice di gradimento. Ma per ora non e’ chiaro, come possa finire il conflitto. E’ evidente una cosa: l’esercito russo in questo momento non e’ capace di iniziare l’operazione in Pankissi, mentre con soli bombardamenti e’ impossibile risolvere il problema dei guerriglieri ceceni.
Antonio Martins da Cruz, presidente attuale della OSCE, ministro degli esteri del Portogallo, ha invitato la Russia e la Georgia ad “astenersi da qualsiasi azione che possa comportare un escalation della tensione nella regione, e che possa avere effetti negativi per la sicurezza e la stabilita’ nel Caucaso e in tutta la zona di competenza dell’OSCE”.
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