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Numero 16(61)
Lo Stato non sa quanto c’è da pagare di debiti

    Anche se il 2003, l’anno fatidico nei pagamenti del debito estero della Russia, si avvicina a velocità implacabile, ciò non rende molto più definito l’argomento della quota da pagare.
    Piuttosto viceversa: le dichiarazioni del Governo a questo proposito diventano sempre più nebulose, per non parlare del fatto che funzionari diversi continuano a citare importi di pagamento diversi.
    La differenza nella valutazione dei pagamenti del debito evidentemente si spiega con la formalità dei rappresentanti governativi nella valutazione. Di fatto la Russia nel 2001 ha pagato circa 3 miliardi di dollari ed ha estinto in anticipo il debito nei confronti del FMI che spettava al 2003. Però, particolare importante, questo debito era impegno della Banca Centrale e non del Ministero delle Finanze, visto che era stato concesso per stabilizzare la situazione nel mercato valutario. Quindi, anche se gli impegni della Russia in seguito all’estinzione anticipata si sono ridotti da 19 a 16 miliardi di dollari, l’importo degli impegni del Ministero Finanze è rimasto invariato.
    Una seconda peculiarità riguarda l’argomento del recupero anticipato dei titoli di mercato. Secondo le stime di diversi esperti, dopo la svalutazione il governo russo si è approfittato del fatto che il prezzo delle sue obbligazioni è caduto a livelli bassissimi e si è messo ad accaparrare i titoli a buon mercato, che non venivano acquistati direttamente dal Ministero delle Finanze bensì attraverso la Vnesheconombank (VEB), agenzia del debito pubblico; di modo che formalmente nei budget dei 1999-2001 non ci fossero voci secondo le quali le spese pubbliche venissero indirizzate al recupero ufficiale dei debiti. Nello stesso tempo secondo valutazioni preventive in seguito alle operazioni della VEB sono stati comprati al mercato valori per circa un miliardo e mezzo di dollari. In altre parole dopo estinzione del debito FMI e con l’acquisto delle cartevalori l’importo dei debiti da pagare si è ridotto di circa 4,5 miliardi di dollari scendendo a 14-15 miliardi.
    Però il Governo ha anche un interesse politico nel non svelare, fino a un certo periodo, la quota effettiva dei debiti da pagare. Alla vigilia delle elezioni politiche nel parlamento dominano disposizioni esclusivamente populistiche, e di seguito il Governo teme pressioni da parte dei deputati al fine di aumentare i pagamenti sociali ed altri. Il grande peso del debito è un argomento molto valido per contenere gli appetiti del corpo parlamentare. Quindi prima della seconda e terza lettura del budget il Gabinetto probabilmente insisterà sul fatto che le spese di gestione del debito nel 2003 sarebbero vicine al livello iniziale e ammonterebbero a una cifra non inferiore a 17 miliardi di dollari.
    Allora, se le dichiarazioni a proposito dell’onerosità del debito sono troppo pessimistiche, e in realtà il problema 2003 è stato risolto, forse il problema del debito estero non esiste addirittura? In realtà non è proprio così. L’importo totale del debito estero si è ridotto durante il 2002 alla quota di circa 125 miliardi di dollari, o al 40% del PIL, il che non è molto in confronto con l’Argentina o anche col Brasile, ma non è neanche poco. La zavorra non minaccia lo sviluppo dell’economia russa nel prossimo futuro, ma contemporaneamente l’importo del debito estero non permette di incrementarlo in modo sostanziale. Perciò la politica dei debiti russa per gli anni a venire deve scegliere i seguenti postulati. Primo, vanno evitati addebitamenti esteri come ad esempio le euroobbligazioni, visto che comportano un aumento dell’onere del debito che anche oggi non è basso. Secondo, al debito estero deve subentrare quello interno, che in Russia costituisce solo il 2% del PIL, tra i più bassi nei paesi di mercato emergente. Inoltre l’incremento del debito interno permetterebbe di aumentare la solvibilità del mercato delle obbligazioni statali, che negli ultimi tre anni langue per il basso numero di partecipanti. La strategia ottimale per i prossimi anni sarebbe cioè quella di far crescere il debito interno e ridurre quello estero.

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