Numero 1(46)
Mini attentato
L’attentato in tono minore compiuto da un giovane americano, di buona famiglia, emulo di Bin Laden, ha rinfocolato la
paura di nuovi attacchi terroristici.
Nel centro di Tampa, Florida (la città in cui, a proposito, era iniziata la storia del carbonchio maligno), un aereo a un
motore Cessna 172 è precipitato sul grattacielo della locale filiale della Bank of America. L’edificio ha subìto danni poco
significanti. L’aereo, decollato dall’aeroporto più vicino di Saint Petersburg, era pilotato dallo studente quindicenne Charles
Bishop.
L’apparecchio s’era sollevato senza aver avuto il permesso di decollo. Subito dopo, per intercettarlo, è partito da terra un
elicottero della Guardia costiera. Bishop ha avuto l’ordine di atterrare, ma ha ignorato questa richiesta, direzionando l’aereo
sul centro di Tampa, dove, come si è detto, ha centrato un grattacielo. Il ragazzo, in seguito all’incidente, è morto. Le indagini,
alle quali partecipa la FBI, hanno dimostrato che Bishop era entrato nell’aereo in modo illecito: era stato studente di una scuola
di aviazione e poteva salire su un aereo, ma non aveva l’autorizzazione di pilotarlo da solo.
Inizialmente i rappresentanti della FBI affermavano che l’azione dello scolaro non fosse un tentativo di compiere un atto
terroristico, ma poco dopo è venuto fuori che nel biglietto lasciato prima di andare a morire, Bishop aveva scritto di essere
un sostenitore di Usama bin Laden e di essere consapevole di voler compiere un atto terroristico. In questo modo, gli USA hanno
di nuovo affrontato la comparsa dell’ombra terrificante di un terrorista irreperibile. Bisogna ammettere: se l’incidente era
stato concepito davvero dai sostenitori di bin Laden, questi hanno agito in modo molto intelligente. Visto che non è possibile
attaccare un poliziotto a ogni cittadino del Paese, e che è troppo difficile capire se un ragazzo bianco di una famiglia perbene
possa essere sostenitore dei terroristi islamici, il panico rinato negli animi degli americani, vi rimarrà per molto tempo.
Ilja rudnev
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