Numero 1(46)
Dimissioni di Ruggiero - gli esteri a Berlusconi
Separazione consensuale tra il Ministro degli Esteri, Renato Ruggiero; “bufera” sul pianeta giustizia; il capo dello Stato,
Azeglio Ciampi, che tenta una non facile mediazione per ricucire il dialogo tra parti sociali e Governo.
L’Italia, in questi giorni è scossa da problemi politici che erano in molti ad attendere ad una verifica che non si presentava
per nulla indolore..
Dunque, il titolare della Farnesina, Ministro tecnico ma non disponibile a rinunciare ad un ruolo di spessore politico, se n’è
andato. Lo ha fatto senza sbattere la porta ma mettendo a nudo dissapori e divergenze di linea che coinvolgono il futuro europeo
del Paese. Su di lui si erano accentrate le critiche di alcuni colleghi, Martino, Tremonti e in particolare Bossi. Ruggiero non
ha gradito, Berlusconi ha evitato di schierarsi riprendendosi ad interim il Ministero. La prima preoccupazione del Capo del
Consiglio è stata quella di rassicurare i partners continentali: L’Italia conferma la propria vocazione europeista, ma non è
assolutamente disponibile ad accettare un ruolo subalterno. Il tutto proprio mentre entra in vigore la moneta unica ed anche
gli italiani si adeguano a spiccioli e banconote. Di fatto il contrasto è più profondo: da un lato chi teme che l’Europa che
si va a costruire diventi una specie di superstato in mano ai tecnocrati, dall’altro c’è chi rivendica l’autonomia “popolare”,
il diritto delle singole nazioni a decidere del proprio futuro sulla base di storia e identità consolidate.
Berlusconi ha preso tempo, in molti hanno indicato in Gianfranco Fini il successore ideale di Ruggiero, ma il leader di Forza
Italia ha detto chiaramente che prima di procedere ad una nuova nomina vuole riassestare il Ministero degli Esteri. Come?
Sicuramente limitando il ruolo puramente diplomatico di funzionari e ambasciatori a favore di un impegno più accentuato sul
versante strategico e commerciale. Tutto questo esigerà un lavoro di almeno tre o quattro mesi, per cui per la successione del
reggente della Farnesina si riparlerà quanto meno a marzo.
Intanto sulla Giustizia è guerra aperta. Al di là dei mali di un sistema definito lento e inadeguato, le relazioni di apertura
dell’anno giudiziario da parte dei vari Procuratori hanno messo a subbuglio l’intero sistema. Tutto questo mentre a Milano si
celebra il processo-scontro sul caso Sme che vede coinvolto Berlusconi e Previti. Proprio nel capoluogo lombardo l’intervento
del Procuratore Saverio Borrelli è stato di una durezza spietata. Il Magistrato, nella sua relazione, ha invitato i colleghi
alla “resistenza”, evocando addirittura la presenza di una “linea Piave” che i politici tenterebbero con veemenza di forzare.
Tutto questo ha riportato il dibattito sul conflitto di interessi, che si è spostato dal terreno dei media a quello delle aule
giudiziarie. Può un Presidente del Consiglio governare anche se sotto processo? E ancora, può procedere alla riforma del sistema
giudiziario essendo nello stesso tesso tempo coinvolto in questioni legali?
Sul campo più strettamente sociale non manca la tensione. I sindacati sono quanto mai critici rispetto alle intenzioni del
Ministro Roberto Maroni. Sia per quanto concerne la revisione dell’articolo 18 (in merito ad una maggiore flessibilità nei
licenziamenti anche per le aziende al di sopra dei quindici dipendenti) sia per una rivisitazione più allargata del sistema del
welfare. Sono state le confederazioni sindacali, unitariamente, a richiedere l’intervento del Capo dello Stato, imputando al
Governo la rottura del metodo della concertazione. Ciampi ha accolto l’invito, nel tentativo di riaprire un dialogo e una modalità
di confronto la cui rottura rischierebbe profonde lacerazioni nel Paese.
A margine di questi temi, gonfi di valenze politiche e di possibili scontri, alcune novità, certo importanti ma dalle implicazioni
meno severe: è passato il nuovo Codice della strada, che dall’anno prossimo consentirà di viaggiare in autostrada anche a 150
all’ora (la decisione spetterà ai gestori sulla base di alcuni parametri legati sostanzialmente alla sicurezza dei tragitti),
oltre a introdurre la patente a punti e quella per i motorini. Il ministro alla Pubblica Istruzione, Letizia Moratti, si è vista
respinta dal Consiglio dei colleghi la sua proposta di riforma della scuola italiana; Berlusconi ha affermato di aver assegnato
compiti precisi ai Ministri: sono previste sanzioni per chi non sarà diligente.
Toni Grossi
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