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Numero 2(47)
Mercato Finanziario

    Il mercato valutario
    Gli eventi sul mercato valutario a gennaio son procedute conformemente alle attese dei trader. Al rapido calo del cambio valutario ai primi del mese, fino a 30,58 rubli per un dollaro, sono succeduti 15 giorni di relativa stabilità, dovuta al fatto che la liquidità in rubli è stata spesa per pagamenti fiscali ed inviata al fondo della riserva obbligatoria. Ma appena i pagamenti fiscali sono terminati, negli ultimi giorni del mese il corso di cambio ha raggiunto subito la quota di 30,7 rubli per un dollaro, e difficilmente vi potrà tornare indietro.
    Sebbene i prezzi del petrolio oscillino fra 18 e 20 dollari per un barile di miscela Brent, tutti ormai cominciano a capire che la Banca Centrale della FR non è capace di aumentare le sue riserve auree valutarie, che in gennaio non sono praticamente cambiate: la loro entità oscillava da 36,5 a 37,0 miliardi di dollari. Tale situazione dimostra evidentemente come la situazione sul mercato sia cambiata e che i ritmi della svalutazione debbano essere più alti rispetto al 2001, dato che la Banca Centrale cercherà di salvaguardare le proprie riserve auree valutarie. Il cambio del rublo, in questo modo, può calare di 20-30 copechi al mese.
Il mercato azionario
    A metà gennaio sul mercato delle azioni è iniziata una correzione che ha fatto presto tornare l’indice RTS quasi al livello del 2001. Le vendite erano provocate da due notizie negative. La prima è questa: il 24 gennaio il governo ha dichiarato l’aumento del 20% delle tariffe del gas e dell’energia elettrica, sebbene il mercato si aspettasse l’aumento del 25%-30%. Il ritmo rallentato dell’aumento delle tariffe significa che gli utili ottenuti dalla RAO EES, dal Gazprom, da aziende energetiche regionali, quest’anno saranno dal 3% all’8% minori del livello previsto. Per questo motivo alcuni investitori hanno preferito vendere i portafogli di azioni russe subito dopo la comparsa del comunicato sulla decisione del governo. L’altra brutta notizia per il mercato azionario russo riguarda le aziende petrolchimiche che costituiscono circa il 60% della capitalizzazione dell’indice del mercato azionario: anch’esse non sono riuscite ad evitare le vendite. Nella seconda metà di gennaio alcune aziende di intermediazione si sono messe a diffondere le informazioni, secondo le quali nel 2002 i redditi del settore petrolchimico saranno peggiori di quelli attesi. La motivazione principale di tale previsione è il fatto che la decisione della Russia di ridurre le forniture sul mercato estero, mentre continua l’aumento dell’estrazione, ha già comportato l’eccedenza dell’offerta di petrolio sul mercato interno. Negli ultimi due mesi i prezzi ai quali le società russe Jukos, Lukoil, Tatneft’ e Sibneft’ vendono il petrolio, sono caduti del 30%-40%. Ciò vale a dire che, tirando le somme del 2002, le società potrebbero perdere circa il 10%-15% dei loro utili. La Sibneft’ e la Jukos appaiono meno vulnerabili delle altre, in forza dell’aumento notevole dell’estrazione. La più vulnerabile potrebbe essere la Tatneft’, per la bassa qualità del suo petrolio. Il calo dei prezzi all’ultima decade di gennaio evidenzia proprio questo giudizio sul potenziale delle società.

Il mercato delle obbligazioni
    Anche i prezzi delle obbligazioni russe sono calati nella seconda metà del mese. Evidentemente, i mezzi monetari che già alla fine del 2001 si investivano attivamente in Russia, ora cominciano a passare gradualmente agli altri mercati. Il mutamento del trend è dovuto, in primo luogo, al fatto che in gennaio alcuni Paesi dai mercati emergenti hanno presentato i nuovi strumenti sui mercati mondiali delle obbligazioni. La Turchia, il Brasile, il Messico e il Perù, messi insieme, hanno tolto dal mercato circa 4 miliardi di dollari, riducendo la liquidità libera. Inoltre, alcuni investitori hanno cominciato ad essere più attenti alle obbligazioni argentine che, dopo l’insolvenza e la modifica del regime valutario, appaiono già attraenti per l’acquisto. Come abbiamo scritto nei numeri precedenti, quanto più presto l’economia argentina accennerà a riprender fiato, tanto meno probabile diventerà il notevole aumento di prezzi di obbligazioni sovrane russe nell’anno corrente.
Evgenija Orlovskaya

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