Numero 1(65)
Tra Presidenzialismo e Cancellierato il duro cammino delle Riforme 2003: anno cruciale per l’Italia Maggioritario o proporzionale? Ancora in bilico l’opinione dei politici italiani
E’ scontro dentro e fuori dei Poli mentre il paese attende un sistema istituzionale che funzioni e che garantisca stabilità di Governo.
Parlando del 2003 Carlo Azeglio Ciampi ha messo subito avanti le mani rinnovando l’invito agli Italiani a ritrovare la fiducia in se stessi, a riscoprire una capacità di affrontare e risolvere i nodi sociali, politici ed economici. Non solo ai cittadini, però, si è rivolto il Presidente della Repubblica. Un monito preciso, infatti, è arrivato alla classe politica, tanto alla maggioranza come all’opposizione, affinché si trovino quelle larghe intese auspicabili per completare il cammino delle riforme istituzionali: dalla compiuta realizzazione del maggioritario al rafforzamento del bipolarismo con riforme non fatte a pezzi ma all’interno di un quadro di riferimento generale e complessivo. Per Ciampi è assurdo consumare energie e risorse in contrapposizioni sterili quando il paese ha invece bisogno di una guida all’insegna dell’alternanza nella quale maggioranza e minoranza dovrebbero trovare un accordo su regole parlamentari non create ad hoc, ma consapevoli del fatto che oggi governa uno schieramento e domani forse l’altro. Ecco perché nel discorso di fine anno dal Quirinale è arrivata chiara la richiesta di almeno tentare un dialogo che, per altro, sembra dover essere fra sordi.
Le questioni, a dire il vero, non sono solo fra schieramenti, ma su talune posizioni anche all’interno degli stessi. Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega e UDC si confrontano infatti sul tema del Presidenzialismo e per il portavoce di AN Landolfi il Capo dello Stato “non ha certo voluto anticipare una scelta che spetta solo al Parlamento”; mentre il Presidente dei Deputati del Carroccio Alessandro Cè ha invece sottolineato come “nel patto di Governo ci sia il rafforzamento dell’esecutivo, con una guida più forte e più efficace del Governo stesso, ma il modo attraverso il quale l’obbiettivo andrà raggiunto resta ancora tutto da esplorare”. Meno dubbi per i centristi dell’UDC che guardano da una parte al ritorno al proporzionale, e dall’altra ad un Premierato “da cui ricominciare” come ha detto il Ministro delle Politiche Comunitarie Rocco Buttiglione. In Forza Italia ha preso la parola Paolo Bonaiuti, da sempre braccio destro di Berlusconi (tanto da esserne portavoce quando era leader dell’opposizione ed essere diventato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la sua elezione a Palazzo Chigi), augurandosi “che l’opposizione apra in questo primo scorcio dell’anno un dialogo sereno e costruttivo”.
Veniamo invece all’opposizione: Francesco Rutelli, leader traballante di un Ulivo messo in crisi da una figura ingombrante come Cofferati che rischia di spaccare non solo la coalizione, ma perfino i DS, ha assicurato che “il centrosinistra presenterà una proposta unitaria e utile per tutto il paese”. Sempre in area Margherita, schieramento di cui Rutelli è Presidente, Pierluigi Castagnetti, Presidente del Gruppo dei Deputati di Montecitorio, ha chiesto “più chiarezza alla maggioranza visto che ancora si intrecciano le proposte di Presidenzialismo, Premierato e Cancellierato”, bacchettando allo stesso tempo chi, come Cofferati, “chiude le porte in maniera pregiudizievole alle proposte della maggioranza poiché l’Ulivo è doverosamente interessato a evitare soluzioni negative e difficilmente reversibili”. Dello stesso avviso Marco Boato, Presidente del Gruppo Misto della Camera, per il quale “è arrivato il momento di avviare un serio cammino riformatore”, fermo restando, comunque il no da parte del centrosinistra al Presidenzialismo. E’ chiaro infatti che un più che possibile successore di Ciampi al Quirinale è proprio l’attuale Presidente del Consiglio in carica Silvio Berlusconi, ma è altrettanto ovvio che il leader di Forza Italia difficilmente accetterebbe un ruolo il cui contenuto si limiti a rappresentare il Paese nelle cerimonie e firmare leggi decise da altri. E certo non gli basterebbe nemmeno la possibilità di sciogliere le Camere quando non c’è più una maggioranza o il compito di dare l’incarico di Presidente del Consiglio a chi esce vincente dalle urne specie se poi quest’ultimo ruolo dovesse uscire trasformato dalle riforme in un’elezione diretta sul modello di quella attualmente in essere per Sindaci e Presidenti di Regione. Una formula, quest’ultima, che nei banchi dell’opposisione sembrebbe piacere al solo SDI di Enrico Boselli che pensa ad un “Sindaco di tutta l’Italia” che ricorda da vicino quell’elezione diretta del Premier proposta in passato da Mario Segni.
Per Vannino Chiti, Coordinatore della Segreteria DS, “la scelta per il futuro è quella di un Governo del Primo Ministro o del Cancelliere come voleva il programma dell’Ulivo del 1996”. Un Governo, sempre secondo Chiti, “in cui è fondamentale che il Presidente del Consiglio abbia non solo il potere di nominare i Ministri del suo Governo ma anche di revocarli e di chiedere lo scioglimento delle Camere”. E per il Premierato si è anche dichiarato a nome della Margherita il Prodiano Franco Monaco che ha accusato la CdL di “fare orecchie da mercante”, perché “altro che Presidenzialismo! per i centristi dell’Ulivo il Quirinale non si tocca!” Sulla stessa linea si sono ritrovati anche Verdi e comunisti del PdCI , per i primi ha parlato la loro ex Presidente Grazia Francescano che ha detto che “sarebbe semplicemente suicida presentarsi a questo appuntamento cruciale in ordine sparso”, mentre fra i secondi si è levata la preoccupazione di trovarsi in un futuro con “un solo uomo al comando di tutto il paese” come ha detto a nome dei cossuttiani Marco Rizzo aggiungendo poi che “se l’Ulivo andasse ad un tavolo delle trattative senza che siano stati risolti nodi come il conflitto d’interessi sull’informazione e sulla giustizia altro non farebbe che fornire una ciambella di salvataggio a Berlusconi, e su questo punto il PdCI sarebbe nettamente contraio”. C’è però di mezzo anche la questione del sistema elettorale: nella maggioranza AN si è spesa in un referendum sul maggioritario, la Lega tornerebbe volentieri al proporzionale mentre in Forza Italia ci sono posizioni diverse. Lo stesso nel centrosinistra, con ancora la Francescato per la quale “il maggioritario essendo imperfetto dovrebbe diventare compiuto”, mentre per l’UdeUR di Clemente Mastella, favorevole a Cancellierato e proporzionale, come ha spiegato il suo Capogruppo alla Camera Pino Pisicchio “è dirimente la questione della legge elettorale, e l’UdeUR non può appiattirsi su una maggioranza tesa solo al maggioritario solo in nome dell’unità a tutti i costi”.
Primo teatro dello scontro il Senato il cui Presidente, il forzista Marcello Pera, ha ricordato come le riforme non siano necessarie solo al sistema politico, ma anche al rilancio dell’economia italiana in quanto non vi può essere crescita e progresso in assenza di certezze auspicando quindi “che le riforme istituzionali vengano varate da una maggioranza ampia e trasversale tale da farle accettare da tutto il paese e da tutti i cittadini”. Per il suo predecessore, il popolare Nicola Mancino, “la strada da percorrere è quella del Cancellierato che non significa necessariamente ritorno al proporzionale, ma può convivere con l’attuale sistema maggioritario”, sempre Mancino è inoltre “contrario all’elezione diretta di un Primo Ministro privo così di ogni formale investitura da parte del parlamento, e ancor più contrario al potere del Premier di sciogliere il Parlamento”. Sempre a Palazzo Madama nettamente contrapposte le posizioni dei Presidenti dei Gruppi parlamentari di DS e Forza Italia: per Gavino Angius, che auspica il tramonto della devolution bossiana tanto da chiedere “una sensibile correzione al progetto anticostituzionale avanzato dalla Lega”, “la CdL ha posto macigni sulla via del dialogo” mentre per Renato Schifani “non ci sono macigni se non ci sono pregiudiziali da parte dell’opposizione, e ci potrebbe anche essere un punto d’incontro sul Premierato”, “si tratta -ha detto ancora Schifani- di verificare se sia possibile raggiungere con il centrosinistra un accordo su un modello che preveda l’elezione diretta del capo dell’esecutivo da parte dei cittadini, una legge elettorale con premio di governabilità che renda impossibili i cosiddetti ribaltoni e la creazione di una Camera che riconosca rappresentanza istituzionale al ruolo delle Regioni”.
Dialogo sì? dialogo no? C’è anche chi evita il confronto, vedi Pietro Folena, già Coordinatore della Segreteria DS e oggi punta di diamante dell’opposizione interna del partito, che sostiene sia impossibile “discutere di riforme con una destra dominata da un gruppo di potere berlusconiano se non si è prima liberato il paese dal populismo che sta avvelenando la democrazia”, mentre fuori dal Parlameto l’ex segretario della CGIL Sergio Cofferati nega “ogni possibilità di dialogo bipartisan con questo centrodestra composto da interlocutori dimostratisi totalmente inaffidabili. Parlano di riforme solo per esigenze tattiche, e cioè per attenuare o occultare le ragioni degli altri; e quindi il centrosinistra non deve cadere in questo tranello”.
Di parere ovviamente opposto Paolo Bonaiuti secondo cui “per tutto l’anno il Presidente Berlusconi ha mantenuto aperto il dialogo con l’opposizione e nel corso della conferenza stampa di fine anno ha addirittura spalancato la porta al confronto. Adesso tocca all’opposizione fare un passo in avanti per aprire un confronto sereno e costruttivo”. “Si può mediare su vari punti -ha proseguito il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio- come il Premierato o il semipresidenzialismo alla francese. Non ci sono posizioni irrinunciabili”; idem per Gianfranco Fini, Vicepresidente del Consiglio e Presidente di AN. Meno possibilista, invece, il Ministro per le Comunicazioni Maurizio Gasparri, leader con Ignazio La Russa della componente meno conciliante di Alleanza Nazionale. Gasparri ha infatti ricordato come “si siano vinte le elezioni promettendo il Presidenzialismo (che già fu un’antica battaglia del Segretario dell’allora MSI Giorgio Almirante n.d.r.) e da quel progetto dobbiamo quindi partire, attenti a non cedere ancor prima di avere dato battaglia”. Una fedeltà al programma che manda su tutte le furie ancora Folena per il quale “non si può venire a dire che verrà presentato pari pari il programma elettorale, questa è una risposta burocratica! Ed è sprezzante delle nostre obiezioni. Questa non è una destra europea e le riforme istituzionali al paese, alla gente che lavora, interessano poco o nulla. Certo: servono, ma non sono certo la priorità”.
E se Fini sembra ammainare la bandiera presidenzialista ecco che Umberto Bossi, Ministro per le Riforme e segretario Federale della Lega Nord sembra raccoglierla dichiarando che lui è “da sempre per il federalismo” mentre il suo Capo di Gabinetto, l’Europarlamentare Francesco Speroni, guarda addirittura oltre, al Senato delle Regioni che, “insieme con la Corte Costituzionale regionalizzata, la devoluzione, la rivisitazione della Riforma dell’Ulivo devono diventare un pacchetto unico da approvare nel corso dell’anno”.
Come dire un 2003 che potrebbe consegnare ai libri di storia un’Italia se non nuova certamente profondamente rinnovata.
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