Numero 3(48)
Bush: bene in politica estera - problemi all’ interno
«La nostra guerra contro il terrorismo è solo agli inizi”. Con queste parole il presidente degli USA George Bush ha cominciato il suo rapporto annuale al Congresso “La situazione nel Paese”.
Bush, accolto dai presenti con applausi lunghi e fragorosi, ha detto: “L’America dev’essere ferma, serena e insistente per conseguire due obiettivi principali: quello di chiudere i campi di addestramento dei terroristi, troncando l’attività terroristica, e quello di eliminare la minaccia alla sicurezza degli USA da parte dei Paesi e dei regimi politici, impegnati nella produzione di armi chimiche, biologiche o nucleari. La quintessenza di questa parte del rapporto è racchiusa nelle seguenti parole del Presidente statunitense: “Insieme ad amici ed alleati… noi dimostreremo che le forze del terrorismo non potranno fermare l’impulso progressivo della libertà”. Il Presidente degli USA ha esortato tutti gli americani a sacrificare due anni di vita per il servizio della patria. I volontari dovranno integrare i reparti della Direzione della sicurezza nazionale: Peace Corps, AmeriCorps e Senior Corps.
“Non abbiamo intenzione di imporre la nostra cultura”, ha detto Bush. “Ma gli americani devono fermamente schierarsi a favore della dignità umana: della legalità, della limitazione del potere dello Stato, del rispetto della donna, della libertà d’espressione, della parità di diritti e della tolleranza religiosa”. George Bush ha definito l’Iran, l’Iraq e la Corea del Nord “il nuovo asse del male”, indicando, in questo modo, che quei tre Paesi potranno diventare il prossimo obiettivo di un’azione di guerra statunitense nell’ambito della campagna antiterroristica.
“Gli Stati simili a questi e i loro alleati terroristici compongono un vero e proprio asse del male, e rappresentano una minaccia reale per tutto il mondo”, ha ribadito Bush. I loro regimi cercano di creare armi per lo sterminio di massa e di fornirle ai gruppi terroristici. In tale situazione, da un atteggiamento indifferente può nascere una catastrofe”.
Nel suo rapporto, Bush ha avvisato i cosiddetti Paesi emarginati che gli USA sono disposti a ricorrere alla forza, se le azioni di questi Stati minacceranno i loro cittadini, quelli dei loro vicini o di altri Paesi.
“Dobbiamo renderci ben conto che il tempo lavora contro di noi”, ha continuato Bush. “E non mi metterò ad aspettare degli eventi concreti, quando la minaccia diventerà reale, quando il nemico si avvicinerà sempre di più”.
Alla fine del suo discorso Bush ha promesso che “gli USA non permetteranno ai regimi più pericolosi del globo di minacciare il mondo con le armi più distruttive”. Quanto alle organizzazioni terroristiche HAMAS, “Hizballah” e “Jihad islamico”, è necessario intraprendere azioni attive contro di esse, ha rilevato il Presidente americano.
Per quanto riguarda la politica interna, il Presidente si è finalmente rimangiato le proprie dichiarazioni, secondo le quali il governo non avrebbe dovuto intervenire nel business, dichiarando che i controlli della contabilità finanziaria delle aziende saranno irrigiditi. Bush non ha pronunciato la parola “Enron”, ma ha manifestato un forte scontento sul fatto che le false dichiarazioni finanziarie dell’azienda abbiano recato danni agli uomini.
“Chiedo al Congresso di mettere in azione i nuovi meccanismi di protezione dei programmi pensionistici”, ha detto Bush, accompagnato da applausi. “Gli impiegati che hanno lavorato così pesantemente e che hanno accumulato per tutta la vita i soldi, non devono rischiare di perdere tutto, qualora crolli la loro azienda”.
Bush ha fatto una promessa “alla Clinton”: quella di usare le competenze del potere per creare i posti di lavoro e per proteggere le persone che non hanno un’assicurazione medica. E’ un brusco mutamento rispetto al suo discorso d’inaugurazione in cui aveva detto agli americani che “le vostre azioni non sono meno importanti di qualsiasi azione da parte del governo”.
Praticamente Bush ha delineato nel suo rapporto il nuovo mondo “monopolare”, capeggiato da una sola superpotenza, gli USA, che decide in modo autonomo se incoraggiare o punire certi Paesi.
La Russia, in questo nuovo mondo, si è trovata in una posizione, possiamo dire, di riguardo: vicino all’India e alla Cina, i Paesi con i quali, secondo Bush, gli USA in futuro potranno collaborare con molto successo. Sembra che si sia conseguita una specie di consenso riguardo alla questione relativa alla Difesa antimissile: Mosca non impedisce agli USA di elaborare questo sistema, mentre gli americani firmano un altro accordo sulla riduzione delle riserve nucleari e non impediscono alla Russia di elaborare sistemi che consentano di superare la Difesa antimissile.
Il discorso di Bush non ha però suscitato in tutti un entusiasmo simile a quello dei congressmen, che l’avevano interrotto con ovazioni 77 volte in 45 minuti. Naturalmente, i rappresentanti dell’Iran, dell’Iraq, della Corea del Nord e delle organizzazioni “Jihad islamico” e HAMAS hanno smentito le accuse di terrorismo enunciate da Bush.
Nell’America stessa gli applausi non possono soffocare un fatto sgradevolissimo per Bush: la Direzione generale dei controlli degli USA, organo del Congresso americano, ha deciso di intentare una causa a carico della Casa Bianca, per il suo rifiuto di consegnare al Congresso documenti e materiali relativi alle riunioni di un gruppo di lavoro dell’amministrazione presidenziale diretto dal vice presidente statunitense Dick Chainy. Alle riunioni si elaboravano i princìpi della nuova strategia energetica nazionale degli USA, e i documenti sovraindicati possono avere a che fare con il gruppo Enron, recentemente fallito in modo scandaloso. La stessa Direzione intende costringere, in via giudiziaria, il vice presidente Chainy a deporre sui propri contatti con l’azienda. La causa concernente i contatti dei collaboratori di Bush con i top-manager dell’Enron, che hanno operato una frode mastodontica con la propria azienda, assume intanto dimensioni sempre più vaste, e potrebbe diventare proprio quel gate che permetterà ai “democratici” di riscattarsi per la sconfitta alle elezioni presidenziali del 2000. Inoltre, il concorrente di Bush alle presidenziali, Al Gore, è tornato all’attività politica ed ha sottoposto a dure critiche la politica economica di Bush, per la quale, a suo avviso, si sarebbe praticamente squagliato il proficit budgetario di cinquecento miliardi di dollari conseguito dall’amministrazione di Clinton.
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