Numero 1(81)
Parmalat: che tonfo!
E’ di proporzioni inimmaginabili il crack della Parmalat, la multinazionale alimentare con casa madre a Collecchio, un paesino della campagna parmigiana, nel cuore dell’Emilia Romagna.
A scoperchiare la pentola è stata Bank of America che ha messo a nudo l’inesistenza di otto miliardi di euro conteggiati nei bilanci Parmalat. Ma quello è stato soltanto il primo dato, visto che il buco, le cui proporzioni non sono ancora certe viaggia verso i dieci, dodici, quattordici miliardi di euro e anche più, una somma pari alla manovra finanziaria dello Stato Italiano! O alla metà del Pil del Lussemburgo, o all’intero debito estero della Bulgaria! Una cifra il cui ammontare definitivo dovrà essere quantificato dai revisori della Price Waterhouse Coopers. Una cifra che ha messo sul lastrico migliaia di azionisti che avevano creduto nei titoli Parmalt investendo lì i propri risparmi.
Un crack, una gigantesca truffa che non ha precedenti non solo in Italia, ma forse addirittura nel mondo intero. Una truffa che non è stata scoperta da un Collegio di Sindaci forse conniventi, e nemmeno da revisori di conti evidentemente ammaestrati, e che nemmeno i meccanismi di controllo borsistici avevano mai evidenziato. Ci sono coinvolte fior di bache: da Capitalia a San Paolo-Imi, da BNL a Monte dei Paschi, da Bank of America a Deutsche Bank, e dopo le banche ad essere coinvolti sono stati i politici. Calisto Tanzi, patron di Prmalat, arrestato in centro a Milano, dopo giorni di interrogatori ha fatto i primi nomi, una trentina, un po’ di tutti i partiti, che avrebbero ricevuto finanziamenti. Fra questi l’unico nome emerso è quello di Ciriaco De Mita, già Segretario della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio che dal canto suo non ha negato il rapporto di amicizia con Tanzi, ma ha negato di avere mai intrattenuto con lui rapporti d’affari. Comunque sia, anche se i politici coinvolti fossero non trenta (ed è tutto da dimostrare che lo siano) ma trecento questo comunque non spiegherebbe ancora come e dove siano spariti tutti i soldi Parmalat.
Le procure hanno sequestrato beni per 12 milini di euro, Tanzi ha messo a disposizione beni propri per 35 milini, ma si tratta comunque di gocce nel mare di debiti che si sono venuti a creare con coperture e connivenze che non sarà facile smascherare anche se ne è evidente l’esistenza. Un uomo solo, una sola società, infatti mai avrebbe potuto fare tanto se non con appoggi e fiancheggiamenti che a questo punto non si possono più definire solo economici, finanziari o borsistici, ma che si devono invece definire semplicemente criminali.
In tutto questo c’è poi l’incredibile dato di un fatturato che in dicembre è aumentato ancora. I prodotti Parmalat funzionano, la fiducia del consumatore è rimasta immutata, anzi: il consumo è cresciuto. Un’azienda sana, con lavoratori seri, disintegrata da una folle gestione che ha finito con il distruggere anche le persone che questa spaventosa macchina mangiasoldi avevano messo in piedi.
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