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Numero 4(49)
“L’Izvestia”: Le Olimpiadi, debâcle diplomatica
… In un’ora sola un gruppo di personaggi squallidi e casinisti ha praticamente cancellato tutte le realizzazioni conseguite in due anni dalla diplomazia russa

    Non appena la nuova generazione dei politici russi aveva elevato lo sport al rango della politica statale, è successo un susseguirsi di delusioni olimpiche che ad un tratto hanno messo in luce tutta l’asprezza dei problemi affrontati dal Paese, e non solo sportivi.
    Che cosa precisamente —tornando alle Olimpiadi — può essere imputato a colpa dei funzionari russi, e cosa è predefinito dal nuovo scenario mondiale in cui alla Russia è assegnata una parte per nulla protagonista? Queste domande sono relative non solo al potere, scrive il quotidiano “Izvestia”.
    Le Olimpiadi di Salt Lake sono iniziate per la Russia con una brutta notizia. Già un giorno prima dell’inaugurazione sono arrivate le informazioni sul risultato positivo del doping test fatto alla sciatrice russa Natalia Baranova. E già alla prima conferenza stampa i giornalisti hanno visto il primo e poco articolato tentativo dei funzionari russi di difendere uno sportivo. In seguito, proprio questo è stato lo stile delle conferenze stampa ufficiali russe. “Dove si trova adesso Baranova?”, è stato chiesto a Viktor Mamatov, capo della delegazione russa. “E’ partita da Salt Lake”, ha risposto il dirigente. Baranova, in realtà, ha passato tutti quei quindici giorni a Salt Lake, peregrinando da un amico all’altro. E’ stata cacciata dal villaggio olimpico in seguito alla sentenza dei funzionari russi.
    Quando iniziò lo scandalo universale nel pattinaggio-figura, i funzionari russi rimasero in silenzio, sghignazzavano con orgoglio e definendo — a dettafoni spenti — cavillatori i canadesi e un lavoro sporco l’indagine sull’arbitraggio del pattinaggio a coppia,. Ma già poco dopo si sono armati dell’esperienza dei canadesi. Le Olimpiadi andavano avanti, le medaglie andavano agli altri, anche negli sport in cui avrebbero sicuramente dovuto finire sui petti dei nostri: in biathlon, ad esempio. Bisognava fare qualcosa. E allora i funzionari russi sono diventati continuatori i dell’opera dei canadesi, i loro imitatori. Ma l’imitazione è venuta male.
    Continuavamo, quindi, a perdere le “nostre” medaglie. A quattro giorni dalla conclusione dei Giochi, la Germania, la Norvegia e gli USA, i nostri principali avversari nella corsa alle decorazioni, si son distaccati da noi così tanto che la Russia, anche con un finale più brillante, non poteva raggiungerli. Quando la squadra delle sciatrici russe non fu ammessa alla staffetta, nella principale sala da conferenze sono comparsi tutti i massimi dirigenti dello sport russo: Leonid Tiagaciov, presidente del Comitato olimpico nazionale, Pavel Rozhkov, presidente del Comitato statale della FR per lo sport, l’educazione fisica e il turismo, Vitali Smirnov, vice presidente del COI, Viktor Mamatov, capo della delegazione russa a Salt Lake, Anatoli Akentiev, presidente della Federazione nazionale degli sci. Tiagaciov ha parlato dell’estrema ingiustizia che si era operata a Salt Lake nei confronti degli atleti russi. Per dimostrarlo, ha portato quattro prove (inconfutabili, a suo avviso) dell’esistenza di una congiura antirussa: la decisione di aggiudicare la seconda medaglia d’oro ai canadesi nel pattinaggio a coppie, il verdetto degli arbitri nel freestyle acrobatico, l’allontanamento della squadra russa delle sciatrici dalla staffetta e (improvvisamente) l’arbitraggio della partita di hockey Russia-Rep. Ceca. Tiagaciov ha detto che qualora non avesse ricevuto, entro 24 ore, le spiegazioni del presidente del COI, Jacque Rogge, la squadra russa sarebbe andata via da Salt Lake. Rozhkov ha menzionato “Giochi alternativi”. Smirnov ha osservato di non aver mai visto in vita sua un arbitraggio come quello della partita Russia-Rep. Ceca. Nessuna protesta della delegazione russa è stata soddisfatta, perché erano tutte formulate partendo dal principio “siamo scontenti di aver perso”.
    Abbiamo fatto alle Olimpiadi la figura del famoso orso delle caricature. Gli hanno fatto la manicure. Non ha più unghie. Non sa che mugolare. Che cosa voglia dire, mugolando, non lo sa nessuno. Non si capisce in russo, figuriamoci tradotto in inglese. E’ incredibile, ma in un’ora sola un gruppo di personaggi squallidi e casinisti ha praticamente cancellato tutte le realizzazioni conseguite dalla diplomazia russa in due anni. Il Bundestag non ha applaudito a Putin. Non è andato a trovare Bush nel suo ranch. Ora bisogna di nuovo dimostrare a tutto il mondo che non siamo orsi. Tornare al ranch. Questa campagna è persa.
    I tempi sono cambiati, e i funzionari sportivi russi si sono rivelati impreparati ai nuovi tempi. Non sanno conquistare l’influenza nelle organizzazioni internazionali sportive, nelle loro azioni non c’è nessuna strategia meditata. Non per caso le dichiarazioni terrificanti da parte dei funzionari sportivi sono risuonate solo dopo “la telefonata da Mosca”. E non per caso Tiagaciov e Smirnov, già il giorno dopo la loro fragorosa conferenza stampa, si sono rimangiati accuratamente la parola. La nuova nomenclatura sportiva che verrà, dovrà correggere tante cose, far parecchie brecce nella visione che il mondo ha di noi. E’ difficile ricordare un altro evento degli ultimi anni nel quale il nostro Paese sia parso al mondo così poco simpatico, conclude l’Izvestia.

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