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Numero 1(92)
VOILA’ !!

    La vendita della Yuganskneftegaz non ha segnato l’attesa e definitiva conclusione del “caso Yukos”. I dirigenti della compagnia non cedono, e il clima politico rimane teso per le piu’ o meno velate ingerenze dell’Occidente.
    Grande ritorno d’immagine per Khodorkovskij, mentre il business russo rimane sulle spine.
    “Il caso della YUKOS”, che ha turbato gran parte dell’opinione pubblica russa per quasi un anno e mezzo, ha avuto un nuovo inatteso risvolto proprio nel momento in cui tutti pensavano che la vicenda si fosse ormai conclusa.
    Infatti, il 19 dicembre, data dell’asta organizzata dalle autorità, dopo la vendita per 9,3 miliardi di dollari del 76,79% delle azioni della “Yuganskneftegaz” - la compagnia di estrazione più importante della YUKOS - alla “Baikalfinansgroup” (società fino ad allora ignota), sono definitivamente risultati chiari i propositi dello Stato di inglobare la compagnia petrolifera. Dopo di che, al pubblico non restava che attendere la sentenza della Corte Basmannyj nei confronti di Mikhail Khodorkovskij, il proprietario della YUKOS; tra l’altro il nome della Corte avrebbe già ispirato nei giornalisti l’espressione “giustizia alla Basmannyj”. Pare che l’ingranaggio delle rappresaglie, una volta messo in moto, non possa più arrestarsi: vengono intentate cause penali sempre nuove, in cui vengono coinvolti altri manager della YUKOS, mentre le corti quasi automaticamente dicono di no a qualsiasi richiesta della YUKOS o delle sue filiali.
    Khodorkovskij peraltro si è mosso in maniera originale: nello stesso giorno in cui si svolgeva l’asta per la “Yuganskneftegaz”, ha concesso il suo pacchetto azionario del Menatep Group -vero proprietario della YUKOS -, a Leonid Nevzlin, il suo collaboratore più stretto, che ne è diventato in tal modo l’azionista maggioritario. Khodorkovskij ha raggiunto così due obiettivi. Da una parte, Nevzlin, anche da prima sostenitore di una lotta senza quartiere con le autorità (a differenza di Khodorkovskij che cercava compromessi), ora potrà operare con maggiore sicurezza, anche perché non risiede in Russia, ma in Israele, Paese che non estrada i suoi cittadini, neanche di fronte a prove di colpevolezza presunte o effettivamente dimostrate che siano. La compagnia, ovviamente, non potrà lo stesso essere salvata. “L’impero della YUKOS” si sta disgregando, nella sede sono in corso licenziamenti di massa. Ma Nevzlin potrebbe guastar la festa ad alcuni stretti collaboratori di Vladimir Putin, coinvolti direttamente nel “caso della YUKOS”. Inoltre, negli USA, presso la corte per le bancarotte della città di Houston continuano le indagini aperte a dicembre su richiesta di Bruce Misamore, un top-manager della compagnia, il quale avrebbe querelato le autorità russe per il loro operato. La corte di Houston ha già vietato al pool di banche occidentali di concedere alle società russe finanziamenti per l’acquisto della “Yuganskneftegaz”. Le banche occidentali da parte loro hanno invece intenzione di impugnare l’istanza, non volendo dire di no ad un mutuatario conveniente. Inoltre, la stessa corte di Houston sta esaminando l’azione legale mossa dalla YUKOS contro le autorità russe per l’importo di 20 miliardi di dollari. Quindi, come aveva profetizzato nel giorno dell’asta Andrei Sciarov, l’addetto stampa della YUKOS, il compratore della “Yuganskneftegas” si è comprato pure un sacco di problemi.
    Quanto a Mikhail Khodorkovskij, lui invece ottiene una chance di iniziare una luminosa carriera politica, sbarazzatosi ormai dell’immagine di oligarca sfruttatore. E ha già fatto il primo passo in questa direzione, avendo pronunciato, alla seduta della Corte Mescianskij, presso la quale si svolge il suo processo un acceso discorso, nel quale ha accusato le corti russe e la Procura generale di essere parziali e di emanare sentenze antigiuridiche. In conclusione, Khodorkovskij si è congratulato con gli impiegati della procura per la loro festa professionale. Ha anche aggiunto: “credo che molti problemi possano essere superati solo in seguito alla nascita di un potere giudiziale indipendente”, sottolineando che “la procura, con le pressioni che esercita compromette non tanto sé stessa, quanto il Paese”. Inoltre, quasi subito dopo la vendita della “Yuganskneftegaz”, Mikhail Khodorkovskij ha pubblicato un altro articolo programmatico sul quotidiano “Vedomosti”, in cui ha fatto il bilancio della rovina della “YUKOS”, che sta per essere completa. “Io ho fatto tutto il possibile, affinché il disamore del potere nei miei confronti non avesse ripercussioni sugli interessi degli azionisti minoritari, degli impiegati della compagnia, del Paese in genere”, scriveva lui, accusando le autorità di aver rovinato gli azionisti minoritari e di essere responsabili del disagio di 150.000 impiegati, di 500.000 membri delle loro famiglie, dei complessivi 30 milioni di abitanti delle città e dei paesi che dipendono dall’attività ben organizzata e continua delle aziende della YUKOS. Di sé stesso, Khodorkovskij ha detto di aver cambiato condizione sociale, diventando “un uomo come tutti, per il quale la cosa principale non è avere, ma essere, non lottare per i beni, ma per sé stesso, per il diritto di essere sé stesso. Ciò dovrebbe significare l’unica scelta possibile e giusta, quella della libertà”. Tali dichiarazioni di fatto aprono la campagna elettorale di Khodorkovskij, nel quale oggi molti vedono un candidato liberale potenzialmente alternativo a Vladimir Putin.
    Con lui peraltro potrebbe lottare Andrei Illarionov, il consigliere economico di Putin. Il 28 dicembre, durante la sua conferenza stampa conclusiva, Illarionov ha definito l’asta “l’affare losco dell’anno”, durante il quale le azioni della “Yuganskneftegaz” sono state vendute alla società “Baikalfinansgrup” per passare successivamente sotto il controllo della Rosneft. Ha usato lo stesso termine per definire “tutte le operazioni relative alla fusione o al disgiungimento della Rosneft e della Gazprom”, e le ha paragonate a una “farsa da truffatori”. Ha rilevato inoltre che tali mutamenti renderanno l’obiettivo di raddoppiare il PIL irrangiungibile. Per effetto di queste dichiarazioni, il consigliere del Presidente è caduto un po’ in disgrazia, mentre sui mass media sono comparsi articoli su Illarionov nelle vesti di futuro capo dell’opposizione liberale.
    L’asta per la YUKOS e il trattamento riservato a Khodorkovskij hanno poi complicato i rapporti già non troppo distesi tra la Russia e i Paesi occidentali. Dopo la vendita della “Yuganskneftegaz”, il Dipartimento di Stato degli USA, tramite il suo portavoce Richard Bowcher, ha dichiarato di non ritenere che l’asta abbia contribuito ad ispirare particolare fiducia nei confronti di operazioni commerciali in Russia. Alcuni deputati del partito propresidenziale “Russia Unita” hanno replicato con dichiarazioni assai accese. E Boris Gryzlov, membro dello stesso partito e presidente della Duma di Stato, ha affermato che “la Russia non dovrebbe dar retta più di tanto alle reazioni del Dipartimento di Stato”. La Corte europea per i diritti umani ha inviato al Governo della Russia delle domande relative alla querela presentata dagli avvocati di Platon Lebedev a nome del loro cliente (lo stesso Platon Lebedev capo dell’Organizzazione finanziaria internazionale MENATEP, processato insieme a Khodorkovskij). Un’altra fonte di noie per il Cremlino potrebbe provenire dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, presso la quale fra non molto sarà resa pubblica una relazione inerente al “caso YUKOS” e Mikhail Khodorkovskij preparata da Sabina Leutheuser-Schnarrenberger. Questa relazione, riportante un fitto elenco di errori e trasgressioni commesse dalla giustizia russa, potrebbe comportare una dura risoluzione antirussa e quindi un ulteriore raffreddamento dei rapporti fra la Russia e l’UE, fino ad arrivare alle sanzioni economiche.
    Inoltre, anche la sorte della stessa “Yuganskneftegaz” venduta si rivela inaspettatamente poco chiara. L’odore di grossi quattrini sembra aver dato alla testa ad alcuni uomini di potere. Infatti il progetto chiaro e ben ordinato secondo il quale la “Yuganskneftegaz” doveva essere acquisita dalla “Gazpromneft” - società creata appositamente allo scopo - pare ormai franato. Questo è in parte dovuto al desiderio di evitare persecuzioni da parte della corte americana. Ma soprattutto, a complicare le cose è stata la “guerra dei clan” scatenatasi nell’entourage di Putin. Di conseguenza, è nata la misteriosa “Baikalfinansgrup”, acquisita a qualche giorno dall’asta dalla Rosneft. Alla vigilia di Capodanno, alla Yuganskneftegaz è stato presentato il nuovo direttore, uno dei top-manager della Rosneft, V. Bulba. Naturalmente, alla stessa Rosneft, a Bogdancikov, il suo presidente, e a Secin, il vicepresidente, è subito venuto meno il desiderio di entrare nella società “Gazpromneft”, e di vedere così la propria azienda trasformarsi in una delle tante divisioni della Gazprom. Così la questione relativa alla fusione delle due società è rimasta in sospeso. Una certa quota parte della Yuganskneftegaz è stata promessa ai petrolieri cinesi o indiani (probabilmente, in cambio dei finanziamenti che aiuteranno a saldare i conti con lo Stato per l’acquisto). Quanto a Vladimir Putin, lui, comportandosi in maniera ormai abituale, si è limitato a mandare dei vaghi segnali ai partecipanti alla compravendita, aumentando il loro nervosismo. Durante la sua conferenza stampa alla vigilia di Capodanno, commentando le sentenze della corte di Houston, il Presidente ha osservato in modo assai rude di non essere sicuro che il giudice sappia dove si trova la Russia, e lo ha accusato di non conoscere le basi del diritto. Parlando dell’acquisto della Baikalfinansgrup da parte della Rosneft, Putin ha sottolineato piú volte come lo Stato abbia tutelato i propri interessi “attraverso dei metodi tipici dell’economia di mercato”.
    La questione che preoccupa di più il business russo, se cioè il “caso YUKOS” sia da considerarsi un’eccezione oppure da ora in avanti la norma, ultimamamente è diventata peraltro ancor più intricata. Da un lato, le dichiarazioni delle autorità mirano a rassicurare il piú possibile. Dall’altro, un attacco degli organi fiscali è già stato subito dalla Vympelkom, la società di radio-telecomunicazioni controllata dalla “Alfa-bank”. La società non incontrerebbe il favore di Leonid Reiman, il Ministro delle Comunicazioni, il quale avrebbe degli interessi notevoli nel settore dei collegamenti cellulari.
    Tale clima di nervosismo ha già fatto sì che, secondo quanto ha ammesso il Ministro delle Finanze Aleksej Kudrin, la crescita del mercato dei titoli nel 2004 sia stata pari allo ... 0%.

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