Numero 8(99)
Risultati economici dell’anno:
lo Stato diventa piu’ forte, il business vende gli attivi
L’anno che se ne va, il 2005, non ha portato grandi sorprese, ma ha fissato quelle tendenze che si erano formate nell’economia russa nell’anno precedente. Il governo ha continuato i propri giochi burocratici, preparandosi al 2008, verso il quale ora punta l’attenzione ogni funzionario. In economia è andata aumentando la presenza di aziende pubbliche e le società private sono state costrette a diversificare i rischi, investendo all’estero, o vendendo i propri attivi agli stranieri.
Il seggio del Presidente ambìto da tutti
Quest’anno è passato all’insegna della preparazione, seppure non sbandierata, alla corsa verso il 2008, l’anno delle elezioni presidenziali. È andata avanti la costruzione della “verticale” politica: il decreto del Presidente sulle nomine dei capi delle regioni, firmato in dicembre del 2004, di fatto è entrato in vigore (anche all’atto pratico) nell’anno corrente. Ciò ha cambiato poco la situazione politica russa, ma probabilmente ha tranquillizzato il governo dal punto di vista del controllo generale e della minimizzazione dei rischi di una “rivoluzione arancione” alla russa.
La monopolizzazione dello spazio politico ha permesso al potere di dedicarsi alla ricerca di un successore. Pare che la candidatura iniziale di Kozak si sia trovata ad esere non conveniente al 100% in seguito alla evidente incapacità di quest’ultimo di risolvere la situazione nel Caucaso del Nord. Da una parte, ciò ha rafforzato un po’ la posizione del Primo Ministro Fradkov, e dall’altra parte, ha fatto scattare un altro round di rimpasti all’interno del Governo. La designazione al posto di vice Premier di Dmitrij Medvedev, l’ex capo dell’amministrazione presidenziale, e di Sergej Ivanov, il Ministro della Difesa, permette di ipotizzare che sia stata bandita una gara tra eventuali aspiranti al titolo di “successore”. Come succede spesso in Russia, tenendo conto dell’incertezza generale che danneggia anche lo stesso governo, questo gioca su diverse scacchiere contemporaneamente, e la decisione definitiva viene presa solo all’ultimo momento. Tutti i tentativi di indovinare chi veda il Presidente come suo successore non hanno senso, perché lui sembra voler osservare chi di loro sopravviverà nella lotta all’interno dell’apparato. Il governo dovrà in ogni caso determinare il successore entro l’autunno del 2006, la deadline per apportare modifiche alla Costituzione o altre modicfiche nell’assetto statale della Russia (come, ad esempio, l’unione con la Bielorussia).
In parallelo, come soluzione di scorta, l’amministrazione presidenziale ha cominciato a toccare il polso ai partner internazionali della Russia, e, in particolare, ai Paesi del G-7, per capire se vi troverà appoggio, qualora Vladimir Putin dovesse comunque rimanere al suo posto per un altro mandato. I discorsi ai partner occidentali circa il ruolo della Russia nel mantenimento della stabilità nella regione, e l’impostazione del dialogo energetico come argomento principale del rapporto con la Russia, sono da interpretarsi come strategia da public relations, mirata a fare del del presidente attuale l’unico garante della stabilità del Paese agli occhi occidentali.
L’anno delle possibilità economiche perdute
La politica economica nel 2005 alla fine è passata dal piano di modifiche legislative a quello delle discussioni politiche, cioè alla realtà virtuale. Nel 2005 non è stata portata avanti nessuna scelta economica radicale, e tutte le assicurazioni del governo in merito alla politica economica vanno prese come una campagna pr della più bell’acqua.
È ormai da un anno che tutti gli esponenti del potere parlano, con volti gravi, della necessità di aumentare le spese di bilancio e finanziare l’aumento delle pensioni, degli stipendi degli impiegati statali, oltre che finanziare la riforma della Sanità e dell’Istruzione pubblica. Ma se si guarda la dinamica degli indici di bilancio, non è difficile vedere che negli ultimi tre anni l’entità delle spese non relative al pagamento degli interessi nei bilanci di tutti i livelli, cioè proprio il finanzimento dell’economia con i soldi del bilancio non è cambiata rispetto al PIL. Il potere russo si comporta come un prestigiatore: da una parte, dice continuamente alla gente di pagarla sempre di più, e quella comincia a crederci davvero; dall’altra parte, si paga sempre di più perché aumentano i proventi dell’esportazione e le entrate di bilancio, cosicché l’aumento dei pagamenti previdenziali permette alla gente di non impoverire e basta. La tecnologia di questo giochetto è semplicissima ed è stata già impiegata più di una volta. Preparando la Legge finanziaria, il Governo russo usa sempre una previsione estremamente conservativa riguardo ai prezzi del petrolio e dell’inflazione. Durante la stesura della bozza del bilancio 2005, era stato calcolato, per intenderci che i prezzi del petrolio sarebbero rimasti attorno ai 30 dollari al barile, e l’inflazione all’8%, mentre in realtà i prezzi del petrolio sono saliti a 55 dollari al barile, l’inflazione all’11%, e il volume complessivo del PIL ha superato di 100 miliardi di dollari la cifra prevista di 650 miliardi di dollari. Ma dato che nel bilanico le spese si programmano in forma mnonetaria, in rubli, il loro volume non è cambiato affatto, mentre il loro rapporto rispetto al PIL si è ridotto. Anche tenendo conto di tutte le sovvenzioni supplementari e della monetizzazione delle agevolazioni, quest’anno il bilancio federale ha speso per le uscite non relative al pagamento di interessi il 15,5% del PIL, mentre secondo la previsione iniziale questo valore doveva ammontare al 15,8%. Da qui il risparmio.
L’approccio del potere alla soluzione dei problemi economici si rende palese nel trattamento della questione dell’inflazione. La disposizione data dal Presidente di preparare un pacchetto di misure mirate alla lotta contro l’aumento dei prezzi si è sfociata in un flusso di idee sconnesse arrivate dal Ministero delle Finanze, dalla Banca Centrale e dal Ministero per lo Sviluppo economico, il cui obiettivo principale non era quello di risolvere il problema dell’inflazione, ma quello di scaricare le responsabilità sugli altri ministeri. È ovvio che non è stata svolta neanche una minima analisi preliminare per sondare quale avrebbe potuto essere l’effetto delle misure proposte sull’economia. La limitazione della crescita delle tariffe entra direttamente in contraddizione con l’obiettivo inerente la ristrutturazione dell’economia russa e l’aumento dell’efficienza della produzione. Il rafforzamento del corso di cambio nominale del rublo, che propone la Banca Centrale ai fini della lotta all’inflazione comporterà la riduzione della competitività dell’economia e non è realizzabile.
È indicativo che la mancanza di una strategia economica da parte del Governo si sia trasformata in una situazione paradossale per l’economia russa. Nonostante i prezzi del petrolio fossero alti e crescessero, quest’anno non solo non si è vista accelerazione della crescita economica, ma neanche il rafforzamento del rublo. Ciò è avvenuto perché il ricavo supplementare ottenuto dalle esportazioni oggi si deposita nel fondo di stabilizzazione, e siccome il Governo tuttora non ha stabilito quali siano le priorità della sua politica, questi soldi stanno nel bilancio come un peso morto.
Il rafforzamento delle aziende pubbliche
Lo Stato ha continuato a far rotta verso l’intensificazione della sua presenza nell’economia. Mentre il 2004 è diventato l’anno della Yukos, perché proprio allora è stato venduto il principale attivo legato all’estrazione del petrolio, con l’accorpamento alla Rosneft, il 2005 è diventato l’anno della Gazprom. L’acquisto della Sibneft per 13 miliardi di dollari dà motivo di credere alla teoria dei due giganti della materia prima in lizza per avere il ruolo di primo piano nello scenario politico russo, e anche in un graduale passaggio della proprietà degli oligarchi nelle mani di aziende pubbliche. Il cambio della dirigenza dell’industria di automobili AvtoVaz è significativo: simboleggia il rafforzamento dello Stato non solo nel comparto delle materie prime, ma anche in quello manifatturiero.
L’attuale politica dello Stato nel settore produttivo dell’economia suscita meraviglia non solo perché cambia in modo radicale le condizioni dello sviluppo del mercato. Infatti, la sia la privatizzazione che la riduzione della quota parte di aziende pubbliche negli anni ‘90 erano viste come una conditio sine qua non per il passaggio ad una struttura più efficiente dell’economia. La politica di oggi di fatto cancella le realizzazioni degli anni ‘90, per quanto discutibili possano essere state, e indica che la trasformazione dell’economia russa è riconosciuta come un progetto fallito, ed è riconosciuta tale in Russia.
La struttura attuale delll’imprenditoria russa, con la presenza statale in crescita, non lascia spazio alla piccola e media impresa, la quale poteva bene o male sopravvivivere nel sistema di aziende oligarchiche, ma è destinata a morire nel sistema dei monopoli pubblici. Pare che la quota parte della piccola e media impresa, ammontante al 15% del PIL, debba rimanere il massimo per l’economia russa.
L’esodo dell’imprenditoria privata
I mutamenti del clima di investimenti non potevano non avere un certo effetto sul comportamento delle società russe. Molte di esse ora cercano investitori stranieri, non solo per trovare nuovi fondi per il loro business, ma anche per diversificare i rischi. Dal 2003 il costo delle aziende russe è aumentato di 3 volte, il che induce molti azionisti a pensare a un possibile fissaggio di una parte degli utili sui loro investimenti per i prezzi di cresta. Ed è per questo che, mentre negli anni precedenti nel mercato entravano due o tre società all’anno, nel 2005 nel mercato delle IPO sono entrate 10 compagnie russe, il che ha comportato l’aumento della capitalizzazione di tutto il mercato russo fino a quasi 10 miliardi di dollari. Il volume complessivo delle IPO in quest’anno è paragonabile alla somma delle IPO delle aziende russe nel periodo intercorrente tra il 2000 e il 2004.
È indicativo che molti esperti nel campo dell’analisi dei gruppi finanzario-industriali russi oggi ammettano che le compagnie russe si comportano sempre più spesso come investitori da portafoglio, investendo denaro non solo in Russia, ma anche in altri Paesi. Alla fine di giugno del 2005 le società russe hanno accumulato investimenti all’estero per l’importo di 6,6 miliardi di dollari, di cui 3,5 miliardi di dollari di investimenti diretti. Ma queste sono cifre ufficiali. Mentre negli anni 1998-2002 nell’acquisto degli attivi esteri s’impegnavano prevalentemente compagnie petrolifere, soprattutto la Lukoil (oggi questa compagnia ha investito all’estero 4 miliardi di dollari) e la Yukos, negli ultimi tre anni si è intensificato notevolmente l’interesse degli investimenti all’estero da parte delle società siderurgiche e di telecomunicazioni. In particolare, di 9 miliardi di dollari investiti dalle aziende russe all’estero tra il 2003 e il 2005, la quotaparte dei petrolieri ammonta a 2,6 miliardi (sono investimenti della Lukoil), mentre gli altri investimenti all’estero sono soldi delle società di telecomunicazioni e di metallurgici. Proprio nel 2005 è diventato definitivamente ovvio che mentre le autorità russe cercano di fare della Russia un Paese chiuso, controllato, l’integrazione della Russia nell’economia internazionale va avanti grazie all’imprenditoria russa, che diventa sempre più internazionale.
|