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Numero 6(105)
Ecologia & Business
La Gazprom tagliata fuori da Sakhalin: lo scandalo ecologico da 20 miliardi...


    Come dice il famoso proverbio, “l’appetito vien mangiando”. Questo detto sembra addicersi assai all’attivit delle societa’ pubbliche russe impegnate nell’estrazione di idrocarburi. Non appena la Rosneft ha inghiottito la YUKOS di Khodorkovskij, l’oligarca caduto in disgrazia, all’orizzonte si e’ delineato un nuovo scandalo relativo ai giacimenti della piattaforma continentale di Sakhalin.
    Si tratta del cosi’ detto progetto “Sakhalin-2”, nell’ambito del quale vengono sfruttati due giacimenti in base agli accordi sulla ripartizione dei prodotti. La Gazprom da tempo aveva intenzione di entrare in questo progetto, ma all’ultimo momento i partecipanti (il 55% appartiene alla Royal Dutch Shell britannico-olandese, il 25% e il 20%, alla Mitsui e alla Mitsubishi), hanno dichiarato l’aumento del preventivo delle spese da 12 a 20 miliardi di dollari, facendo affrontare alla Gazprom la necessit’ di pagare per il “biglietto d’ingresso” una cifra assai maggiore di quella programmata dal colosso del gas. Inoltre, in conformit’ al contratto stipulato nel 1995, che regolamenta lo sfruttamento di “Sakhalin-2”, fino al momento in cui le spese relative al progetto non vengano coperte, la quota parte del prodotto spettante allo Stato rimane poco significativa. Di conseguenza, i funzionari russi hanno iniziato a vedere nell’aumento del preventivo un tentativo da parte degli stranieri di sottrarre l’utile che legittimamente spettava allo Stato.
    E cosi’ su “Sakhalin-2” si sono avventati i controllori statali. Ma visto che era assai difficile accusare le aziende di evasione fiscale, questa volta l’attacco e’ stato sferrato da un’altra parte, piu’ evidente al pubblico occidentale: quello dei problemi ambientali. “All’improvviso” ci si e’ ricordati dei pareri negativi degli ecologi (sia russi che stranieri) sul progetto dell’oleodotto proposto dagli operatori dello stesso. E’ ovvio che i petrolieri volessero costruire l’oleodotto spendendo il meno possibile, badando alla natura poco o niente (cosi’, del resto, fanno tutte le compagnie petrolifere se non vincolate da restrizioni durissime). Le lamentele in questione sono state quindi fatte ritornare a galla, sebbene le autorita’ russe nel 2003 avessero in linea di massima approvato il progetto. A Sakhalin e’ arrivato Oleg Mitvol, vice titolare del Ministero per la tutela ambientale della Russia, assai piu’ famoso del suo superiore (il cui cognome, ne sono sicuro, se lo ricordano in pochi). Mitvol, diventato famoso in seguito ai suoi tentativi di demolire le dacie abusive nella regione di Mosca e al sequestro degli uccelli ai fotografi di Soci, ha parlato di gravi violazioni delle norme ecologiche nella realizzazione del progetto: dalla costruzione dell’oleodotto sul territorio della riserva naturale e gli scarichi del terreno nello stretto di Aniva fino al taglio illegale di alberi del bosco.
    Il progetto vicino, “Sakhalin-1”, per quanto possa sembrare strano non interessa i controllori, sebbene anch’esso abbia delle lacune, secondo l’opinione degli ambientalisti. Quali lacune infatti potrebbero mai venire segnalate, dato che a partecipare al progetto c’e’ in particolare la Rosneft.
    Le autorit’ poi alludono in modo assai evidente ad una soluzione della controversia che torna a loro vantaggio. Anzi, secondo funzionari altolocati le possibili soluzioni sarebbero due. Una prevede l’abolizione degli accordi sulla ripartizione dei prodotti per il progetto “Sakhalin-2” e il suo passaggio ad un regime fiscale normale (per ora lo Stato ottiene dai giacimenti non piu’ di 20 milioni di dollari l’anno, una cifra che, secondo alcune stime, ammonterebbe al solo 5% delle possibili entrate fiscali). L’altra prevede il mantenimento del preventivo precedente. Non e’ detto peraltro che i funzionari riescano ad ottenere cio’ che vogliono, perche’ i petrolieri, da parte loro, possono minacciare la cessazione del progetto, e cio’ potrebbe comportare non solo uno scandalo internazionale, ma anche grosse perdite economiche: le forniture di gas e di petrolio dai giacimenti a partire dal 2008 sono gi’ state contrattate, e qualora vengano revocate, si prevedono sanzioni per la Russia. Va rilevato peraltro che nessuna delle compagnie petrolifere operanti in Russia si e’ schierata a favore degli operatori del “Sakhalin-2”, perche’ le autorit’ hanno fatto capire che se cio’ si verificasse, partirebbero a raffica controlli su tutte le compagnie petrolifere.
    Sakhalin potrebbe non rimanere l’unico “punto caldo” sulla carta russa del petrolio e del gas. Ai primi di ottobre, secondo notizie non confermate la procura della regione di Irkutsk avrebbe chiesto all’Agenzia federale per lo sfruttamento del sottosuolo di sospendere la validit’ della licenza della societ’ TNK-BP per l’usufrutto del giacimento di gas condensato di Kovykta. Secondo le voci, ad aver interesse per il giacimento sarebbe la stessa Gazprom, che in un prossimo futuro potrebbe affrontare una carenza di gas. Come nel caso del “Sakhalin-2”, l’attivit’ dei funzionari statali potrebbe ora comportare una riduzione notevole della “quota di ammissione” al giacimento per la Gazprom.

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