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Numero 9(54)
Il governo per la diversificazione della crescita

    Per il gabinetto russo inizia un periodo complicato, legato alla preparazione della Legge finanziaria per il prossimo anno.
    L’intrigo principale del processo budgetario, per quanto possa sembrare strano, non è il problema dei debiti, ma la previsione della crescita economica. Il problema del 2003 è stato risolto nell’anno scorso: la Russia ha pagato anticipatamente circa 3 miliardi di dollari del debito al FMI e ha riscattato parzialmente le Obbligazioni del prestito valutario interno (OVVZ) con il termine di estinzione nell’anno prossimo. Come hanno già dichiarato più di una volta rappresentanti ufficiali del governo russo, i pagamenti relativi al debito estero nel 2003 costituiranno circa 16 milioni di dollari.
    Ma la soluzione del problema dei debiti non ha reso più facile la preparazione della Finanziaria. Va ricordato che Vladimir Putin, nel suo messaggio di aprile all’assemblea federale, ha criticato il governo per la sua incapacità di accelerare i ritmi di crescita del PIL nei prossimi tempi. Come ha rilevato il Presidente, con i tassi di crescita che si prevedono dal governo, la Russia fra dieci anni non riuscirà a raggiungere neanche il Portogallo, il Paese con l’economia meno sviluppata tra tutti gli Stati che fanno parte dell’Unione Europea. La squadra di Gref, in seguito alle pressioni da parte del Presidente, è stata costretta di rivedere i valori della crescita, portandoli dal 3,4%-4,4% al 3,8%-4,8% nel 2003 e addirittura a più del 5% negli anni successivi. Nel contempo, le revisioni sono basate, come prima, sulla rivalutazione delle previsioni dei prezzi del petrolio: la previsione è stata aumentata di 2 dollari per un barile nel 2003.
    Gli esperti del Ministero per lo sviluppo economico affermano, del resto, che ciò non significa affatto che la Russia si svilupperà anche in futuro solo come fornitore di materie prime all’Occidente. Ora il governo esamina la necessità della stimolazione di un nuovo modello di crescita. Questo nuovo modello prevede una notevole diversificazione delle attività di investimento delle società petrolchimiche. Finora le aziende petrolchimiche appoggiavano l’economia russa investendo principalmente nella propria attività. Così, nel 2000-2001 esse aumentavano la produzione del 6%-7% all’anno, finanziando gli acquisti delle nuove attrezzature ed alimentando in questo modo l’industria metalmeccanica. Ma già iquest’anno non è possibile sperare la crescita di produzione superiore al 2%-3%, in seguito ad una brusca riduzione dei prezzi interni di petrolio.
La struttura di investimenti stranieri, 1 trimestre del 2002 e del 2001, in milioni di USD
  1 trim 2002 1 trim 2001 Mutamenti,%
Investimenti stranieri: 3 789 2 718 39.4
  Investimenti diretti 829 962 -13.8
  Investimenti a portafoglio 88 45 95.3
  Altri investimenti: 2 872 1 711 67.9
    Crediti commerciali 320 277 15.6
    Crediti 2 486 1 425 74.4

    Il governo, però, vede le opportunità di crescita. Si tratta innanzitutto di incitare, con i mezzi della politica budgetaria, le società petrolchimiche ad aumentare il volume di produzione e di esportazione dei prodotti petroliferi. Attualmente, le aliquote di imposte sulle esportazioni dei prodotti petroliferi sono più alte di quelle sulle esportazioni del petrolio grezzo. Non è una sorpresa pertanto che i petrolieri cercano di esportare proprio il materiale grezzo. Se la situazione attuale fosse invece diversa, le aziende petrolchimiche russe potrebbero conquistare i nuovi mercati di smercio per i loro prodotti, nonché aumentare il numero di posti di lavoro all’interno del Paese.
    In secondo luogo, il governo ha intenzione di stimolare gli investimenti delle società petrolchimiche negli altri settori economici. Alcune società, come la Jukos, hanno già cominciato a finanziare alcuni progetti nel commercio al dettaglio; la stessa Jukos ha comprato un pacchetto di azioni delle aziende energetiche, e potrebbe essere seguito da altri gruppi petrolchimici. Uno dei metodi con i quali è possibile aiutare i petrolieri a diversificare gli investimenti, potrebbe essere la privatizzazione di aziende pubbliche: ne parlano direttamente negli uffici del Ministero per lo sviluppo economico.
    In questo modo, nei prossimi anni, secondo gli esperti del governo i focolai di crescita nell’economia russa potrebbero essere i settori come la produzione dei prodotti petroliferi, il settore della trasformazione del legname, la produzione dei prodotti alimentari e tessili. Gli investimenti verranno in questi settori in parte dai petrolieri e in parte saranno finanziati dai partner stranieri. C’è un solo “ma” in questo programma: non si sa bene come realizzarlo.
    Per quanto riguarda gli investimenti stranieri, come dimostrano le statistiche, gli stranieri rilasciano volentieri i crediti, ma non si affrettano ad investire soldi. Il volume di investimenti diretti nel 2001 si è trovato ad essere anche inferiore del 2000, cioè meno di 4 miliardi di dollari. Nel contempo, le società russe incrementano i finanziamenti all’estero. Secondo i risultati del primo trimestre di quest’anno, l’afflusso del capitale estero ha costituito 3,8 miliardi di dollari, dei quali 2,5 miliardi sono crediti. Rispetto al primo trimestre del 2001, i crediti dall’estero sono aumentati del 74%.
    Le aziende petrolchimiche non investiranno, poi, nell’economia russa a qualsiasi condizione. In seguito al rafforzamento del cambio reale del rublo, i petrolieri si sono messi ad investire attivamente all’estero. Così, la Lukoil ha acquistato la società Petrotel in Romania e Neftekhim-Burgas in Bulgaria. La Jukos sta realizzando l’acquisto di una raffineria in Lituania, e la Surgutneftegaz ha intenzione di comprare aziende petrolchimiche in Bielorussia. Quindi, se il governo della Russia non abbasserà notevolmente la tassazione dell’industria petrolchimica, i petrolieri russi anche in futuro preferiranno diversificare gli investimenti negli altri Paesi.

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