Numero 16(61)
La tossicodipendenza sta diventando un disastro nazionale
Dopo che allo sport e al problema degli orfani abbandonati, il capo dello Stato si è preoccupato pubblicamente del problema della tossicodipendenza.
A questo triste fenomeno è stata dedicata una riunione particolare del Consiglio statale. Putin ha cominciato il suo discorso constatando che la tossicodipendenza sta diventando per la Russia “un disastro sociale”, visto che nel Paese esistono più di tre milioni di consumatori di droga, che sono nella maggior parte giovani. Il Presidente ha aggiunto che un anno fa il tema della lotta alla tossicodipendenza era già stato discusso dal Consiglio di sicurezza, ma senza però che dalle parole si passasse ai fatti.
Vladimir Putin ha messo in relazione diretta il problema della tossicodipendenza in Russia con spaccio d’armi, migrazioni clandestine e terrorismo. “Gli spacciatori di droga nutrono con il proprio denaro sporco il terrorismo e i focolai d’instabilità vicino ai confini della Russia”, ha rilevato. Non a caso gli itinerari del traffico degli stupefacenti passano per i cosiddetti “punti caldi”, e coincidono con le vie della migrazione clandestina e dello spaccio d’armi.
Putin ha ammesso che la Russia si è trovata ad essere un Paese “vulnerabile per la droga”. Per giunta, ha sottolineato, in Russia “non si è preso subito coscienza delle dimensioni reali di questo disastro, e verso la fine degli anni ‘90, quando una lotta attiva alla tossicodipendenza è iniziata, ci si è resi conto di aver lasciato proliferare troppo questo male”. Ciò è dovuto, secondo il Presidente, alla mancanza di organizzazione netta e chiara sul lavoro relativo alla lotta al traffico di droga in generale. Egli ha proposto pertanto di pensare ad interventi concreti e comprensibili a tutti, proponendo, ad esempio, l’istituzione di un organismo pubblico speciale per contrastare la circolazione illegale degli stupefacenti e dei preparati psicotropici.
E tale struttura è nata. Il giorno dopo, Putin ha firmato un decreto in conformità al quale è stato creato presso il Ministero degli interni il Comitato Statale per la lotta alla circolazione illegale degli stupefacenti. Quest’organo coordinerà l’attività di quasi 20 dicasteri russi impegnati, direttamente o no, nel problema della droga: il Servizio federale di frontiera, il Comitato statale per le dogane, il Ministero della pubblica sanità, il Ministero della pubblica istruzione ed altri. Nel contempo, sempre presso il Ministero degli interni, è stato istituito un ufficio di investigazioni operative, per individuare i reati connessi con il riciclaggio dei redditi ottenuti con lo spaccio delle armi, il traffico della droga, la prostituzione, e i reati nel campo economico. Secondo quanto ha comunicato il 10 ottobre un portavoce del Ministero degli interni della Russia, una relativa disposizione era stata firmata dal ministro degli interni Boris Gryzlov.
Oltre alle misure repressive, del resto, Putin ha annoverato fra le azioni necessarie anche “la formazione dell’immunità pubblica nei confronti della droga”, “nel pieno rispetto della legge”. La terza attività, indispensabile in questo settore, secondo il Presidente, prevede “l’intensificazione dei controlli di frontiera e doganali, lo svolgimento di operazioni preventive, lo sviluppo della cooperazione internazionale”.
Ma il Presidente, chissà perché, non ha toccato un altro aspetto del problema che è non solo importante, ma probabilmente essenziale.
Kirill Kabanov, rappresentante del Comitato nazionale anti corruzione, ha dichiarato che la tossicodipendenza e il traffico della droga siano elementi di un sistema segretissimo e corrotto. “Va detto che 10 miliardi di dollari (questo il giro d’affari annuo, con un rendimento del business ammontante al 1000%), oltre a consentire di coinvolgere in questo sistema semplici poliziotti, doganieri, guardie di frontiera, funzionari d’ordine, permettono di creare un sistema nettamente costruito. Questo tipo di business criminale non può esistere senza un sistema corrotto costruito con cura”. Secondo gli esperti indipendenti, proprio per il fatto che le autorità sono corrotte, i flussi principali di droga arriverebbero in porto, indipendentemente dalla provenienza: dalla Scandinavia, dal Caucaso, dall’Asia Centrale o dall’Estremo Oriente.
Secondo quanto rileva Kirill Kabanov, “a differenza degli USA, dove i servizi segreti conoscono di faccia e di nome i caporioni dei cartelli che riuniscono i trafficanti di droga, e solo la mancanza di prove concrete impedisce di arrestarli e di metterli dentro, i servizi segreti russi non sanno chi faccia evitare la pena agli spacciatori di droga catturati, chi maneggi miliardi di dollari e dove e come li ricicli”.
Ci resta solo sperare che l’iniziativa del Presidente non finisca in un pantano burocratico sconfinato, e il Paese possa veramente iniziare a liberarsi di quest’abitudine perniciosa.
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