Numero 6(70)
Mercati finanziari
Il mercato valutario
In aprile il mercato valutario ha ancora toccato il fondo alla quota di 31,10 e ci si è mantenuto grazie agli sforzi della Banca centrale. Purtroppo questo consolidamento del rublo coincide con grossi esborsi da parte del Ministero delle Finanze nel quadro del debito estero per un ammontare, a maggio, di 2,5 miliardi di dollari, compresa l’estinzione delle obbligazioni del prestito estero in valuta (OVVZ) della quarta tranche. Per cui i protagonisti del mercato valutario non sono inclini a giocare contro il rublo – visto che nei fatti non ci sono opportunità di guadagno con queste operazioni.
Però una serie di banche di investimento si attengono alla posizione secondo la quale a fine anno il cambio del rublo con il dollaro potrebbe scendere alla quota di 32 rubli per dollaro, e c’è un buon numero di presupposti fondamentali a favore di questa ipotesi. Il primo di questi è l’aspettativa di un consolidamento del dollaro sui mercati valutari internazionali. Dopo la fine delle ostilità in Iraq alcuni periti internazionali hanno cominciato a dire che nei prossimi sei mesi sarebbe stata possibile una brusca riduzione di cambio dell’euro con il dollaro. La spinta più forte potrebbe venire o da un deterioramento di dati delle economie europee, o dall’inizio di una crescita nell’economia americana. Comunque molti condividono l’opinione che la variazione del cambio euro-dollaro sarà molto veloce. Per amor del vero osserviamo che l’andamento del tasso di cambio dell’ euro al mercato internazionale per il momento resta direttamente opposto – gli agenti di borsa dicono addirittura che nel prossimo mese il rapporto euro/dollaro può stabilizzarsi a quota di 1,17.
La seconda ragione sta nell’atteso calo dei prezzi del petrolio. Il regolamento della situazione in Iraq comporta un aumento di probabilità di vedere arrivare al mercato petroliero il petrolio iracheno che entra in concorrenza diretta con il greggio Urals russo. Quindi tra qualche mese il prezzo del petrolio russo può scendere al disotto dei 20 dollari al barile. Se questo avvenisse, la riduzione dell’afflusso di valuta in Russia alleggerirebbe la pressione sul rublo.
Infine la terza causa di queste aspettative di svalutazione è che sui conti bancari si sono concentrati all’incirca 10 miliardi di dollari di liquidità che le banche possono usare nei giochi speculativi con la valuta. In altre parole, non appena il mercato avrà toccato il fondo, la svalutazione sino a quota 32 può diventare un discorso di uno o due mesi.
Mercato delle azioni
Per quanto possa sembrare paradossale, in aprile tutte le attività del mercato dei titoli si sono concentrate sulle compagnie petroliere, anche se dopo la guerra in Iraq erano in molti a prevedere una caduta delle quotazioni al settore petroliero russo. E probabilmente questo si sarebbe avvenuto se non ci fossero i petrolieri stessi. A metà aprile Yukos e Sibneft hanno annunciato la creazione di una società unica, Yukos-Sibneft, che sarà la sesta nel mondo per il volume delle riserve e che congloba il 30% circa dell’estrazione del petrolio russo. Con questa notizia in poche settimane le quotazioni delle azioni di Sibneft sono aumentate di poco meno del 20% perché in questa alleanza la società si avvale della possibilità di investire nel suo sviluppo le risorse di cui prima non disponeva, e anche Yukos ha aumentato la sua capitalizzazione di quasi altrettanto.
L’annuncio di questa alleanza comporta sostanziali conseguenze per il mercato russo. Osserviamo che dopo l’annuncio della transazione tra la BP e la TNK molti investitori di portafoglio hanno aumentato i loro depositi in Russia, in attesa che le altre compagnie petrolifere cominciassero a cercare con diligenza dei partner esteri. Ma adesso questo è estremamente poco probabile. Per Sibneft, che per tutto l’anno scorso ha cercato un partner estero, l’alleanza con Yukos è stata di fatto una soluzione alternativa. Inoltre questa alleanza preclude alla società consorziata la possibilità di contrattare con uno dei giganti internazionali per ragioni politiche – infatti è poco probabile che il governo russo accetti che degli stranieri controllino quasi la metà della produzione di petrolio russa. Per cui il valore delle compagnie petrolifere russe non sarà determinato dalle aspettative di vendite da scalpore, bensì dalle notizie nazionali russe.
A riprova di ciò ricordiamo che a fine aprile Surgutneftegaz ha avuto la massima quotazione sul mercato dei titoli perché correva voce che la sua amministrazione aveva cominciato a riscattare le azioni della propria società. Tale decisione della direzione della società sarebbe stata provocata dalla transazione Yukos-Sibneft, siccome riducendo la liquidità disponibile sul mercato l’amministrazione aveva la possibilità di porre la società fuori il pericolo di un’offerta pubblica di acquisto ostile. Nel mese di aprile le quotazioni delle azioni di questa società sono aumentate dell’80%.
Un altro caso di riscatto delle azioni è rappresentato da Mosenergo. A dire il vero questa società è oggetto di ricatto – secondo certe voci – da parte delle strutture affiliate a Roman Abramovich, che vorrebbero acquisire una maggiore influenza sul governo di Mosca. Comunque questa è un’ altra prova lampante del fatto che negli ultimi tempi il valore delle azioni delle società russe sempre più spesso viene definito non gia’ dagli investitori stranieri, bensì dal capitale russo, che entra nelle società per l’acquisto di pacchetti di azioni abbastanza consistenti, con l’obiettivo di partecipare alla loro gestione.
Quanto alla posizione degli investitori stranieri, si possono individuare due tendenze maggiori. Una parte degli investitori stranieri è fortemente delusa dei risultati del primo trimestre perché questi fondi componevano i loro portafogli basandosi sull’analisi fondamentale. Adesso questi investitori dicono che il mercato russo cresce in base alle informazioni degli addetti ai lavori, per cui diventa difficilmente prevedibile, e quindi conviene ridurre la presenza in Russia. Quelli invece che acquistavano le stesse azioni che i protagonisti russi, hanno riportato una splendida crescita dei loro portafogli. Queste fondazioni continuano ad investire in Russia e considerano questo mercato emergente.
Mercato delle obbligazioni
In aprile il valore delle obbligazioni russe si trovava a livelli quasi costanti, e oscillava solo sotto l’effetto della congiuntura internazionale. Ma con l’avvicinarsi di maggio c’è da aspettarsi un’attivazione per le obbligazioni europee – ricordiamo che il 14 maggio il governo russo estingue le obbligazioni del prestito estero in valuta (OVVZ) della quarta tranche per un ammontare di 1 – 2 miliardi di dollari circa. Una parte importante di queste risorse sarà reinvestita in titoli russi, perché i principali detentori di questo titolo erano gli operatori russi. Quindi anche se i titoli russi a reddito fisso sono già molto cari a confronto degli altri mercati dei paesi emergenti, non si tratta di un deflusso dei capitali in massa da questi titoli visto che la parte del capitale straniero è abbastanza piccola.
Segnaliamo che anche l’apparizione del Fondo Pensioni Statale sul mercato russo degli strumenti obbligazionari influisce molto sul mantenimento del livello dei prezzi corrente. A fine 2002 il Fondo ha investito in totale 1,3 miliardi di dollari circa, di cui 300 milioni di dollari erano stati impiegati per l’acquisto di titoli obbligazionari esteri russi. Quest’ anno l’ammontare della parte accumulata delle pensioni sarà nell’ordine di 1,7 miliardi di dollari, in altre parole ancora 500 milioni potranno essere adoperati per l’acquisto di eurobonds. Questa entità è piu’ che sufficiente per compensare il deflusso dei capitali esteri dai titoli obbligazionari russi.
|
|