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Numero 4(84)
Dubbia pacificazione

    Con tutte le numerose dichiarazioni dei rappresentanti delle autorità russe di vari livelli, compreso Vladimir Putin, secondo le quali la Repubblica Cecena sarebbe tornata alla pace e sarebbe cominciata la ricostruzione della sua economia, la situazione nel Caucaso del Nord è tutt’ altro che ottimistica. A livello ufficiale cioè tutto è più meno tranquillo: a marzo si sono arresi alcuni personaggi importanti della guerriglia cecena, si sono svolte le elezioni presidenziali, alle quali Vladimir Putin ha ottenuto il 95% di voti. A fine marzo il Presidente ha sottolineato, durante il suo incontro con rappresentanti del Caucaso del Nord, che “la situazione pacifica [in Cecenia] diventa irrevocabile” e ha definito quella regione “attraente per gli investitori”. E Viaceslav Tikhomirov ha addirittura dichiarato una nuova riduzione del contingente militare presente nella repubblica: dalla Cecenia saranno ritirate 3000 persone. Ma in realtà la situazione non è affatto così piacevole.
    Si, è vero che le truppe e i servizi speciali sono riusciti ad eliminare o a catturare molti comandanti della guerriglia e loro gregari. I secessionisti non dispongono di forze sufficienti per condurre operazioni militari aperte, come nel 1996 quando era stata presa Groznyj. Ma i militari russi non sono ancora riusciti a sopprimere definitivamente la resistenza dei separatisti. I comandanti che si sono arresi o sono stati uccisi lasciano spazio a nuovi personaggi di rilievo del movimento secessionista: Aslan Maskhadov, Shamil Basaev e Abu Al-Valid, il capo dei mercenari arabi, non sono ancora stati presi, anche se si affermava più volte che le teste di cuoio russe li avessero quasi raggiunti. Inoltre, secondo voci ricorrenti la resa di Magomed Khambiev, “il ministro della difesa dell’Ichkeria” e di Sciaa Turaly, il capo delle guardie del corpo di Maskhadov, non sarebbe stata volontaria. Continuano le rapine ai civili. Negli ultimi anni in Cecenia sono andate disperse in tutto non meno di 3000 persone.
    Anche le forze federali, il cui numero ammonta a 70000 persone, subiscono perdite dovute non solo alle azioni dei guerriglieri. Così alla fine di marzo otto soldati sono morti in un centro provinciale, Scialì, quando l’autista di un camion militare, volendo tornare al più presto a Khankala ha sfondato una sbarra ed è finito su di un campo minato allestito dagli stessi militari russi per ostacolare gli attacchi dei separatisti.
    La guerra poi si sta diffondendo progressivamente per il territorio del Caucaso del Nord. In Daghestan rimbombano spesso esplosioni e muoiono ufficiali della polizia e pubblici ufficiali federali. E l’Inguscezia, una volta oasi di tranquillità, è diventata di fatto un altro teatro di operazioni di guerra. In questa repubblica regolarmente si disinnescano mine, i militari federali cacciano i guerriglieri, i quali qualche volta non sono distinguibili da abitanti locali, mentre la popolazione dell’Inguscezia accusa il suo presidente dell’incapacità di punire i colpevoli degli attentati terroristici e di richiamare i militari.
    Il 6 aprile peraltro è stato operato un attentato contro lo stesso Murat Ziazikov, il presidente dell’Inguscezia. Mentre il corteo del presidente andava per l’autostrada federale “Kavkaz”, da Nazran, la città inguscia in cui abita il capo della repubblica, a Magas, la sua capitale, costruita da poco, vicino alla colonna è apparsa all’improvviso un’auto VAZ-2170 (Lada), che ha cercato di sorpassare il corteo. L’autista di una macchina che faceva parte del corteo, ha bloccato la Lada, spingendola verso il ciglio della strada. In quel momento, gli uomini che stavano nella Lada, hanno fatto esplodere se’ stessi e la loro auto. La macchina dei terroristi è stata eliminata, mentre i suoi frammenti si sono sparsi nello spazio di 100 metri dall’epicentro dello scoppio. Alcune case che stanno sull’orlo dell’autostrada sono state decappottate. Anche una jeep della guardia presidenziale ha avuto dei grossi danni e non può essere rimessa a posto.
    Tutte le guardie che si trovavano nella jeep (erano, secondo diverse informazioni da 3 a 5), sono state ricoverate. Anche la Mercedes 600 sulla quale viaggiava Ziazikov è stata danneggiata dall’onda d’urto, ma il presidente è rimasto incolume perché la sua auto era blindata. Di conseguenza Murat Ziazikov ha riportato solo ferite leggere e piccole ustioni. L’attentato, è stato, ormai tradizionalmente, rivendicato da Shamil Bassaev.
    Oggi quindi abbiamo a che fare con un conflitto continuo che può protrarsi per diversi anni, nonostante tutti gli sforzi del potere di spacciarlo per una realtà compiuta. E visto che nelle altre repubbliche del Caucaso del Nord si è delineata una situazione economico sociale gravissima, la diffusione delle azioni di guerra sul loro territorio potrebbe diventare solo questione di tempo, come del resto i nuovi attentati teroristici a Mosca a nelle altre città della Russia.

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